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In vigore al: 28/02/2015

Corte costituzionale - sentenza del 16 luglio 2013, n. 233-
Provincia di Trento – conferma della competenza provinciale a definire le tariffe per il servizio di fognatura

Sentenza 16 luglio 2013 (23 luglio 2013) n. 233; Pres. Gallo; Red. Tesauro

 

 

Ritenuto in fatto 1. – Con ricorso spedito per la notifica il 1° ottobre 2012, ricevuto il 3 ottobre e depositato il successivo 9 ottobre, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in via principale, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento 30 luglio 2012, n. 17 (Disposizioni in materia di servizi pubblici e modificazioni della legge provinciale 31 maggio 2012, n. 10, in materia di iniziative per la modernizzazione del settore pubblico provinciale e per la revisione della spesa pubblica), in riferimento agli «artt. 8, 9 e 10» (recte: artt. 8 e 9, n. 9 e n. 10) del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) ed all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), della Costituzione.

La predetta norma è impugnata nella parte in cui, inserendo il comma 01 nell’art. 35 della legge della Provincia autonoma di Trento 27 agosto 1999, n. 3 (Misure collegate con l’assestamento del bilancio per l’anno 1999), dispone che «La Giunta provinciale, d’intesa con il Consiglio delle autonomie locali, definisce i modelli tariffari del ciclo idrico relativi all’acquedotto e alla fognatura, tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, della copertura dei costi d’investimento e di esercizio, del principio “chi inquina paga”. Resta ferma la potestà tariffaria dei comuni in materia di servizio pubblico di acquedotto come esercitata alla data di entrata in vigore di questo comma».

1.1. – Il ricorrente premette che, in base allo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige ed alle relative norme di attuazione, le Province autonome di Trento e Bolzano hanno competenza legislativa esclusiva (recte: primaria) in materia di acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale (art. 8, n. 17), assunzione e gestione di servizi pubblici (art. 8, n. 19), urbanistica (art. 8, n. 5) ed opere idrauliche (art. 8, n. 24), nonché competenza concorrente in tema di utilizzazione delle acque pubbliche, igiene e sanità (art. 9, n. 9 «e art. 10», recte: e n. 10).

Sulle richiamate norme statutarie si fonderebbe la competenza provinciale a disciplinare l’organizzazione territoriale e la relativa programmazione del servizio idrico integrato, come peraltro espressamente riconosciuto da questa Corte nella sentenza n. 412 del 1994 e confermato, all’indomani della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, nella sentenza n. 357 del 2010.

Tale competenza non comprenderebbe tuttavia, ad avviso del medesimo ricorrente, la definizione dei criteri per la determinazione delle tariffe relative ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell’acqua, che sarebbe viceversa, secondo quanto ripetutamente affermato da questa Corte, «ascrivibile alla materia della tutela dell’ambiente e a quella della tutela della concorrenza, ambedue di competenza legislativa esclusiva dello Stato» (vengono citate le sentenze di questa Corte n. 142 del 2010, n. 307 e n. 246 del 2009).

A conferma di ciò starebbe anche il decreto- legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, il quale, nell’attribuire all’Autorità per l’energia elettrica ed il gas «le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici», fra le quali vi è anche la funzione di regolazione tariffaria, ha precisato che tali funzioni «vengono esercitate con i medesimi poteri attribuiti all’Autorità stessa dalla legge 14 novembre 1995, n. 481» (art. 21, comma 19).

Ad avviso del ricorrente, infatti, le disposizioni della legge 14 novembre 1995, n. 481 (Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità), al pari di quelle del predetto d. l. n. 201 del 2001 (con particolare riguardo all’art. 21, comma 19), si configurerebbero come «norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica» cui la normativa delle Province autonome non può derogare, neppure se dettata nell’esercizio di competenza legislativa primaria, secondo quanto espressamente stabilito dallo stesso statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (art. 8, comma 1, ed art. 4, comma 1), con la conseguenza che i poteri di regolazione della citata Autorità, con particolare riferimento alla regolazione tariffaria, dovrebbero trovare applicazione, nei settori dei servizi di pubblica utilità ed in quelli dell’energia elettrica, del gas e del servizio idrico, anche nelle Province autonome di Trento e Bolzano.

Il Presidente del Consiglio dei ministri conclude, pertanto, chiedendo che venga dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento n. 17 del 2012 per violazione degli artt. 8 (n. 5, n. 17, n. 19 e n. 24), «9 e 10» (recte: art. 9, n. 9 e n. 10), dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e dell’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost.

2. – Nel giudizio si è costituita la Provincia autonoma di Trento, chiedendo che la Corte dichiari infondato il ricorso.

La Provincia premette di essere titolare, sulla base delle norme statutarie, di competenze legislative ed amministrative in un ampio spettro di materie, che afferiscono, a vario titolo, al settore dei servizi idrici.

Sulla base di tali indicazioni statutarie e di quanto espressamente affermato da questa Corte nella sentenza n. 412 del 1994, la Provincia ricorda di avere adottato da tempo una propria disciplina dei servizi idrici, nel rispetto dei principi indicati dalla normativa comunitaria e statale, nonché di avere definito modelli tariffari relativi al servizio pubblico di acquedotto, fognatura e di depurazione. In particolare, con deliberazione 15 gennaio 1999, n. 110, modificata dalle delibere n. 7452 del 1999, n. 3413 del 2000, n. 2516 del 2005 e n. 2819 del 2006, e con deliberazione 10 novembre 2000, n. 2822, modificata dalle delibere n. 3616 del 2001 e n. 2517 del 2005, ha fissato, d’intesa con la Rappresentanza dei Comuni, i modelli tariffari rispettivamente del servizio pubblico di acquedotto e del servizio di fognatura, con disposizioni poi confluite, con l’aggiunta di modifiche, in due testi unici attualmente vigenti, e cioè il t.u. delle disposizioni riguardanti il modello tariffario relativo al servizio pubblico di acquedotto, che è stato approvato con deliberazione della Giunta n. 2437 del 2007, ed il t.u. delle disposizioni riguardanti il modello tariffario relativo al servizio pubblico di fognatura, approvato con delibera n. 243 del 2007.

Da quanto esposto la Provincia desume che il servizio idrico è svolto completamente nell’ambito e nel contesto della disciplina da essa stabilita, anche con riguardo ai profili tariffari e che quindi, nel suo territorio, non è applicabile la disciplina del servizio idrico integrato nazionale, di cui alla legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche), ed al successivo decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).

In particolare, poi, con riguardo all’incidenza della tariffa del servizio idrico sulla materia della tutela della concorrenza, la Provincia osserva che, anche ad ammettere che le nuove competenze tariffarie degli organi statali possano veicolare parametri unitari e uniformi in nome della parità di concorrenza (e della necessaria introduzione di standard uniformi di tutela ambientale), questi non potrebbero che comportare, per le Province autonome, un mero obbligo di adeguamento, che, se non rispettato, è garantito dal meccanismo di impugnazione previsto dall’art. 2, comma 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento).

Infine, la Provincia rileva che l’impugnazione concerne una disposizione che non attribuirebbe alla Giunta provinciale una nuova competenza rispetto a quella già esercitata quanto alla regolamentazione tariffaria dei servizi di acquedotto e fognatura, ma prevede solo un aggiornamento dei parametri, in conformità di quanto richiesto dalla normativa statale e comunitaria risultante all’esito del referendum del 12/13 giugno 2011, indetto con decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 2011, per l’abrogazione parziale del comma 1 dell’art. 154 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito.

3.– All’udienza pubblica le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni svolte nelle difese scritte.

Considerato in diritto 1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita della legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento 30 luglio 2012, n. 17 (Disposizioni in materia di servizi pubblici e modificazioni della legge provinciale 31 maggio 2012, n. 10, in materia di iniziative per la modernizzazione del settore pubblico provinciale e per la revisione della spesa pubblica), nella parte in cui, introducendo il comma 01 nell’art. 35 della legge della Provincia autonoma di Trento 27 agosto 1999, n. 3 (Misure collegate con l’assestamento del bilancio per l’anno 1999), stabilisce che: «La Giunta provinciale, d’intesa con il Consiglio delle autonomie locali, definisce i modelli tariffari del ciclo idrico relativi all’acquedotto e alla fognatura, tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, della copertura dei costi d’investimento e di esercizio, del principio “chi inquina paga”. Resta ferma la potestà tariffaria dei comuni in materia di servizio pubblico di acquedotto come esercitata alla data di entrata in vigore di questo comma».

A suo avviso, tale norma eccederebbe la competenza provinciale in tema di organizzazione, programmazione ed articolazione territoriale del servizio idrico integrato provinciale desunta dagli artt. 8 (n. 5, n. 17, n. 19 e n. 24), «9 e 10» (recte: art. 9, n. 9 e n. 10) dello statuto speciale di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo Statuto speciale per il Trentino – Alto Adige) ed invaderebbe la sfera di competenza statale in materia di tutela dell’ambiente e della concorrenza di cui all’art. 117, secondo comma, lettere s) ed e), della Costituzione, alla quale dovrebbe essere ricondotta la disciplina della definizione dei criteri per la determinazione delle tariffe da applicarsi sull’intero territorio nazionale e dunque anche nella Provincia autonoma.

2. – La questione non è fondata.

2.1.– Lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige attribuisce alla Provincia autonoma di Trento competenza legislativa primaria in materia di acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale (art. 8, n. 17), assunzione e gestione di servizi pubblici (art. 8, n.19), urbanistica (art. 8, n. 5) ed opere idrauliche (art. 8, n. 24), nonché competenza legislativa concorrente in tema di utilizzazione delle acque pubbliche, igiene e sanità («artt. 9 e 10», recte: art. 9, n. 9 e n. 10). L’art. 14 dello stesso statuto speciale prevede, fra l’altro, che l’utilizzazione delle acque pubbliche deve essere realizzata in base ad un Piano generale stabilito d’intesa fra lo Stato e la Provincia autonoma (approvato con d.P.R. 15 febbraio 2006), il quale sostituisce interamente, nel territorio provinciale, il Piano regolatore generale degli acquedotti (art. 10, comma 2, d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per la regione Trentino – Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche). In base alle norme di attuazione statutaria contenute nel d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino – Alto Adige in materia di trasferimento alle province autonome di Trento e di Bolzano dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della Regione), la Provincia autonoma di Trento esercita, inoltre, tutte le attribuzioni inerenti alla titolarità del demanio idrico, ivi compresa la polizia idraulica e la difesa delle acque dall’inquinamento.

Sulla base della verifica delle predette attribuzioni statutarie e di attuazione statutaria della Provincia autonoma di Trento, la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto, fin dalla sentenza n. 412 del 1994, l’esistenza di una competenza provinciale in materia di organizzazione del servizio idrico, nell’esercizio della quale detta Provincia ha delineato minuziosamente il quadro organizzatorio del servizio idrico integrato provinciale. Tale competenza, tuttavia, non si limita alla sola organizzazione e programmazione del servizio, ma comprende anche l’individuazione dei criteri di determinazione delle tariffe ad esso inerenti, le quali ultime costituiscono il “corrispettivo del predetto servizio” (sentenza n. 335 del 2008). Al riguardo questa Corte, nello scrutinare la legittimità costituzionale di una norma provinciale che attribuiva alla Giunta la competenza a determinare i criteri per il rimborso della quota tariffaria riferita al servizio di depurazione non istituito, ha ritenuto infondate le censure proposte, affermando che «tali criteri non attengono a mere modalità organizzative ed amministrative, riservate, in quanto tali, alla competenza della Provincia, ma, proprio perché costituiscono criteri generali – sono idonei ad incidere sul sistema dei corrispettivi del servizio idrico integrato» (sentenza n. 357 del 2010), e rientrano pertanto nella competenza, «riservata dallo statuto di autonomia alla Provincia autonoma di Trento», «a regolare detto servizio» integralmente. Una simile competenza, riconosciuta alla Provincia dalla precedente normativa statutaria, «non è stata sostituita dalla competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza e di tutela dell’ambiente», a seguito della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, considerato che «la suddetta riforma, in forza del principio ricavabile dall’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, non restringe la sfera di autonomia già spettante alla Provincia autonoma» (sentenza n. 357 del 2010).

Proprio in coerenza con detti principi, nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 luglio 2012, recante l’«Individuazione delle funzioni dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici», adottato in attuazione dell’art. 21, comma 19, del decreto- legge 6 dicembre 2011 n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, che ha disposto l’attribuzione all’Autorità per l’energia elettrica ed il gas (AEEG), fra l’altro, delle competenze relative alla determinazione dei criteri di definizione della tariffa relativa ai servizi idrici, all’art. 4 è stabilito che «Sono in ogni caso fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione».

Nella specie, la Provincia, con la disposizione impugnata, ha modificato l’art. 35 della legge provinciale 27 agosto 1999, n. 3 (Misure collegate con l’assestamento del bilancio per l’anno 1999), adottato nell’esercizio della predetta competenza provinciale in tema di disciplina del servizio idrico. Il citato art. 35, infatti, già nella sua originaria formulazione, attribuiva alla Giunta provinciale il potere di stabilire «i criteri, i parametri e i limiti per la determinazione e l’adeguamento delle tariffe per il servizio di fognatura, avendo riguardo ai costi di servizio e di investimento» (comma 6, abrogato dal medesimo art. 1 della legge provinciale n. 17 del 2012), nonché di fissare «i criteri e le modalità per la determinazione delle tariffe» per il servizio di depurazione delle acque (comma 5): in attuazione di tale potere la predetta Giunta ha provveduto, con proprie delibere, a determinare i modelli tariffari, rispettivamente, del servizio pubblico di acquedotto e del servizio di fognatura.

L’impugnato art. 1, comma 2, si è limitato a modificare la precedente disciplina, inserendo, nel predetto art. 35, il comma 01. Quest’ultimo, stabilendo che la Giunta provinciale deve definire i modelli tariffari del ciclo idrico relativi all’acquedotto e alla fognatura «tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, della copertura dei costi d’investimento e di esercizio, del principio “chi inquina paga”», non ha fatto altro che adeguare i criteri di determinazione della tariffa a quanto stabilito sul punto dal legislatore statale nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), all’art. 154, nonché alla normativa dell’Unione europea (art. 9 direttiva 23 ottobre 2000 n. 2000/60/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque).

 

 

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento 30 luglio 2012, n. 17 (Disposizioni in materia di servizi pubblici e modificazioni della legge provinciale 31 maggio 2012, n. 10, in materia di iniziative per la modernizzazione del settore pubblico provinciale e per la revisione della spesa pubblica), in riferimento agli articoli 8 e 9, n. 9 e n. 10, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), ed all’articolo 117, secondo comma, lettere e) ed s), della Costituzione, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.

 

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