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In vigore al: 28/02/2015

Corte costituzionale - Sentenza N. 32 del 28.01.1991
Diritto di sciopero - Servizi pubblici essenziali

Sentenza (17 gennaio) 28 gennaio 1991, n. 32; Pres. Conso — Red. Caianiello
 
Ritenuto in fatto: 1. Con ricorso, ritualmente notificato e depositato, la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 4 commi 1, 2 e o; 12 commi 1, 2 e 4; 13 comma 1 e 14, comma 1 l. 12 giugno 1990 n. 146 (Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge), in riferimento agli artt. 8 comma 1, nn. 1, 3, 4, 5, 6, 9, 13, 14, 16, 17, 18, 19, 21, 23, 24, 25, 26, 27 e 29; 9 comma 1, nn. 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9 e 10; 16 comma 1; 20; 52 comma 2; e 87 statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670, ed alle relative norme di attuazione.
2. La Provincia ricorrente appunta le proprie censure, in primo luogo, contro l'art. 8 commi 1, 2 e 5 l. sopraindicata, che detta norme in ordine all'adozione di provvedimenti straordinari mediante una complessiva procedura diretta ad evitare che l'esercizio del diritto di sciopero da parte del lavoratore, preposto a servizi pubblici essenziali, determini un pregiudizio al godimento dei diritti costituzionalmente garantiti a tutti i cittadini, all'uopo lamentando la invasione di proprie competenze da parte di organi statali cui sarebbero affidati, a prescindere dalla dimensione nazionale o locale dello sciopero, interventi che ineriscono a materie riservate alla competenza, esclusiva o concorrente, della Provincia.
Di conseguenza la Provincia ricorrente rivendica alla titolarità dei propri organi (presidente della Giunta) quei poteri di intervento per assicurare le prestazioni indispensabili nei servizi pubblici di competenza provinciale, poteri che invece la prima delle norme impugnate riserva ad un organo statale, qual'é il commissario di Governo, anche quando il conflitto sia di rilevanza soltanto locale e non fuoriesca dai confini della Provincia.
Sotto altro profilo lo stesso art. 8 risulterebbe pure invasivo di attribuzioni provinciali, poiché vi si ipotizza l'adozione di atti da parte di organi statali per prevenire situazioni di « pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente garantiti », atti che per loro natura rientrano nel novero dei provvedimenti contingibili ed urgenti in materia di sicurezza e igiene pubblica riservati, dall'art. 52 comma 2, statuto speciale di autonomia, al presidente della Giunta provinciale, cui sono pure affidate le attribuzioni spettanti all'autorità di pubblica sicurezza in varie materie per effetto dell'art. 20 del medesimo statuto.
Sempre nell'ambito della prima censura viene poi specificato che le attribuzioni del commissario del Governo nella Provincia sono tassativamente stabilite da norme costituzionali (art. 87 st.) e consistono soltanto in compiti di coordinamento delle attribuzioni statali e nella vigilanza dell'andamento dei relativi uffici, nonché nella vigilanza sull'esercizio da parte della Provincia delle sole funzioni di coordinamento nei confronti della Provincia, dei suoi uffici, degli enti e aziende provinciali e dei relativi dipendenti.
3. Con altra censura la ricorrente denuncia la violazione di proprie competenze da parte degli artt. 12 commi 1, 2 e 4, 13 comma 1, e 14 comma 1 l. n. 146 del 1990 relativamente alla « Commissione di garanzia » ivi prevista e disciplinata, che si configura come organo dello Stato che illegittimamente interferisce nei servizi pubblici essenziali di competenza provinciale e, in relazione ad essi, nei conflitti collettivi di dimensione locale o comunque infraprovinciale.
La censura si appunta, altresì, contro le attribuzioni affidate all'Ispettorato provinciale del lavoro, in ordine allo svolgimento delle consultazioni dei lavoratori indette dalla Commissione di garanzia, poiché il predetto Ispettorato è stato trasferito alla Provincia dalle recenti norme di attuazione, approvate con d.P.R. 26 gennaio 1980 n. 197 (art. 4), e la legge impugnata non può quindi attribuire ad uffici provinciali nuovi compiti, le cui spese gravano oltretutto sul bilancio della ricorrente.
4. Viene infine denunciato l'art. 4 commi 1 e 4, della legge impugnata, che, prevedendo la inflizione di sanzioni disciplinari nei confronti dei lavoratori che si astengano dal lavoro in violazione di quanto stabilito dall'art. 2 della stessa legge in tema di limiti all'esercizio del diritto di sciopero, nonché la irrogazione da parte di organi statali di sanzioni amministrative a carico dei datori di lavoro che non concordino le prestazioni indispensabili tenuti ad assicurare, verrebbe ad incidere su competenze provinciali, quali l'ordinamento degli uffici e del relativo personale, quando i servizi pubblici essenziali sono erogati da uffici della Provincia o da enti ed aziende da essa dipendenti. Nello stesso tempo la ricorrente contesta che l'Ispettorato provinciale di Bolzano debba inoltrare la « denunzia » delle infrazioni compiute dai datori agli organi dello Stato, trattandosi, come già detto, di un ufficio provinciale e non più statale.

5. Si è costituito nel presente giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, opponendosi al ricorso di cui ha chiesto il rigetto.

In primo luogo la difesa dello Stato sottolinea che la legge impugnata crea princìpi fondamentali e da attuazione all'art. 40 Cost.

Quanto alle singole censure, la stessa ne rileva la infondatezza, dal momento che la disciplina dell'« esercizio del diritto di sciopero » e, più specificamente, il « contemperamento » di detto esercizio con il « godimento dei diritti delle persone costituzionalmente garantiti » non attengono a materie di competenza della Provincia e rimangono affidati allo Stato, dovendo i relativi compiti e poteri di intervento svolgersi in modo unitario e prevenire il pericolo di un pregiudizio grave ed imminente.

Né è sostenibile la invocata distinzione tra conflitti aventi « rilevanza nazionale e interregionale » e quelli aventi « rilevanza locale », come discrimine di competenza tra lo Stato e la Provincia, dal momento che tale distinzione è affidata a valutazioni empiriche da farsi caso per caso e non può escludersi che un conflitto « locale » si espanda da un momento all'altro in una dimensione più vasta. A questo proposito, anzi, va ricordato che, nel rispetto del principio della leale cooperazione tra lo Stato e la Provincia, una delle norme impugnate (art. 8 comma 2) prevede l'obbligo di « sentire » anche il presidente della Giunta regionale, qualora il conflitto abbia rilevanza locale.

In più le rivendicate competenze provinciali, riconosciute dagli artt. 20 e 52 st., non appaiono lese dalle norme impugnate perché non possono confondersi con le nuove attribuzioni che sono state previste per la violazione di norme dettate allo scopo di prevenire il verificarsi di eventi dannosi ai diritti della persona costituzionalmente garantiti.
L'assunto, poi, che i compiti affidati alla Commissione di garanzia, previsti dagli artt. 12, 13 e 14 l., dovrebbero essere svolti da organi provinciali, è errato perché la predetta Commissione non si identifica con un organo ministeriale o di erogazione di servizi pubblici; essa è, piuttosto, un organismo autonomo e imparziale rispetto agli enti erogatori e la circostanza avvalora la tesi dell'estraneità della normativa impugnata rispetto alle « materie » concernenti i servizi pubblici.
Quanto, infine, alla specifica doglianza relativa all'Ispettorato provinciale del lavoro di Bolzano, va ricordato che, secondo la costante giurisprudenza della Corte cost., l'avvalimento di un organo o ufficio (regionale o provinciale) da parte dello Stato non contrasta con il principio dell'autonomia costituzionalmente garantita.
6. In prossimità dell'udienza la Provincia ricorrente ha depositato una memoria, nella quale ribadisce quanto già esposto nell'atto introduttivo.
 
Considerato in diritto: 1. La Provincia autonoma di Bolzano ha impugnato varie norme della l. 12 giugno 1990 n. 146, che disciplina il diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali per la salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati ed istituisce una « Commissione di garanzia dell'attuazione della legge », per contrasto con gli artt. 8 comma 1, nn. 1, 3, 4, 5, 6, 9, 13, 14, 16, 17, 18, 19, 21, 23, 24, 25, 26, 27 e 29; 9 comma 1, nn. 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9 e 10; 16 comma 1; 20; 52 comma 2 e 87 st. spec. per il Trentino-Alto Adige e « relative norme di attuazione » non specificamente menzionate dalla ricorrente.
In particolare si sostiene che contrastano con gli artt. 8, 9 e 16 st. — che attribuiscono alla competenza, legislativa e amministrativa, della Provincia determinate materie cui ineriscono i servizi pubblici essenziali, oggetto della disciplina — l'art. 8 l. impugnata, nei commi 1, 2 e 5, secondo cui, in caso di fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente garantiti, per il mancato funzionamento dei servizi pubblici essenziali a seguito dello sciopero, il commissario del Governo per la Provincia di Bolzano, qualora sia rimasto infruttuoso il suo tentativo di conciliazione, sentito il presidente della Giunta provinciale nonché i sindaci, emana ordinanza motivata diretta a garantire le prestazioni indispensabili, imponendo all'ente erogatore misure idonee ad assicurare il funzionamento del servizio: tali competenze, secondo la ricorrente, spetterebbero alla Provincia e non al commissario del Governo, organo dello Stato.
Il medesimo art. 8 contrasterebbe, altresì, con gli artt. 52 e 20 st., perché i provvedimenti contingibili ed urgenti, del tipo di quelli ipotizzati dalla nuova disciplina, e le attribuzioni, spettanti all'autorità di pubblica sicurezza, sarebbero da tali norme statutarie riservati al presidente della Giunta provinciale, nonché con l'art. 87 st., che tassativamente indica i compiti del commissario del Governo, tra i quali non possono annoverarsi quelli considerati nella norma impugnata.
Si deduce, altresì, il contrasto con le norme statutarie, che riconoscono alla Provincia la speciale autonomia, dell'art. 12 commi 1, 2 e 4, che istituisce la Commissione di garanzia per l'attuazione della legge e ne indica la composizione, configurandola come organo dello Stato, nonché degli artt. 13 comma 1 e 14 comma 1, che ne fissano i compiti, reputandosi illegittimo che un organo statale interferisca nei servizi pubblici, che ineriscono a materie provinciali, anche nell'ipotesi che lo sciopero sia soltanto locale.
Altro contrasto si ravvisa tra l'art. 14 comma 1 l. impugnata, nella parte in cui affida all'ispettorato provinciale del lavoro di sovraintendere alla consultazione tra i lavoratori interessati allo sciopero, e l'art. 4 d.P.R. 26 gennaio 1980 n. 197 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione in materia di igiene e sanità, approvate con d.P.R. 28 marzo 1975 n. 474), che ha trasferito alla Provincia il predetto ufficio, ritenendosi illegittimo che lo Stato affidi ad un ufficio provinciale compiti, la cui spesa per di più grava sul bilancio provinciale.
Viene infine dedotto il contrasto con le norme statutarie, in precedenza elencate, in particolare con quelle in tema di competenza provinciale sull'ordinamento degli uffici e del relativo personale, nonché in tema di gestione dei servizi affidati alla Provincia, dell'art. 4 commi 1 e 4, che prevede l'irrogazione di sanzioni disciplinari a carico dei lavoratori, che esercitino il diritto di sciopero senza osservare i limiti previsti dalla legge, nonché l'irrogazione di sanzioni amministrative a carico dei preposti al settore, che non concordino le prestazioni indispensabili che si sia tenuti ad assicurare.

2. Ai fini dell'inquadramento delle questioni di legittimità costituzionale, prospettate dalla Provincia autonoma di Bolzano, è necessario sottolineare che, come si riconosce anche da parte della ricorrente, la l. 12 giugno 1990 n. 146, costituisce attuazione dell'art. 40 Cost., regolando l'esercizio del diritto di sciopero dei lavoratori addetti ai servizi pubblici essenziali, per contemperarlo con i diritti della persona costituzionalmente tutelati.

Oggetto delle norme impugnate è, quindi, il diritto di sciopero, la cui disciplina è riservata allo Stato, tenuto conto dell'esigenza di una sua regolamentazione omogenea in tutto il territorio nazionale, in modo da assicurare all'intera comunità una garanzia uniforme dei diritti fondamentali della persona, in vista dei quali la legge ha, appunto, introdotto limiti e condizioni alla possibilità di ricorso allo sciopero da parte di alcune categorie di lavoratori.

L'esigenza di una disciplina omogenea emerge dall'esame della giurisprudenza costituzionale che si è occupata del diritto di sciopero. Essa, difatti, anche se fino ad ora non ha riguardato tale diritto nella prospettiva del riparto delle competenze tra Stato e Regioni, si è in più occasioni soffermata a delineare le caratteristiche di quel diritto, ammettendo la possibilità di sue particolari limitazioni, relativamente agli addetti ai servizi pubblici essenziali, proprio in ragione della tutela di interessi generali assolutamente premittenti che trovano diretta protezione in princìpi consacrati dalla Costituzione (sent. n. 123 del 1962), ovverosia di una tutela che attiene alla soddisfazione di interessi assolutamente essenziali (sent. n. 124 del 1962) o di valori fondamentali legati all'integrità della vita e della personalità dei singoli, princìpi e limitazioni, cioè, diretti ad evitare la compromissione di funzioni da considerare essenziali per il loro carattere di premittente interesse generale (sentt. nn. 31 del 1969; 290 del 1974; 222 del 1976; 125 del 1980 e 165 del 1983).
E dunque proprio la finalità di interesse generale, riguardante l'intera collettività nazionale, perseguita da questa disciplina regolatrice del diritto di sciopero, a giustificare l'intervento della legislazione statale, per cui si spiega perché detta disciplina in qualche modo possa interferire con materie statutariamente attribuite alla Provincia autonoma. A parte che, a differenza di quanto sembrerebbe ritenere la ricorrente, né la regolamentazione, né l'organizzazione, né le modalità in concreto di erogazione dei servizi pubblici, attinenti a materie di competenza provinciale, costituiscono l'oggetto della disciplina, una eventuale interferenza che dovesse ravvisarsi con tali aspetti sarebbe, infatti, giustificata « poiché non può negarsi che l'esercizio delle competenze legislative provinciali (o regionali) incontra in ogni caso precisi limiti costituzionali posti a presidio di imprescindibili esigenze unitarie » (sent. n. 217 del 1988) che attengono a fondamentali regole della civile convivenza, rifiutando qualsiasi frazionamento territoriale (sent. n. 49 del 1987).
3.1. Alla luce delle considerazioni che precedono, non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Provincia autonoma di Bolzano.
Seguendo l'ordine secondo cui esse non state prospettate, per quel che riguarda l'art. 8 commi 1, 2 e 5 è da disattendere — in riferimento a tutte le norme dello statuto richiamate nell'epigrafe del ricorso ed in particolare agli artt. 8, 9 e 16, espressamente menzionati, che elencano le competenze della Provincia autonoma — la censura di illegittimità riferita all'attribuzione al commissario del Governo, anziché ad un organo della Provincia, anche quando si tratti di conflitti collettivi di dimensioni locali, della competenza ad esperire preventivamente il tentativo di conciliazione fra le parti e ad emanare, qualora tale tentativo risulti infruttuoso, ordinanza motivata diretta a garantire le prestazioni indispensabili, imponendo all'ente erogatore misure idonee ad assicurare il funzionamento del servizio.
In proposito si deve considerare, in primo luogo, che, per i servizi pubblici che attengono a materie di competenza provinciale, la norma impugnata tiene conto dell'esigenza di assicurare il necessario raccordo con le esigenze locali. Essa, difatti, prevede che, quando il conflitto abbia rilevanza locale, ai fini dell'emanazione dell'ordinanza diretta a garantire le prestazioni indispensabili, debbano essere sentiti il presidente della Giunta regionale (ed ovviamente, per la Provincia autonoma, il presidente della Giunta provinciale) nonché i sindaci competenti per territorio, in quel quadro di leale collaborazione, indispensabile ogni qualvolta si tratti di armonizzare fra loro competenze spettanti a diversi livelli di governo.
In secondo luogo, l'attribuzione della competenza ad un organo dello Stato, anche quando si tratti di un conflitto a dimensione locale, è giustificata da quella già segnalata esigenza di uniformità della tutela di diritti costituzionalmente garantiti, uniformità che risulterebbe compromessa da un frazionamento istituzionale di competenze. L'attribuzione di queste ad organi dello Stato comporta, invece, la possibilità di determinare criteri omogenei, tali da assicurare interventi unitari per l'individuazione delle prestazioni indispensabili onde garantire una tutela uniforme: possibilità, questa, che sarebbe compromessa ove la competenza fosse attribuita agli organi della Provincia.
Ciò comunque non senza considerare che, in presenza del principio di libertà di circolazione (artt. 16 e 120 Cost.) dei cittadini nell'ambito della Repubblica, l'interruzione di pubblici servizi essenziali si riflette sull'intera collettività e non solo sulle popolazioni locali.
Non può, poi, tralasciarsi il profilo, posto in evidenza dall'Avvocatura generale dello Stato, circa la difficoltà di individuare in modo preciso il carattere meramente locale di un conflitto di lavoro, ben potendosi da un momento all'altro una determinata vertenza sindacale estendere dai confini nei quali in un primo tempo si manifesti. Ciò fa ancor più comprendere l'esigenza dell'attribuzione di queste funzioni solo agli organi dello Stato stante la possibilità, in questo modo, dell'avocazione da parte dell'autorità centrale di iniziative eventualmente già avviate dall'organo statale locale. Detta possibilità verrebbe ostacolata se, prima dell'estendersi della vertenza, alle predette iniziative, in sede locale, dovessero provvedere le autorità della Provincia autonoma, sottratte ad ogni potestà di avocazione da parte dello Stato.
3.2. Ad uguali conclusioni di infondatezza si deve pervenire anche per la questione che investe le norme già esaminate, in riferimento agli artt. 20, 52 e 87 stat. spec. Da tutto quanto si è avuto modo di osservare in precedenza, è da escludersi che si verta nella materia della pubblica sicurezza e, specificamente, nei settori in cui sono attribuiti poteri all'autorità provinciale dall'art. 20 st., o che si tratti di attività inerenti al potere di adozione di provvedimenti contingibili ed urgenti in materia di sicurezza e di igiene pubblica di spettanza provinciale, ai sensi dell'art. 52 st. stesso.
Per quel che riguarda il primo profilo si osserva che, come si è già avuto modo di rilevare, le norme impugnate hanno come oggetto proprio non quello della sicurezza pubblica, la cui nozione ha nel nostro ordinamento un contenuto ben definito, bensì la regolamentazione del diritto di sciopero per il suo contemperamento con i diritti della persona costituzionalmente tutelati e, quindi, nessuna commistione o confusione potrebbe farsi tra oggetti così distinti fra loro, per asserire una qualche incidenza delle norme denunciate sulla disciplina della sicurezza pubblica cui si riferisce l'art. 20 st.
Parimenti inconferente è il riferimento all'ari. 52 st. stesso, che attribuisce al presidente della Giunta provinciale di adottare i provvedimenti contingibili ed urgenti in materia di sicurezza ed igiene pubblica. Le norme impugnate, da un canto, non hanno per oggetto queste materie e, dall'altro, non si prefiggono di disciplinare il potere di ordinanza contingibile ed urgente che, nel nostro ordinamento, ha anch'esso una ben definita nozione, in relazione all'esigenza di sopperire con immediatezza,in sede locale, ad evenienze imprevedibili rispetto alle quali non sia possibile far ricorso, data l'urgenza, ai poteri ordinari. La disciplina posta dalle norme in esame è, invece, attributiva di poteri tipici e non straordinari, non inquadrabili quindi in quella nozione, per cui non può dirsi violata la competenza attribuita al presidente della Provincia autonoma dall'art. 52 cit.
Quanto poi all'asserita violazione dell'art. 87 st., relativamente alle funzioni del commissario del Governo, va rilevato che, una volta riconosciutasi la spettanza allo Stato della disciplina che costituisce oggetto della legge impugnata, quando di taluni compiti sono stati investiti i Prefetti, quali organi periferici dello Stato, correttamente nella Provincia autonoma di Bolzano degli stessi compiti è stato investito il « corrispondente organo » dello Stato.
4.1. Nessuna delle numerose norme statutarie e di attuazione, invocate dalla ricorrente nell'epigrafe del ricorso e genericamente richiamate nella censura, risulta poi violata dagli artt. 12 commi 1, 2 e 4; 13 comma 1 e 14 comma 1, che istituiscono la « commissione di garanzia » e ne definiscono i compiti e le funzioni. Come risulta dalla sua stessa denominazione, si è in presenza di un organo che non esercita alcuna funzione che concerna la regolamentazione, l'organizzazione o l'erogazione di servizi pubblici essenziali, ma che è « neutrale » rispetto a quegli aspetti. La Commissione di garanzia si inserisce nella dialettica del conflitto fra il datore di lavoro e le forze sindacali per verificare l'esatta applicazione della legge regolatrice del diritto di sciopero in questo settore. E quindi naturale che, anche se il conflitto riguardi solo l'ambito locale, quella funzione di garanzia venga assolta da un organo dello Stato, non essendo stato indicato, ne è possibile rinvenire, alcuno specifico parametro dello statuto idoneo a sostenere la pretesa della ricorrente di vedersi attribuita detta funzione.
4.2. Per quel che concerne, poi, la possibilitࠗ prevista dall'art. 14 l. in esame — che la Commissione di garanzia si avvalga dell'Ipettorato provinciale del lavoro, ai fini della consultazione dei lavoratori da essa disposta ai sensi dello stesso art. 14, appare priva di fondamento la censura secondo cui, essendo detto Ispettorato un organo della Provincia (art. 4 d.P.R. 26 gennaio 1980 n. 197), la legge dello Stato, attribuendogli quei compiti e gravando, in tal modo, di spese il bilancio della Provincia, violerebbe la competenza esclusiva di questa a disciplinare i suoi uffici (art. 8 n. 1 st.).
In proposito si deve rilevare che la norma impugnata prevede che la Commissione di garanzia possa utilizzare per gli scopi anzidetti gli Ispettorati provinciali del lavoro. Il fatto che nella Provincia autonoma di Bolzano l'Ispettorato sia organo di questa, non può costituire un motivo ostativo, nel quadro del principio della leale collaborazione, affinchè la Commissione — che esplica una funzione di garanzia, relativamente ad interessi di portata generale — possa svolgere in modo uniforme i propri compiti, utilizzando un organo del tipo di quelli di cui si avvale nel restante territorio dello Stato.
Si è, difatti, in presenza di un delicato compito di garanzia in relazione a concorrenti, fondamentali esigenze della collettività, per il cui assolvimento — tenuto conto del lievissimo onere economico che, anche per la presumibile sporadicità degli interventi, esso può comportare — appare perciò legittimo che lo Stato chiami a collaborare la Provincia autonoma, attraverso un suo organo specificamente idoneo al particolare adempimento.
5.1.1. Anche l'ultima censura, che investe l'art. 4 l. in esame, deve essere disattesa. Nella prima parte di essa la ricorrente sostiene l'illegittimità costituzionale sia del comma 1 di detto articolo, che prevede sanzioni disciplinari nei confronti dei lavoratori, che si astengano illegittimamente dal lavoro, sia del comma 4, che prevede sanzioni amministrative per i preposti ai settori dei servizi pubblici essenziali, che violino le disposizioni indicate nell'art. 2 l. La previsione di siffatte sanzioni e l'attribuzione agli organi dello Stato del potere di irrogarle, anche quando i lavoratori siano dipendenti da uffici e aziende della Provincia autonoma, o quando si tratti di amministratori pubblici, contrasterebbero, secondo la ricorrente, con competenze della Provincia.
Osserva la Corte che, per quanto riguarda il profilo della censura concernente la previsione di sanzioni disciplinari a carico dei lavoratori dipendenti, la legge non ha introdotto sanzioni disciplinari nuove, limitandosi ad enunciare il principio della proporzionalità delle sanzioni stesse rispetto alla « gravita dell'infrazione ». Se la norma impugnata ha creato una nuova figura di illecito disciplinare, consistente nell'illegittimo esercizio del diritto di sciopero, ciò si giustifica con l'esigenza di unitarietà della disciplina in esame che, essendo diretta a contemperare fra loro valori costituzionalmente rilevanti, di interesse generale, esige previsioni uniformi anche sul terreno delle conseguenze che possano derivare dalle sue violazioni e, quindi, anche relativamente a quel che concerne il regime delle sanzioni e la loro astratta previsione.
Circa poi l'ulteriore profilo della censura concernente la concreta irrogazione, nei confronti dei lavoratori dipendenti, delle sanzioni previste dal comma 1 dell'art. 4, la doglianza muove da una premessa che non trova riscontro nella norma impugnata. Difatti questa, nell'occuparsi delle sanzioni per i lavoratori che si avvalgano illegittimamente dello sciopero, non attribuisce il potere di irrogarle ad organi dello Stato, come invece sembra ritenere la ricorrente. In mancanza di una espressa previsione del genere, non può esservi alcun dubbio che la norma non abbia inteso derogare all'ordinario regime delle competenze in materia disciplinare, come previsto dall'ordinamento degli uffici e del relativo personale, con la conseguenza che il potere di irrogazione di dette sanzioni per i lavoratori dipendenti resta attribuito agli organi amministrativi istituzionalmente competenti. Quindi per la Provincia autonoma non si verifica alcuna interferenza da parte di organi amministrativi dello Stato, per cui viene meno il presupposto stesso della doglianza.
5.1.2. Le considerazioni già formulate dimostrano l'infondatezza anche del profilo della censura — sul quale peraltro la ricorrente non sembra insistere nella memoria difensiva — che investe il comma 4 dell'art. 4 1. impugnata, il quale dispone che sia il Ministro della funzione pubblica o il Ministro del lavoro ad irrogare le sanzioni amministrative pecuniarie ivi previste per i « preposti al settore nell'ambito delle amministrazioni pubbliche e i legali rappresentanti, o i preposti a unità produttive da essi formalmente delegati, degli enti e delle imprese erogatrici dei servizi », e, quindi, anche quando i preposti siano pubblici amministratori.
In proposito si osserva che il tipo di sanzioni, indicato nella normativa denunciata, attiene alla violazione di comportamenti, che sono prescritti dalla legge in esame per tutti i preposti al settore dei servizi pubblici essenziali, siano essi amministratori pubblici, responsabili e dirigenti di aziende pubbliche o di imprese private. Nell'astratta previsione della legge è quindi irrilevante il titolo della preposizione; il che spiega, dati i più volte enunciati motivi ispiratori della legge e le illustrate esigenze di uniformità, nonché in mancanza di una espressa previsione di competenze provinciali nello statuto di autonomia, l'attribuzione ad un organo centrale dello Stato del potere di irrogarle in concreto.
Per quel che riguarda in particolare gli amministratori pubblici, va poi considerato che si è in presenza di un sistema di sanzioni amministrative completamente nuovo, che non trova riscontro nella normativa precedente relativa allo status di tali soggetti; per di più, nelle norme dello statuto speciale di autonomia non vi è alcun riferimento che — come quello che riguarda l'ordinamento degli uffici e che può valere solo per i lavoratori dipendenti, la cui situazione è stata salvaguardata dalla legge — possa costituire sostegno alla pretesa della ricorrente. Si deve difatti escludere che nel rapporto tra organi della Provincia ed amministratori pubblici possa ravvisarsi una potestà disciplinare di carattere generale, del tipo di quella che sussiste nei confronti dei dipendenti degli uffici amministrativi e, quindi, nessuna competenza istituzionale della Provincia può ritenersi violata.
5.2. Resta la parte finale della censura, relativa all'attribuzione, alla pari degli altri Ispettorati provinciali del lavoro, anche a quello di Bolzano, organo della Provincia autonoma, del compito di segnalare agli organi ministeriali l'inosservanza, da parte dei preposti al settore, degli obblighi previsti dalla legge ai fini dell'irrogazione delle sanzioni. In proposito possono essere richiamate non solo le considerazioni svolte in precedenza, circa le particolari finalità unitarie perseguite dalla legge, ma anche il reciproco dovere d'informazione fra Stato e Regioni (sent. n. 550 del 1990), che è espressione del principio di leale cooperazione tra i vari livelli di governo, in vista del generale interesse della collettività nazionale.

Per questi motivi

LA COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli arti. 4 commi 1 e 4;8 commi 1, 2 e 5; 12 commi 1, 2 e 4;13 comma 1;14  comma 1 l. 12 giugno 1990 n. 146 (Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge), sollevate, in riferimento agli arti. 8 comma 1 nn. 1, 3, 4, 5, 6, 9, 13, 14, 16,17, 18, 19, 21, 23, 24, 25, 26, 27 e 29; 9 comma 1 nn. 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9 e 10; 16 comma 1; 20; 52 comma 2 e 87 st. spec. per il Trentino-Alto Adige, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670, e alle relative norme di attuazione, dalla Provincia autonoma di Bolzano con il ricorso indicato in epigrafe.
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