Sentenza del 7 maggio 2002, n. 199; Pres. Widmair – Est. Pantozzi Lerjefors
Ai fini dell'ammissibilità dell'intervento in giudizio, ciò che sostanzialmente rileva è la non coincidenza dell'interesse fatto valere con quello del ricorrente, posto che, coincidendo gli interessi, si avrebbe elusione della perentorietà del termine per la presentazione del ricorso principale.
Il ricorso cumulativo, o collettivo, è sempre ammissibile nel caso in cui gli atti impugnati abbiano lo stesso oggetto e contenuto, siano censurati per lo stesso motivo e non vi sia conflitto di interessi tra i ricorrenti.
In assenza di una norma specifica, la domanda di intervento deve ritenersi ammissibile se presentata entro il termine di 20 giorni liberi anteriori al giorno fissato per l'udienza di discussione del ricorso, termine previsto per la produzione di documenti dall'art. 23, co. 4, L. 6 dicembre 1971 n. 1034 e successive modifiche.
Le associazioni individuate nell'elenco di cui al decreto del Ministero dell'Ambiente dd. 20 febbraio 1987 ai sensi dell'art. 13 L. 8 luglio 1986 n. 349, mentre sono legittimate ad agire dinanzi al Giudice amministrativo limitatamente alla lesione di beni ambientali in senso stretto, in caso di intervento in giudizio possono invece far valere interessi latu sensu ambientali, nei quali deve farsi rientrare anche la salvaguardia di beni e complessi monumentali di interesse storico ed artistico, tutelati ai sensi della legge 1° giugno 1939 n. 1089.
In considerazione della portata di carattere generale di quanto disposto dall'art. 111 c.p.c., il principio della perpetuatiolegitimationis di cui al comma 1 e della facoltà d'intervento del successore a titolo particolare di cui al comma 3 si deve intendere pacificamente applicabile anche al processo amministrativo.
Le notificazioni dei provvedimenti attinenti ai vincoli imposti sui beni di particolare interesse artistico, storico, archeologico o etnografico di cui all'art. 5 bis L.P. 12 giugno 1975 n. 26 (inserito dall'art. 2 L.P. 16 giugno 1992 n. 19), vanno eseguite in forma amministrativa secondo le modalità prescritte dall'art. 53 R.D. 30 gennaio 1913 n. 363 (richiamato dall'art. 73 L. n. 1089 del 1939), le quali sono idonee a conseguire gli effetti della legale comunicazione dei provvedimenti ove questa abbia raggiunto i destinatari.
La notificazione dei provvedimenti relativi all'imposizione di vincoli su beni di particolare interesse storico o artistico non ha effetti costitutivi (come invece ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione da parte della Provincia in caso di alienazione fra privati), ma è preordinata esclusivamente a creare nel proprietario o possessore o detentore della cosa vincolata la conoscenza legale degli obblighi che incombono su di lui.
Con il termine “tutela specifica” contenuto nell'art. 5 bis L.P. 12 giugno 1975 n. 26, il legislatore provinciale intende riferirsi ad ogni bene d'interesse storico o artistico, da tutelare attraverso l'imposizione di un vincolo, sia in forma di tutela diretta sia in forma di tutela indiretta.
In virtù della potestà legislativa esclusiva in materia di “tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare” attribuita dall'art. 8 n. 3 dello Statuto, la Provincia autonoma di Bolzano, con l'art. 5 bis L.P. n. 26/1975 introdotto dalla L.P. n. 19/1992, ha stabilito che la competenza di proporre alla Giunta provinciale la dichiarazione di vincolo, sia diretto che indiretto, spetta al soprintendente provinciale per i beni culturali: ciò in difformità dalla normativa statale, alla quale, tuttavia, fino alla modifica intervenuta nel 1992, l'originaria legge n. 26 del 1975 aveva fatto espresso rinvio.
La facoltà d'imporre un vincolo indiretto su cose immobili d'interesse storico o artistico, prevista dall'art. 21 L. 1° giugno 1939 n. 1089, risponde all'esigenza di non recare danno all'immobile stesso – già soggetto a vincolo diretto – sotto i seguenti profili: della prospettiva e della luce (per assicurarne la visibilità complessiva), del decoro (per evitare nelle vicinanze l'insediamento di opere lesive dello stile e del significato storico-artistico dell'immobile) nonché dell'ambiente (ai fini della conservazione del bene tutelato nella cornice in cui è stato ideato e costruito).
La valutazione che l'Amministrazione compie quando decide di assoggettare un bene al vincolo di cui all'art. 1 L. 1° giugno 1939 n. 1089 (tutela diretta), è frutto di un'attività tecnico-discrezionale – non sindacabile in sede di legittimità se non sotto il profilo dell'adeguatezza della motivazione –, la quale esprime un apprezzamento circa l'interesse pubblico a tutelare quei beni che, attenendo direttamente o indirettamente all'arte, alla storia o alla cultura, sono giudicati meritevoli di conservazione. Anche nel caso d'imposizione di un vincolo indiretto, ai sensi dell'art. 21 L. n. 1089/1939, la valutazione dell'Amministrazione mantiene il suo carattere discrezionale, pur assumendo maggior rilievo la comparazione tra interessi pubblici e privati, in quanto la valutazione ha per oggetto una ponderazione circa la globale consistenza della c.d. cornice ambientale, la quale si estende fino a comprendere ogni immobile, anche non contiguo, posto in prossimità del bene principale.
E' legittima l'imposizione di prescrizioni vincolistiche a vantaggio di una struttura architettonica di pregio (nella specie, della residenza “Gerstburg” di Bolzano), essendo ininfluente la circostanza che, nel recente passato, sia stata consentita la realizzazione di edifici adiacenti al bene tutelato, giacchè tali precedenti non possono costituire ostacolo al vincolo imposto, in considerazione di nuovi orientamenti o più approfonditi accertamenti che fossero successivamente intervenuti.
Le finalità della tutela indiretta, contemplata dall'art. 21 della legge n. 1089/1939, sono del tutto diverse da quelle della tutela diretta, e non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità tra di esse.
La preesistenza, al momento dell'imposizione di vincoli archeologici ed artistici, di strumenti urbanistici aventi diversa destinazione, non pregiudica l'esercizio da parte dell'Amministrazione dei poteri previsti dalla legge 1° giugno 1939 n. 1089.
Nell'ipotesi in cui il ricorrente tragga la conoscenza dei documenti, che giustificano i motivi aggiunti, da atti e documenti depositati in giudizio dall'Amministrazione resistente, occorre distinguere tra il caso in cui i documenti siano dimessi dall'Amministrazione in sede di costituzione in giudizio, e il caso in cui i documenti siano depositati in segreteria successivamente alla costituzione in giudizio. Nel primo caso, il termine inizia a decorrere dal giorno del deposito in segreteria, sussistendo una presunzione di conoscenza a carico del ricorrente, cui incombe l'onere di accertare in segreteria l'eventuale deposito; nel secondo caso, il termine inizia invece a decorrere dal momento della effettiva conoscenza da parte del ricorrente, non potendosi porre a carico del difensore un onere di controllo giornaliero.