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In vigore al: 17/01/2017

Corte costituzionale - Sentenza N. 314 del 27.07.2001
Istituzione di nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici

Sentenza (12 luglio) 27 luglio 2001, n. 314; Pres. Ruperto – Red. Vari
 
Ritenuto in fatto: 1. Con ricorso del 17 giugno 1999, la Provincia autonoma di Trento hasollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2,lettere a) e c), 3, 4 e 9 della legge 17 maggio 1999, n. 144 (Misure inmateria di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentiviall'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonchédisposizioni per il riordino degli enti previdenziali), per contrasto congli artt. 8, numeri 1, 5, 9, 10, 17, 18, 20, 21, 23, 28 e 29; 9, numeri 3,4, 5 e 8; 16 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvatocon decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e con lerelative norme di attuazione, in particolare con l'art. 3 del decretolegislativo 16 marzo 1992, n. 266.
La Provincia precisa che non intende disconoscere che la disciplina statalecensurata ponga principi fondamentali di riforma, al cui rispetto essa siconsidera tenuta, ovvero il principio di necessaria valutazione tecnicadegli investimenti pubblici e quello organizzativo di creazione di unsistema di monitoraggio su scala nazionale. La ricorrente si duole, invece,del fatto che la disposizione denunciata, nell'istituire i nuclei divalutazione e verifica degli investimenti pubblici, leda la sua autonomia, acausa della previsione, per "un insieme amplissimo e vitale di settori diattività", di "modalità organizzative e di azione uniformi, comuni a tuttele amministrazioni, sia statali che regionali".
Secondo il ricorso, anche se il comma 3 dell'articolo censurato affida alleamministrazioni interessate le "attività volte alla costituzione dei nucleidi valutazione e verifica", l'ambito decisionale riservato alle medesime è,comunque, molto ridotto, a causa della necessità di tener conto delle"strutture similari già esistenti", di "evitare duplicazioni" e diprovvedere ad elaborare un "programma di attuazione".
La ricorrente, nel precisare che, proprio in ossequio al principio delmiglioramento del processo di programmazione delle politiche di sviluppo, hagià da tempo istituito organi preposti a valutare "la validità esostenibilità economico–finanziaria" della realizzazione, e in alcuni casidella gestione, degli investimenti pubblici, ritiene che la lesione dellasua autonomia discenda, invece, dalla imposizione, al di là di ogni"possibile interesse nazionale", di un modello organizzativo predeterminato,con l'assoggettamento dei processi decisionali dell'ente ad una "continuainterferenza", da parte di un "organismo imposto e operante in raccordo conuna struttura centrale dello Stato".
2. Oltre al già menzionato comma 3, la Provincia censura, perciò, anche ladisposizione del comma 1 dell'art. 1 della legge n. 144 del 1999, che affidaai nuclei il compito di supporto tecnico "nelle fasi di programmazione,valutazione, attuazione e verifica di piani, programmi e politiche diintervento", come pure quella del comma 2 che ne prevede l'apporto nellefasi di "programmazione, formulazione e valutazione di documenti diprogramma, per le analisi di opportunità e fattibilità degli investimenti" edi "valutazione ex ante di progetti e interventi".
Nel rilevare che dalla disposizione risulta chiarissimo l'inserimento, nelprocesso decisionale, di un organismo previsto e disciplinato dalla leggestatale e da altri atti statali attuativi, il ricorso osserva che egualmenteillegittima deve ritenersi l'attribuzione, ai suddetti nuclei, del potere dicompiere una "valutazione di qualità ambientale e di sostenibilità dellosviluppo, nonché della compatibilità ecologica degli investimenti pubblici",in quanto attività interferente "con la normazione provinciale in tema divalutazione di impatto ambientale", e in ogni caso con l'autonomiaorganizzativa dell'ente, in materia di determinazione degli organi eprocedure idonee a verificare detto impatto a fronte degli interventieconomici pubblici.
Secondo la Provincia "non meno illegittimo" sarebbe l'affidamento ai nucleidella competenza a svolgere "attività volta alla graduale estensione delletecniche proprie dei fondi strutturali all'insieme dei programmi e deiprogetti attuati a livello territoriale, con riferimento alle fasi diprogrammazione, valutazione, monitoraggio e verifica", competendo, invece,al legislatore provinciale di stabilire "se ed in che misura" tali tecniche,oltretutto indicate in modo generico, debbano essere estese all'insieme deidetti programmi e progetti.
3. La violazione dell'autonomia organizzativa e funzionale della Provinciasarebbe ulteriormente aggravata dal comma 4 dell'art. 1, il qualeattribuisce allo Stato, e per esso al Presidente del Consiglio dei ministri,"poteri di integrazione normativa", relativamente alla determinazione delle"caratteristiche organizzative comuni dei nuclei" e, in genere, allemodalità e criteri per l'attuazione della disciplina legislativa.
Ad avviso della ricorrente, il previsto decreto del Presidente del Consigliodei ministri sarebbe atto estraneo al sistema dei rapporti tra fonti statalie provinciali, come delineato anche dal decreto legislativo n. 266 del 1992.Esso avrebbe un contenuto solo in parte accostabile all'atto di indirizzo ecoordinamento, senza peraltro possederne i requisiti di forma e diprocedura, tra i quali, con specifico riferimento alla Provincia di Trento,la ricorrente individua il previo parere di compatibilità con lo statuto.
4. Nell'escludere l'esistenza di un interesse nazionale che possagiustificare l'imposizione del descritto modello organizzativo, il ricorsoafferma che, in ogni caso, anche in virtù dei principi di proporzionalità esussidiarietà, l'impatto sulla autonomia costituzionale dell'ente dovrebbeessere limitato "alla sola fissazione dei principi fondamentaliriconoscibili nella normativa, cioè il principio di valutazionetecnico–economica degli investimenti pubblici e il principio del loromonitoraggio nazionale".
5. Per quanto riguarda, infine, il comma 9 dell'art. 1, la Provinciaosserva che tale disposizione ¾ nell'attribuire al CIPE il potere diindicare i criteri ai quali dovranno attenersi le Regioni e le Provinceautonome, al fine di suddividere il rispettivo territorio in Sistemi localidel lavoro ¾ si risolve nella previsione di un atto anomalo, "estraneo alsistema dei rapporti tra Stato e Province autonome". Oltretutto, ladisposizione censurata avrebbe posto a carico delle Province un onere diindividuazione non chiaro, in quanto non si comprende che cosa siano e qualevalore abbiano i Sistemi locali del lavoro, né se la "zonizzazione" siavincolante nell'elaborazione degli interventi e degli investimentiprovinciali. Del tutto incerta risulterebbe, altresì, la clausola disalvaguardia delle competenze delle Province autonome in materia.
6. E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentatoe difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso perl'inammissibilità e, comunque, per la manifesta infondatezza dellaquestione.
La difesa erariale osserva, in particolare, che lo Stato è "abilitatoall'uso di tutti gli strumenti consentitigli per far valere gli interessiunitari di cui è portatore", come risulta dalla giurisprudenzacostituzionale, secondo la quale la fissazione di criteri generali per ilcoordinamento di servizi non lede in alcun modo la competenza delle Provinceautonome.
7. In prossimità della udienza pubblica, hanno depositato memorie sia laProvincia autonoma di Trento sia l'Avvocatura generale dello Stato.
7.1.¾ La Provincia autonoma, nell'insistere per la dichiarazione diillegittimità costituzionale delle norme denunciate, fa presente che l'art.10, comma 3, della sopravvenuta legge provinciale 22 marzo 2001, n. 3, haprevisto che la Giunta provinciale definisca, anche in attuazione della legge n. 144 del 1999, i criteri, le modalità e gli strumenti organizzativiper assicurare la valutazione e la verifica degli investimenti pubblici. Lacircostanza che il Governo non abbia avanzato alcun rilievo nei confrontidella suddetta legge dimostrerebbe, ad avviso della ricorrente, chel'attività demandata alla Giunta rientra nell'autonomia provinciale e,inoltre, che la legge impugnata non pone rigidi vincoli di adeguamento inordine alle modalità attuative.
Nel ribadire che, in ogni caso, i singoli profili della disciplina impugnatanon possono giustificarsi sulla base di "presunte esigenze di interessenazionale", la Provincia di Trento rileva che il decreto del Presidente delConsiglio dei ministri previsto dall'art. 1, comma 4, della legge n. 144 del1999 si è tradotto in una direttiva emanata in data 10 settembre 1999. Alriguardo, osservato che, nei confronti delle Province autonome, il potere didirettiva concerne solo le funzioni amministrative delegate, come risultadall'art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 526 del 1987 e,altresì, che l'atto emanato ha più contenuto normativo che non di direttiva,la ricorrente sostiene, comunque, che le direttive stesse non rientrano fragli atti che possono, ai sensi del decreto legislativo n. 266 del 1992,incidere sulle funzioni legislative ed amministrative della Provinciaautonoma di Trento.
7.2. L'Avvocatura generale dello Stato, nel concludere perl'inammissibilità e, comunque, per l'infondatezza del ricorso, osserva chela legge n. 144 del 1999 disciplina un settore di importanza nazionale, taleda richiedere l'emanazione di principi uniformi in tutto il Paese,attraverso norme fondamentali di riforma economico–sociale connesse ad uninteresse unitario dello Stato.
La disciplina censurata, mentre non esclude uno spazio normativo diadeguamento dei principi al contesto locale, assicura, altresì, attraversola Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provinceautonome, l'intesa prevista dall'art. 8 della legge n. 59 del 1997.
La difesa erariale, nel ribadire le conclusioni già formulate, osserva,infine, che i nuclei di valutazione svolgono una funzione consultiva,inidonea, in quanto tale, ad interferire con l'esercizio delle competenzeamministrative spettanti alla Provincia autonoma di Trento.
 
Considerato in diritto: 1. Con il ricorso in epigrafe la Provincia autonoma di Trento ha sollevatoquestione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2, lettere a)e c), 3, 4 e 9 della legge 17 maggio 1999, n. 144 (Misure in materia diinvestimenti, delega al Governo per il riordino degli incentiviall'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonchédisposizioni per il riordino degli enti previdenziali), nella parte in cui"prevede che vengano obbligatoriamente istituiti in ogni amministrazionestatale e regionale nuclei di valutazione e verifica degli investimentipubblici, con le caratteristiche e le funzioni" indicate nel medesimoarticolo.
La ricorrente  nel denunciare violazione degli artt. 8, numeri 1, 5, 9,10, 17, 18, 20, 21, 23, 28 e 29; 9, numeri 3, 4, 5 e 8; 16 dello Statutospeciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con decreto del Presidentedella Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e delle relative norme diattuazione, in particolare dell'art. 3 del decreto legislativo 16 marzo1992, n. 266 ¾ lamenta che:
a) i commi 1 e 2, lettere a) e c), del menzionato art. 1 della legge 17maggio 1999, n. 144, "anziché limitarsi a fissare il principio dellanecessaria valutazione tecnico–economica delle decisioni", impongano allaProvincia di "provvedere alla valutazione delle decisioni relative agliinvestimenti pubblici secondo un unico modello organizzativo predeterminatodalla legge statale e attraverso un organismo operante in raccordo conl'amministrazione statale" e, al tempo stesso, interferente nei processidecisionali dell'ente;
b) il comma 3, pur disponendo che le attività relative alla costituzione deinuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici sono attuate,autonomamente, dalle singole amministrazioni, sotto il profiloamministrativo, organizzativo e funzionale, imponga, a queste ultime, ditener conto delle strutture similari già esistenti, di evitare duplicazioni,nonché di provvedere alla elaborazione di un programma di attuazione che, asua volta, deve essere comprensivo delle connesse attività di formazione eaggiornamento necessarie alla costituzione e all'avvio dei nuclei;
c) il comma 4 assoggetti "la stessa istituzione dei nuclei di valutazione everifica degli investimenti pubblici ad ulteriori ingerenze ad opera di attiamministrativi statali, al di fuori delle regole e dei contenuti propridella funzione di indirizzo e coordinamento ed al di fuori dei presuppostisostanziali di essa";
d) il comma 9, nel prevedere che il CIPE indichi i criteri per ladeterminazione, da parte della Provincia, di Sistemi locali del lavoro dicui non è definito il significato, sottoponga la ricorrente ad "un attoanomalo, estraneo al sistema dei rapporti tra Stato e Province autonomequale delineato dallo Statuto e dalle norme di attuazione".
2.¾ Le censure sono da reputare solo in parte fondate, secondo quantoappresso si dirà.
Prima di affrontarne il merito giova richiamare, sia pure in breve sintesi,scopi e contenuto della disciplina censurata, ricordando che le menzionatedisposizioni si collocano nel più ampio contesto normativo originato, per unverso, dalle riforme amministrativa e di bilancio intervenute da qualchetempo, e, per l'altro, dall'adeguamento ai principi dell'ordinamentocomunitario, orientati a potenziare azioni di sviluppo armonioso dellaComunità, attraverso la realizzazione della coesione economica e sociale.
Con riferimento ai processi di modernizzazione delle pubblicheamministrazioni, va considerato il trasferimento dal centro al territoriodelle politiche di sviluppo e delle relative risorse, che ha comportato unulteriore potenziamento del ruolo delle Regioni e delle Province autonome,cui già competeva ¾ secondo quanto rilevato dalla Corte ¾ "di somministrarela maggior parte delle utilità individuali e collettive destinate asoddisfare i bisogni sociali" (sentenza n. 29 del 1995).
A ciò ha fatto riscontro l'esigenza non solo dell'introduzione, in formageneralizzata, di tipologie di controllo dell'economicità/efficienzadell'azione amministrativa e dell'efficacia dei servizi erogati, ma anche diqualificate competenze tecniche per la definizione dei programmi, come pureper le analisi di opportunità e fattibilità.
Inoltre, in relazione al processo di integrazione comunitaria, va tenutoconto dell'impulso dato alla politica regionale dal Trattato sull'Unioneeuropea, come, da ultimo, modificato dal Trattato di Amsterdam del 2 ottobre1997 (ratificato ed eseguito con legge 16 giugno 1998, n. 209). A talemateria, il Trattato stesso dedica, nell'ambito della parte III (Politichedella Comunità), l'apposito titolo XVII relativo, per l'appunto, alla"coesione economica e sociale", contenente cinque articoli (158-162), iquali prevedono una specifica azione comunitaria mirata "a ridurre ildivario tra le diverse Regioni ed il ritardo delle Regioni meno favorite oinsulari".
A loro volta, i regolamenti, sulla base di tali previsioni, disciplinano ilcofinanziamento europeo attraverso i Fondi strutturali (da ultimoregolamento CE 1260/1999 del Consiglio, punti 43-59 dei consideranda e artt.34-44), conferendo particolare rilevanza alle azioni di sorveglianza,controllo finanziario e valutazione degli investimenti pubblici, rimesseagli Stati membri, per assicurare la realizzazione effettiva degli impegnipresi nel quadro degli obiettivi come sopra definiti.
Anche in ragione della testé ricordata disciplina comunitaria, ledisposizioni denunciate contemplano l'apprestamento di una rete di risorsemetodologiche e informative, preordinata alla valutazione (ex ante, initinere ed ex post) dell'affidabilità delle politiche pubbliche diinvestimento e del razionale impiego delle risorse progettuali efinanziarie, onde pervenire, mercé anche le azioni di monitoraggio svolte insede locale, all'unitaria ricomposizione del quadro generale degliinterventi pubblici.
Più in particolare, il comma 1 dell'art. 1 della legge n. 144 del 1999prevede che le amministrazioni centrali e regionali, previa intesa con laConferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Provinceautonome di Trento e Bolzano, istituiscano propri nuclei, ai quali vieneattribuita ¾ in raccordo fra di loro e con il nucleo di valutazione everifica degli investimenti pubblici del Ministero del tesoro, del bilancioe della programmazione economica ¾ la funzione di supporto tecnico, nellefasi di programmazione, valutazione, attuazione e verifica degli interventidi ogni singola amministrazione; e ciò al fine di realizzare maggiorequalità ed efficienza dei processi concernenti le politiche di sviluppo.
I predetti nuclei, integrandosi con il Sistema statistico nazionale eoperando in collegamento con gli uffici di statistica costituiti presso levarie amministrazioni (comma 1), svolgono, ai sensi del comma 2, "funzionitecniche a forte contenuto di specializzazione", relative all'attività diassistenza e di supporto tecnico per le fasi di programmazione, formulazionee valutazione di documenti di programma, per le analisi di opportunità efattibilità, di valutazione ex ante dei progetti, con particolareriferimento al profilo della qualità ambientale e della sostenibilità dellosviluppo (lettera a), nonché all'attività "volta alla graduale estensionedelle tecniche proprie dei fondi strutturali all'insieme dei programmi e deiprogetti attuati a livello territoriale, con riferimento alle fasi diprogrammazione, valutazione, monitoraggio e verifica" (lettera c).
In base a quanto previsto dal comma 3, l'attività di costituzione dei nucleidi valutazione è riservata, sotto il profilo amministrativo, organizzativo efunzionale, alle singole amministrazioni, le quali debbono tener conto dellestrutture similari già esistenti, evitando duplicazioni ed elaborando unprogramma di attuazione comprensivo delle connesse attività di formazione eaggiornamento.
E' rimesso, poi, ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni ele Province autonome di Trento e di Bolzano (comma 4), il compito diindicare le caratteristiche organizzative comuni dei nuclei di valutazione,ivi comprese la spettanza di compensi agli eventuali componenti estraneialla pubblica amministrazione, nonché le modalità e i criteri per laformulazione e la realizzazione dei programmi di attuazione.
Sempre allo scopo di realizzare maggiore qualità ed efficienza del processodi programmazione delle politiche di sviluppo, è affidato, infine, alleRegioni e alle Province autonome, alla luce di criteri indicati dal CIPE,sentita la Conferenza permanente, il compito "di suddividere il rispettivoterritorio in Sistemi locali del lavoro, individuando tra questi i distrettieconomico–produttivi, sulla base di una metodologia e di indicatorielaborati dall'Istituto nazionale di statistica" (comma 9).
3.¾ Tanto premesso sulle finalità generali e sul contenuto della disciplinain esame, non fondata è, anzitutto, la censura che investe, nel loroinsieme, i commi 1 e 2, lettere a) e c), del predetto art. 1.
Le denunciate disposizioni sono, infatti, rivolte ¾ più che a conformarestrutture e procedimenti, secondo modelli uniformi che possano reputarsivincolanti per la Provincia ricorrente ad enunciare principi diorganizzazione, riconducibili alle esigenze della necessaria valutazionetecnico-economica delle decisioni concernenti gli investimenti e delmonitoraggio su scala nazionale degli stessi, in vista della creazione di unquadro coordinato ed unitario, in raccordo anche con la disciplina dei fondicomunitari e con le relative tecniche di programmazione, valutazione,monitoraggio e verifica.
Come la stessa ricorrente non manca di riconoscere, si tratta, pertanto, dinorme fondamentali delle riforme economico-sociali che, essendo volte arealizzare una complessiva e profonda innovazione normativa in un settoreche assume importanza nazionale, sono suscettibili, come tali, dicondizionare, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, anche lalegislazione esclusiva delle Regioni e Province autonome (sentenza n. 4 del2000).
Quanto, poi, al rilievo della ricorrente Provincia secondo la quale ledisposizioni in parola sarebbero illegittime, in quanto consentirebbero ainuclei di intervenire nel processo decisionale, influenzandolo, si deveosservare che, anche quando questi sono chiamati a fornire il supportotecnico per le analisi di opportunità e fattibilità e per l'apprezzamento exante di progetti ed interventi, il loro contributo rimane pur semprecontenuto nei limiti di un'attività di ausilio tecnico-valutativo alledecisioni che competono alle singole amministrazioni. E, questo non senzarilevare che si tratta comunque di previsioni ascrivibili alla categoria dinorme sopra accennata, in un ambito che richiede l'applicazione di principiuniformi su tutto il territorio nazionale.
A salvaguardia delle competenze della ricorrente resta, peraltro, riservataalla Provincia ogni ulteriore determinazione in ordine al modo di essere diquesti nuovi organismi, secondo quanto dispone il comma 3, anch'essodenunciato, il quale prevede, come già detto, che le attività volte allacostituzione dei nuclei di valutazione e verifica sono esercitateautonomamente, sotto il profilo amministrativo, organizzativo e funzionale,dalle singole amministrazioni.
Né quest'ultima disposizione può ritenersi incostituzionale per il fatto cheessa impone di tener conto di strutture similari già esistenti, di evitareduplicazioni, come pure di provvedere ad elaborare, anche sulla base diun'adeguata analisi organizzativa, un programma di attuazione comprensivodelle connesse attività di formazione e di aggiornamento occorrenti allacostituzione e all'avvio dei nuclei.
E' evidente, infatti, che si tratta di norme sostanzialmente corrispondentia regole di buona amministrazione e funzionalmente legate da un rapporto dinecessaria integrazione con quelle contenute nei commi 1 e 2 dell'art. 1della legge n. 144 del 1999, concorrendo a realizzarne gli obiettiviriformatori, sì che le stesse, secondo l'orientamento più volte espressodalla Corte, partecipano della medesima natura di quelle che valgono adintegrare, beneficiando, perciò, della identica protezione costituzionale(sentenze n. 170 del 2001 e n. 477 del 2000).
4.¾ Del pari non fondata è la censura concernente il comma 9, disposizioneche, come risulta dagli atti preparatori della legge, persegue la finalitàdi una "mappatura" del territorio nazionale, attraverso la sua ripartizionein "Sistemi locali del lavoro", e cioè in comprensori territoriali conspecifiche caratteristiche funzionali riferite alle attività lavorative, trai quali vanno, poi, individuati i "distretti economico-produttivi", daintendere come agglomerazioni di attività organizzate ad impresa. L'esigenzache si intende in tal modo soddisfare è quella di nuovi modelli concettualied operativi che, prendendo a riferimento le attività lavorative eproduttive, consentano di rappresentare, in modo più adeguato, rispetto alletradizionali ripartizioni amministrative, le differenze di sviluppo dellediverse zone territoriali in cui si articolano Regioni e Province. E ciòanche in vista dell'erogazione di quote dei Fondi strutturali destinate allezone a cui si applica l'"Obiettivo 2" (art. 4 del regolamento CE n.1260/1999), ovvero degli aiuti in deroga, di cui all'art. 87.3.c delTrattato di Roma, in funzione del sostegno, anche comunitario, delle areeterritoriali in condizioni di particolare bisogno.
Secondo quanto risulta dalla deliberazione CIPE n. 65 del 3 maggio 2001, nelfrattempo intervenuta, la delimitazione dei Sistemi locali del lavoro, comepure la individuazione dei distretti economico-produttivi, è operata ¾previa istruttoria tecnica realizzata in ambito CIPE, e dunque con ilcoinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali interessati ¾ direttamenteda parte di ciascuna Regione o Provincia autonoma.
Ciò posto, è da escludere che la disposizione censurata sia lesiva delleattribuzioni della ricorrente, segnatamente nella parte in cui ¾ nelrichiedere l'apporto di Regioni e Province autonome alla costruzione di unquadro di conoscenze sulle caratteristiche economico-sociali delle singolezone ¾ stabilisce che le stesse operino sulla base dei criteri tecnicielaborati, secondo l'accennata procedura, in seno al CIPE.
Non lede l'autonomia provinciale la previsione, da parte del legislatorenazionale, di un'attività di rilevazione di dati e di attivazione di sistemiinformativi, alla luce, tra l'altro, di indirizzi tecnici forniti dal CIPE,organo dotato delle conoscenze necessarie in rapporto ai compiti previsti,tanto più trattandosi di esigenze che postulano un'azione unitaria einterventi destinati ad inserirsi nel più ampio quadro dei programmicomunitari.
5.¾ Fondata è, invece, la censura concernente il comma 4, il quale affidaad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l'indicazione delle"caratteristiche organizzative comuni dei nuclei", anche per quel cheattiene alla "spettanza di compensi agli eventuali componenti estranei allapubblica amministrazione", come pure a modalità e criteri "per laformulazione e la realizzazione dei programmi di attuazione", previsti alprecedente comma 3.
Quale che sia il carattere della norma testé ricordata, nella suaconnessione con i principi di riforma economico sociale contenuti nellalegge, lo Stato, come la Corte ha più volte affermato, non è legittimato adintervenire, nei rapporti con le Regioni e le Province autonome, sulla basedi presupposti e secondo modalità che non siano quelli stabilitidall'ordinamento (sentenza n. 169 del 1999). Ed è proprio alla luce deiprincipi che lo Stato è tenuto ad osservare che la disposizione vadichiarata illegittima, vuoi a considerare di natura regolamentare l'atto inessa prefigurato, vuoi a reputarlo un atto di indirizzo e coordinamento.
Nel primo caso, occorre rammentare l'orientamento della giurisprudenzacostituzionale secondo il quale i regolamenti statali non possono, di norma,disciplinare, in ragione della distribuzione delle competenze normative fraStato, Regioni e Province autonome, le materie spettanti a queste ultime(sentenza n. 169 del 1999, già citata).
Non diverse appaiono le conclusioni se si riconduce l'atto alla funzione diindirizzo e coordinamento, posto che in tanto possono configurarsi in capoad organi statali poteri riconducibili a tale funzione, in quanto sianorispettate le condizioni di ordine procedurale e sostanziale indicate dallagiurisprudenza di questa Corte: e cioè, essenzialmente, l'esercizio dellafunzione stessa attraverso atti collegiali del Governo, nel rispetto delprincipio di legalità sostanziale (sentenza n. 63 del 2000).
Avuto riguardo alla censura come prospettata in ricorso e, in particolare,al parametro invocato a suo sostegno, di tali condizioni difetta, per quelche concerne l'atto prefigurato nella denunciata disposizione, quantomenoquella relativa alla particolare procedura richiesta dall'art. 3 del decretolegislativo 16 marzo 1992, n. 266, il quale prevede, per l'efficacia degliatti di indirizzo e coordinamento nel territorio della Regione Trentino-AltoAdige e delle Province autonome, la consultazione dei predetti enti, secondole rispettive competenze, per quanto attiene alla compatibilità degli attistessi con lo Statuto speciale e le relative norme di attuazione.

Per questi motivi

CORTE COSTITUZIONALE

dichiara:
a) l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 4, della legge 17maggio 1999, n. 144 (Misure in materia di investimenti, delega al Governoper il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa chedisciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli entiprevidenziali), nella parte in cui ricomprende, fra i propri destinatari, laRegione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano;
b) non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi1, 2, lettere a) e c), 3 e 9, della predetta legge 17 maggio 1999, n. 144,sollevate dalla Provincia autonoma di Trento, con il ricorso in epigrafe, inriferimento agli artt. 8, numeri 1, 5, 9, 10, 17, 18, 20, 21, 23, 28 e 29;9, numeri 3, 4, 5 e 8; 16 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige,approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n.670, e alle relative norme di attuazione, in particolare all'art. 3 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266.
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