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In vigore al: 28/02/2015

Corte costituzionale - Sentenza N. 73 del 28.03.2008
Attribuzione del riconoscimento delle acque minerali all'Agenzia provinciale per l'ambiente - Legittimità costituzionale.

Sentenza (12 marzo 2008) 28 marzo 2008, n. 73; Pres. Bile; Red. Maddalena
 
Ritenuto in fatto 1.Con ricorso notificato il 14 dicembre 2005 e depositato il successivo 19 dicembre, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha proposto questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 19 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 30 settembre 2005, n. 7 (Norme in materia di utilizzazione di acque pubbliche e di impianti elettrici).
1.1.In particolare, quanto all'impugnazione dell'art. 13, il Presidente del Consiglio dei ministri evidenzia, anzitutto, che tale disposizione, al comma 2, prevede che la concessione delle acque minerali esistenti nel territorio della provincia è rilasciata «previo riconoscimento del carattere minerale delle acque medesime da parte dell'Agenzia provinciale per l'ambiente e previa iscrizione nell'apposito elenco delle acque minerali tenuto presso l'amministrazione provinciale»; in forza del successivo comma 3, è attribuita all'Agenzia provinciale per l'ambiente, di concerto con l'Azienda sanitaria di Bolzano, la competenza al riconoscimento del carattere minerale ai fini dell'imbottigliamento e dell'uso termale o terapeutico. Sicché – rileva la difesa erariale – nella impugnata legge provinciale si trova «la disciplina integrale della materia per il territorio della Provincia senza nessun coinvolgimento dello Stato».
Il ricorrente deduce, quindi, che il predetto art. 13 è in contrasto con gli artt. 8 e 9 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), con il principio di leale collaborazione e con l'art. 117, primo comma, Cost., in quanto in violazione della normativa comunitaria.
A tal riguardo, osserva che l'art. 8, n. 14, dello statuto ricomprende le acque minerali e termali tra le materie rientranti nella potestà legislativa delle Province, che, a mente dell'art. 4 dello stesso statuto, deve essere esercitata «in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali», nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica; mentre il successivo art. 9 attribuisce alle province medesime potestà legislativa sulla utilizzazione delle acque pubbliche (n. 9) e l'igiene e la sanità (n. 10), da esercitarsi, in base all'art. 5 dello statuto, nel rispetto dei limiti indicati dal citato art. 4 nonché dei «principi stabiliti dalle leggi dello Stato».
L'Avvocatura erariale sostiene che la disciplina delle acque minerali è recata dal decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 105 (Attuazione della direttiva 80/777/CEE relativa alla utilizzazione e alla commercializzazione delle acque minerali naturali), che all'art. 4 attribuisce al Ministro della sanità (attualmente Ministro della salute) la competenza a verificare «le caratteristiche igieniche particolari, nonché le proprietà favorevoli alla salute dell'acqua minerale naturale, le indicazioni e le eventuali controindicazioni, che possono essere riportate sulle etichette e ogni altra indicazione ritenuta opportuna, caso per caso». Inoltre, quanto al riconoscimento delle proprietà terapeutiche delle acque minerali e termali e la pubblicità relativa alla loro utilizzazione a scopo sanitario, siffatte attribuzioni erano state già riservate allo Stato dall'art. 6, lettera t), della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale).
Ciò precisato, nel ricorso si assume che l'acqua minerale, «in quanto potabile con funzione anche terapeutica, incide sulla salute» e che la tutela della salute deve trovare «base unitaria su tutto il territorio nazionale». Ne deriva, ad avviso del ricorrente, che le relative norme nazionali costituirebbero «i principi stabiliti dalle leggi dello Stato», la cui osservanza, «con il rispetto [...] degli interessi nazionali», lo statuto impone alla legislazione provinciale.
La difesa erariale sostiene, peraltro, che le acque minerali «entrano nel mercato nazionale» e se non fosse possibile eseguire a livello centrale le dovute verifiche, «nel circuito commerciale si troverebbero acque con caratteristiche igieniche diverse e sotto il profilo igienico si avrebbero livelli minimi di tutela diversi». Una eventualità siffatta sarebbe anche contrastante con la «concorrenzialità del mercato nazionale», giacché il «rapporto concorrenziale non sarebbe più fondato sulle caratteristiche igieniche, sulle proprietà terapeutiche e sulle eventuali controindicazioni, accertate da uno stesso organo ed in base agli stessi criteri, ma si sposterebbe sui criteri adottati dagli organi locali».
Ne conseguirebbe che «sarebbe alterata anche la posizione competitiva degli operatori economici del settore, alcuni dei quali potrebbero essere autorizzati ad immettere nel mercato acque che non potrebbero esserlo in altre Regioni».
Osserva, quindi, il ricorrente che la materia trova disciplina nella direttiva 80/777/CEE del 15 luglio 1980 (Direttiva del Consiglio in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sull'utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali), alla quale ha fatto seguito la direttiva 2003/40/CE del 16 maggio 2003 (Direttiva della Commissione che determina l'elenco, i limiti di concentrazione e le indicazioni di etichettatura per i componenti delle acque minerali naturali, nonché le condizioni d'utilizzazione dell'aria arricchita di ozono per il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque sorgive). In esse si evidenzia che le differenze esistenti tra le legislazioni «ostacolano la libera circolazione delle acque minerali naturali, dando luogo a distorsioni della concorrenza, ed hanno, conseguentemente, una diretta incidenza sull'attuazione e sul funzionamento del mercato comune». Per ovviare a tali inconvenienti si è, quindi, ritenuto necessaria la «emanazione di norme comuni specie per quanto concerne i requisiti necessari sotto il profilo batteriologico ed i requisiti per l'utilizzazione di denominazioni particolari per determinate acque minerali».
Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, il «venir meno dell'unità di disciplina nazionale, realizzata dalle norme statali di attuazione della direttiva del 1980, pregiudica l'attuazione ed il funzionamento del mercato comune alla cui salvaguardia la direttiva stessa era rivolta»; pertanto, la Provincia di Bolzano avrebbe sconfinato dai limiti della propria potestà legislativa, invadendo «la materia della concorrenza, riservata allo Stato dall'art. 117, secondo comma, lett. e), con violazione della normativa comunitaria».
Inoltre – prosegue la difesa erariale – la disciplina di principio statale avrebbe tenuto conto degli interessi regionali in materia, prevedendo (art. 5 del d.lgs. n. 105 del 1992) che una sorgente di acqua minerale naturale, riconosciuta ai sensi dell'art. 4, può essere utilizzata solo su autorizzazione regionale. Diversamente, dovrebbe reputarsi in riferimento alla disposizione denunciata, che sarebbe quindi illegittima anche sotto il profilo della mancata previsione di qualsivoglia «forma di collaborazione con lo Stato che consentisse la tutela da parte di quest'ultimo degli interessi unitari di cui è portatore».
1.2.In relazione alla denuncia dell'art. 19, il ricorrente rammenta che la norma ha integrato l'art. 1, comma 3, della legge provinciale 11 aprile 2005, n. 1 (Disposizioni transitorie in materia di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico), quale disposizione provinciale già impugnata con ricorso in via principale. Ad avviso del ricorrente, la «norma impugnata, insieme a quella di cui costituisce la modifica, ha pertanto sconfinato dai limiti della potestà legislativa della provincia», interferendo – come già precisato nel precedente ricorso – «in materia di concorrenza, sulla quale lo statuto non conferisce alcun potere, ed è andata contro ai principi comunitari, esponendo lo Stato a responsabilità nei confronti della comunità europea, così violando l'art. 117, primo comma, Cost.».
2.Si è costituita la Provincia autonoma di Bolzano, la quale, riservandosi di argomentare sulle proprie ragioni, ha concluso per l'inammissibilità, l'improcedibilità o, comunque, l'infondatezza del ricorso.
3.Il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato, in data 8 novembre 2006, memoria illustrativa.
3.1.Quanto alla denuncia dell'art. 13 della legge della Provincia di Bolzano n. 7 del 2005, insiste per la declaratoria di incostituzionalità della predetta disposizione per violazione degli artt. 8 e 9 dello statuto di autonomia, dell'art. 117, primo comma, Cost. e del principio di leale collaborazione.
La norma censurata si porrebbe in contrasto, in riferimento alle acque termali, con i principi desumibili dalla legislazione statale (segnatamente, dall'art. 4 del d.lgs. n. 105 del 1992, coordinato con l'art. 6, lettera t, della legge n. 833 del 1978), giacché consentirebbe – peraltro in via legislativa e non già caso per caso, come dovrebbe invece avvenire – che possa riconoscersi «capacità terapeutica, anche nella forma termale, ad acque che in altre Regioni non l'avrebbero».
In riferimento poi alle acque minerali – argomenta ancora il ricorrente – in assenza di standard minimo qualitativo «la concorrenzialità del mercato ne resterebbe pregiudicata». Si osserva, quindi, che «la rilevanza di questo dato concorrenziale si trova messa in evidenza nella Direttiva del Consiglio 80/777/CEE del 15 luglio 1980», sicché soltanto lo Stato poteva legiferare in materia, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., come appunto avvenuto in forza del d.lgs. n. 105 del 1992.
3.2.In riferimento alla denuncia dell'art. 19, nella memoria si evidenzia che la legge provinciale n. 1 del 2005 è stata abrogata dall'art. 19, comma 6, della legge provinciale 20 luglio 2006, n. 7 (Disposizioni in connessione con l'assestamento del bilancio di previsione della provincia autonoma di Bolzano per l'anno finanziario 2006 e per il triennio 2006-2008), e che detta abrogazione riguarda pure l'art. 1, comma 3, come modificato dalla disposizione di cui al censurato art. 19, senza che vi sia stata medio tempore attuazione della norma impugnata. Si conclude, pertanto, sostenendo che non sussiste «utilità pratica» di una pronuncia sul punto.
4.In prossimità dell'udienza hanno depositato memorie entrambe le parti costituite.
4.1.Il Presidente del Consiglio dei ministri, nell'insistere per l'incostituzionalità dell'art. 13 della legge provinciale 30 settembre 2005, n. 7 e nello sviluppare argomentazioni già in precedenza esposte, riafferma, in particolare, che i principi fondamentali in materia di acque minerali sono dettati dal d.lgs. n. 105 del 1992, di attuazione della direttiva 80/777/CEE, il quale, all'art. 4, intesta al Ministro della sanità (attualmente Ministro della salute) il potere di riconoscimento della qualità di acqua minerale naturale, con norma conforme anche al principio di sussidiarietà di cui al nuovo art. 118 Cost.
4.2La Provincia autonoma di Bolzano conclude per  la non fondatezza della sollevata questione, assumendo che l'art. 13 denunciato sarebbe frutto di corretto esercizio della propria competenza legislativa primaria, attribuita dallo Statuto (art. 8, n. 14), giacché – posto che la direttiva 80/777/CEE prevede che il riconoscimento come acqua minerale naturale della risorsa idrica estratta dal suolo di uno Stato membro avvenga ad opera della «autorità competente dello Stato membro» medesimo – essa si sarebbe limitata ad individuare «quale soggetto competente al riconoscimento l'Agenzia Provinciale per l'Ambiente, di concerto con l'Azienda Sanitaria di Bolzano, quindi enti certamente competenti sotto il profilo tecnico».
La Provincia resistente sostiene, quindi, che la norma censurata non detta alcuna prescrizione o procedura in ordine ai requisiti di mineralità delle acque ai fini del riconoscimento di siffatto carattere, ma, appunto, individua soltanto un determinato soggetto deputato al predetto riconoscimento, che avviene in base ai criteri ed ai protocolli fissati dalla legislazione statale, in attuazione del diritto comunitario (direttiva 80/777/CE e successive modificazioni).
In definitiva, «la legge provinciale censurata, dunque, si discosta dal parametro statale solo per l'aspetto peculiare dell'individuazione del soggetto competente al riconoscimento […] e consente di procedere alla valutazione della natura minerale delle acque, in applicazione dei parametri di cui alla direttiva 80/777/CEE e relativa disciplina di attuazione, avendo riguardo alle caratteristiche che, caso per caso, la risorsa idrica esaminata presenterà».
5.In data 21 settembre 2007 il Consiglio dei ministri ha deliberato di rinunciare all'impugnazione dell'art. 19 della legge provinciale n. 7 del 2005 ed il successivo 24 settembre la Giunta provinciale di Bolzano ha deliberato l'accettazione di detta rinuncia.
Considerato in diritto 1.Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso  dall'Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 14 dicembre 2005 e depositato il successivo 19 dicembre, ha proposto questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 19 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 30 settembre 2005, n. 7 (Norme in materia di utilizzazione di acque pubbliche e di impianti elettrici).
1.1.L'art. 13 della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 7 del 2005, prevede:
al comma 2: «La concessione delle acque minerali, da derivarsi esclusivamente da corpi idrici sotterranei e superficiali per i quali sono realizzate aree di tutela, è rilasciata secondo le modalità previste dalla disciplina concernente le acque pubbliche, previo riconoscimento del carattere minerale delle acque medesime da parte dell'Agenzia provinciale per l'ambiente e previa iscrizione nell'apposito elenco delle acque minerali tenuto presso l'amministrazione provinciale»;
al successivo comma 3: «Ai fini dell'imbottigliamento o dell'uso termale o terapeutico delle acque minerali il riconoscimento del carattere minerale delle acque è effettuato dall'Agenzia provinciale per l'ambiente di concerto con l'Azienda sanitaria di Bolzano».
Il ricorrente deduce il contrasto con:
- gli artt. 8, n. 14, e 9, nn. 9 e 10, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) – i quali, rispettivamente, attribuiscono alla Provincia, nei limiti dell'art. 4 dello Statuto, la competenza legislativa in materia di “acque minerali e termali”, e, nei limiti dell'art. 5 dello Statuto, l'“igiene” e la “sanità” – giacché sarebbe violato il d.lgs. 25 gennaio 1992, n. 105 (Attuazione della direttiva 80/777/CEE relativa alla utilizzazione e alla commercializzazione delle acque minerali naturali), che all'art. 4 attribuisce al Ministro della sanità (attualmente Ministro della salute) la competenza a verificare «le caratteristiche igieniche particolari, nonché le proprietà favorevoli alla salute dell'acqua minerale naturale, le indicazioni e le eventuali controindicazioni, che possono essere riportate sulle etichette e ogni altra indicazione ritenuta opportuna, caso per caso». Dette disposizioni, attenendo alla salute, da tutelare su «base unitaria su tutto il territorio nazionale», sarebbero da annoverare tra i «principi stabiliti dalle leggi dello Stato», alla cui osservanza, «con il rispetto [...] degli interessi nazionali», è tenuta la legislazione provinciale, ai sensi dell'art. 5 dello statuto;
- l'art. 117, primo comma, Cost., in quanto – trovando la materia la sua presupposta disciplina nella direttiva del Consiglio 80/777/CEE del 15 luglio 1980, alla quale ha fatto seguito la direttiva della Commissione 2003/40/CE del 16 maggio 2003 – il «venir meno dell'unità di disciplina nazionale, realizzata dalle norme statali di attuazione della direttiva del 1980, pregiudica l'attuazione ed il funzionamento del mercato comune alla cui salvaguardia la direttiva stessa era rivolta», così da determinarsi l'invasione della «materia della concorrenza, riservata allo Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera e), con violazione della normativa comunitaria».
- il principio di leale collaborazione, in quanto – diversamente dalla disciplina di principio statale, che avrebbe tenuto conto degli interessi regionali in materia, prevedendo (art. 5, d.lgs. n. 105 del 1992) che una sorgente di acqua minerale naturale, riconosciuta ai sensi dell'art. 4, può essere utilizzata solo su autorizzazione regionale – non è stata prevista alcuna «forma di collaborazione con lo Stato che consentisse la tutela da parte di quest'ultimo degli interessi unitari di cui è portatore».
1.2.Quanto alla denuncia dell'art. 19, il ricorrente, dopo aver precisato che la norma ha integrato l'art. 1, comma 3, della legge provinciale 11 aprile 2005, n. 1 (Disposizioni transitorie in materia di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico), quale disposizione provinciale già impugnata con ricorso in via principale, sostiene che la «norma impugnata, insieme a quella di cui costituisce la modifica, ha pertanto sconfinato dai limiti della potestà legislativa della provincia», interferendo – come già precisato nel precedente ricorso – «in materia di concorrenza, sulla quale lo statuto non conferisce alcun potere, ed è andata contro ai principi comunitari, esponendo lo Stato a responsabilità nei confronti della comunità europea, così violando l'art. 117, primo comma, Cost.».
2.Va immediatamente evidenziato che, in data 21 settembre 2007, il Consiglio dei ministri ha deliberato di rinunciare all'impugnazione del predetto art. 19 ed il successivo 24 settembre la Giunta provinciale di Bolzano ha deliberato l'accettazione di detta rinuncia.
Si deve quindi pronunciare l'estinzione del giudizio in riferimento alla denuncia dell'art. 19 della legge provinciale n. 7 del 2005.
3.La residua questione, che investe l'art. 13 della medesima legge provinciale n. 7 del 2005, non è fondata.
Nell'inquadrare la normativa di immediato rilievo ai fini della decisione, occorre rammentare, anzitutto, che l'art. 8, n. 14, dello Statuto di autonomia attribuisce alla competenza legislativa primaria della Provincia autonoma la materia «miniere, comprese le acque minerali e termali».
L'art. 4 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), prevede, a sua volta, che, per garantire l'uniformità delle condizioni di salute sul territorio nazionale, la legge statale detti norme, assistite anche da sanzione penale, in materia di «tutela igienica degli alimenti e delle bevande». Inoltre, in base all'art. 6 della stessa legge n. 833 del 1978, sono state attribuite allo Stato le funzioni amministrative relative al «riconoscimento delle proprietà terapeutiche delle acque minerali e termali e la pubblicità relativa alla loro utilizzazione a scopo sanitario».
Gli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 105 del 1992 come modificati dal decreto legislativo 4 settembre 1999, n. 428 (Disciplina delle acque di sorgente e modificazioni al d.lgs. 25 gennaio 1992, n. 105), forniscono la definizione di acque minerali e stabiliscono quali debbano essere le loro caratteristiche e i criteri di valutazione da tenere presente all'atto del riconoscimento.
Va rammentato altresì che la Corte di Giustizia CE, con la sentenza del 17 luglio 1997 – causa C-17/96, ha interpretato il disposto dell'art. 1, n. 1, dell'allegato I, parte I, punti 1 e 2 (che reca la definizione di “acqua minerale naturale”), della direttiva 80/777/CEE, in materia di riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sull'utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali, nel senso che non è necessario che un'acqua abbia proprietà salutari per poter essere riconosciuta come acqua minerale naturale. Di qui le modifiche alla originaria direttiva del 1980 (con la direttiva del 1997) e, conseguentemente, al d.lgs. n. 105 del 1992 (da parte del d.lgs. n. 428 del 1999).
In base a quanto previsto dal primo comma dell'art. 2 del d.lgs. n. 105 del 1992, è stato emanato il decreto ministeriale 12 novembre 1992, n. 542 (Regolamento recante i criteri di valutazione delle caratteristiche della acque minerali naturali) e successive modificazioni, con cui sono stati stabiliti i «criteri di valutazione delle caratteristiche delle acque minerali naturali».
L'art. 4 del d.lgs. n. 105 del 1992 attribuisce la competenza a decidere sul riconoscimento del carattere minerale di un'acqua al Ministro della sanità, che provvede con proprio decreto, sentito il Consiglio superiore di sanità.
3.1.La disciplina sopra richiamata pone, nel suo complesso, i requisiti minimi, validi per tutto il territorio nazionale, per il riconoscimento del carattere di mineralità delle acque e, come tale, costituisce principio dell'ordinamento giuridico che funge da limite alla potestà legislativa primaria della Provincia autonoma di Bolzano ex art. 8, n. 14, dello Statuto.
Limite che non è superato dalla norma censurata, la quale non detta alcuna prescrizione in ordine ai requisiti di mineralità delle acque ai fini del riconoscimento di siffatto carattere, ma soltanto individua un determinato soggetto (nella specie, l'Agenzia provinciale per l'ambiente, di concerto con l'ASL) deputato al predetto riconoscimento, ma in base ai criteri ed ai protocolli fissati dalla legislazione statale ( d.lgs. n. 105 del 1992), in attuazione del diritto comunitario (direttiva 80/777/CEE e successive modificazioni). Non può pertanto ravvisarsi la lesione dei parametri evocati dal ricorrente, giacché la Provincia ha esercitato la propria competenza legislativa primaria, rispettando le esigenze di uniformità sottese al riconoscimento delle acque minerali, da ravvisare proprio nei requisiti di mineralità delle acque imposti dalla normativa statale innanzi richiamata.
 

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara estinto il giudizio concernente la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 30 settembre 2005, n. 7 (Norme in materia di utilizzazione di acque pubbliche e di impianti elettrici), sollevata, in riferimento all'art. 117, primo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe indicato;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 della stessa legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 7 del 2005, sollevata, in riferimento agli artt. 8 e 9 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), al principio di leale collaborazione, nonché all'art. 117, primo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il medesimo ricorso.
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