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Corte costituzionale - Sentenza N. 418 del 28.07.1995
Condono edilizio

Sentenza (21 luglio) 28 luglio 1995, n. 418; Pres. Baldassarre – Red. Chieppa
 
Ritenuto in fatto: 1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato la Provincia autonoma di Trento impugna l'art. 39, comma 21, 1. 23 dicembre 1994 n. 724, per contrasto con 1'art. 8, nn. 3, 5, 6, 16, 17, 21 e 24; con l'art. 9, n. 9, e l'art. 16 dello statuto speciale di cui al d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 e relative norme di attuazione, nonché con l'art. 2 d.lgs. 16 marzo 1992 n. 266.
La ricorrente, premesso che la disciplina del nuovo condono edilizio introdotta con numerosi decreti-legge reiterati e non convertiti, è stata sostanzialmente riprodotta e trasferita quasi per intero nell'art. 39 l. n. 724 del 1994 (il quale riproduce, con l'aggiunta di alcune modifiche, l'art. 1 d. l. n. 644 del 1994) censura il comma 21 (nuovo) dello stesso art. 39 il quale statuisce che « le disposizioni del presente articolo non si applicano alle regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e Bolzano, se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti delle stesse e dalle relative norme di attuazione ad esclusione di quelle relative alla misura dell'oblazione ed ai termini per il versamento di questa ».
Preliminarmente il ricorso sottolinea che la provincia è titolare di competenza legislativa esclusiva e di competenza amministrativa in materia di urbanistica, di piani regolatori e di tutela del paesaggio, nonché nelle altre materie elencate nelle disposizioni statutarie che si assumono violate e che la disciplina del condono edilizio rientra a pieno titolo nell'ambito della materia di competenza primaria della provincia. Sicché le disposizioni della legge statale non sarebbero applicabili nel territorio della provincia in quanto incompatibili con le attribuzioni spettanti a quest'ultima. Inapplicabilità  prevista dalla stessa norma censurata la quale, tuttavia, contiene una eccezione « per quanto riguarda le disposizioni relative alla misura dell'oblazione ed ai termini per il versamento di questa ». Il che farebbe supporre, ad avviso della ricorrente, la immediata applicabilità di quest'ultima disposizione nel territorio della provincia.
Ciò, tuttavia, contrasterebbe con il disposto della norma di attuazione di cui all art. 2 d.lgs. 16 marzo 1992 n. 266 per il quale le leggi statali che sopravvengono in materia di competenza provinciale non si applicano nella provincia a preferenza delle leggi provinciali, sebbene queste ultime debbano essere adeguate alle nuove norme statali, costituenti limiti statutari alla competenza provinciale, entro sei mesi. Con la conseguenza che il disposto concernente l'applicabilità immediata sarebbe in contrasto con le norme di attuazione.
2. Non solo ma, ad avviso della provincia ricorrente, la clausola del comma 2 dell'art. 39 sembrerebbe da intendersi nel senso che se la normativa sul condono fosse derogabile dalla legislazione provinciale nell'esplicazione delle competenze spettanti in materia alla provincia, non potrebbe derogarsi in ordine alla misura ed ai termini per il versamento della oblazione. Sennonché, secondo la ricorrente, l'applicazione immediata di queste ultime disposizioni « trascinerebbe con sé l'applicazione dell'intera disciplina sul condono »; la legge statale, infatti, stabilendo dettagliatamente le misure dell'oblazione corrispondente alle tipologie di abuso, la misura dei tributi di concessione dovuti, precostituirebbe (con il concorso del versamento della oblazione e delle altre condizioni richieste dalla legge) « in modo vincolante » una situazione di pretesa del privato, volta ad ottenere la concessione o l'autorizzazione in sanatoria, sicché l'eventuale, successiva disciplina provinciale, difforme nel contenuto da quella statale, determinerebbe una situazione di « scopertura » per quegli abusi per i quali fosse stata versata l'oblazione nel termine fissato dalla legge statale, ma che non risultassero più condonabili in base alla diversa legislazione provinciale. Con la conseguenza che la provincia, almeno in via di fatto, si vedrebbe preclusa la possibilità di disciplinare autonomamente il condono, in modo anche parzialmente difforme dalla legge statale. Tutto ciò, secondo la provincia, potrebbe essere evitato ove la norma censurata venisse intesa nel senso che le disposizioni relative alla misura della oblazione ed ai termini per il versamento di questa siano applicabili nel territorio della provincia, limitatamente ai soli effetti penali, cioè all'estinzione del reato, mentre gli ulteriori effetti potrebbero prodursi solo ove entrasse in vigore una normativa provinciale e nei limiti e alle condizioni stabilite da detta normativa. Nel qual caso la ricorrente asserisce di non avere doglianze circa la lesione della propria competenza.
Nella denegata ipotesi che l'ambito di operatività della disposizione censurata sia diverso da quello ora formulato, la provincia ritiene che essa sia lesiva della propria competenza legislativa e amministrativa.
3. È intervenuto nel giudizio davanti a questa Corte il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale chiede che il ricorso sia respinto.
Osserva l'Avvocatura che la ricorrente impugna il comma 21 dell'art. 39 l. n. 724 del 1994, pur riconoscendo che esso prevede « espressamente »la non applicabilità delle proprie disposizioni se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano
Ciò detto, l'Avvocatura ritiene che il dubbio della ricorrente, in ordine alla immediata applicabilità nel territorio provinciale delle disposizioni concernenti la misura dell'oblazione e i termini di versamento, ed al conseguente possibile « trascinamento » di tutte le altre disposizioni sul condono edilizio, sia infondato.
Invero nella disposizione censurata non sarebbe riscontrabile alcuna lesione alle attribuzioni costituzionali della provincia: essa disporrebbe in materia di esclusiva competenza statale e per il solo caso che la provincia intenda applicare, « In tutto o in parte e con le modificazioni che ritenga di applicare la disciplina sulla sanatoria degli abusi edilizi ».
4. Di conseguenza l'interpretazione della norma censurata paventata dalla provincia autonoma, in virtù della quale l'oblazione trascinerebbe con sé la sanatoria edilizia, andrebbe, per così dire, « rovesciata » nel senso che sarebbe la sanatoria, ove prevista, che trascinerebbe con sé, inevitabilmente, l'estinzione dei reati in materia. Ovvero, la riserva del legislatore statale, in ordine alla misura ed ai tempi del pagamento necessario per ottenere l'oblazione delle sanzioni penali (appartenenti alla potestà punitiva statale), non significherebbe che la legge statale imponga l'oblazione, né, tanto meno, che imponga la sanatoria delle opere abusive. Di conseguenza le leggi provinciali, che hanno competenza in materia urbanistica, potrebbero rendere liberamente applicabile la sanatoria edilizia agli abusi commessi nel territorio di loro competenza, ampliando o modificando le condizioni della sanatoria stessa con il solo limite del divieto di modifica della misura e dei termini della oblazione previsti dalla legislazione statale. E con l'ulteriore conseguenza che, se non viene emanata alcuna legge regionale o provinciale di sanatoria degli abusi edilizi e quindi se le norme sulla sanatoria sono inapplicabili nel territorio regionale o provinciale, resterebbe inapplicabile anche l'oblazione dei reati previsti per gli abusi stessi.
In altri termini il legislatore statale non avrebbe disposto la immediata applicabilità della oblazione per i reati edilizi ma avrebbe, invece, rimesso detta applicabilità al recepimento  nella legislazione provinciale della normativa statale sulla sanatoria. Con la conseguenza che non sarebbe configurabile alcuna lesione alle attribuzioni costituzionali della provincia
 
Considerato in diritto: 1. La Provincia autonoma di Trento impugna l'art. 39, comma 21, l. 23 dicembre 1994 n. 724, il quale dispone che le disposizioni in esso previste non si applicano alle regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano, se incompatibili con le attribuzioni statutarie, nonché con quelle previste dalle relative norme di attuazione « ad esclusione di quelle relative alla misura dell'oblazione ed al termini per il versamento di questa ». La provincia ricorrente ritiene che detta norma, ove non sia interpretata nel senso che le norme relative alla misura dell'oblazione ed ai termini per il versamento di questa siano applicabili nella provincia limitatamente ai loro effetti penali, violi 1'art. 8, nn. 3, 5, 6, 16,17, 21 e 24;1'art. 9, n. 9; l'art. 16 dello statuto speciale di cui al d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 e relative norme di attuazione, nonché l'art. 2 d.lgs. 16 marzo 1992 n. 266. Vi sarebbe, infatti, incompatibilità tra le attribuzioni spettanti alla stessa provincia, titolare di competenza amministrativa in materia di urbanistica, di piani regolatori e di tutela del paesaggio, nonché nelle altre materie elencate nelle disposizioni statutarie che si assumono violate (sicché la disciplina del condono edilizio rientrerebbe a pieno titolo nell'ambito della materia di competenza primaria della provincia) e la norma censurata che sarebbe, pertanto, inapplicabile nel territorio della ricorrente.
Il ricorso è inammissibile.
Esso risulta, infatti, proposto per il caso che la norma censurata disponga la immediata applicabilità nel territorio provinciale delle disposizioni concernenti la misura dell'oblazione ed i termini per il versamento di questa con il conseguente possibile « trascinamento », di tutte le altre disposizioni sul condono e con l'ulteriore conseguenza che la provincia, munita di competenza esclusiva in materia urbanistica e di tutela del paesaggio, almeno in via di fatto, potrebbe vedersi preclusa la possibilità di disciplinare autonomamente il condono.
Il tutto, sebbene l'art. 39, comma 21, censurato, sia formulato testualmente nel senso della inapplicabilità delle proprie disposizioni ove incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano: tra queste norme di attuazione deve essere richiamato in primo luogo l'art. 2 d.lgs. 16 marzo 1992 n. 266.
2. Va, preliminarmente, osservato che l'intervenuto Presidente del Consiglio del Ministri ha espressamente riconosciuto che la disposizione censurata (condono sanatoria degli abusi edilizi) è applicabile nel territorio della provincia solo nel caso che questa ultima intenda attuare in tutto o in parte, e con le modificazioni che ritenga di applicare, la disciplina sulla sanatoria degli abusi edilizi. Ne consegue che la riserva del legislatore statale, In ordine alla misura ed ai tempi del pagamento necessario per ottenere l'oblazione delle sanzioni penali (certamente appartenenti alla potestà punitiva statale ed estranee alla competenza legislativa provinciale) non significa che la legge statale imponga l'oblazione, né, tanto meno, che imponga la sanatoria delle opere abusive, ma semplicemente che le leggi provinciali possono rendere liberamente applicabile il condono-sanatoria edilizia (cui segue in forza di norma statale l'effetto di oblazione per le sanzioni penali) agli abusi commessi nel territorio di loro competenza, ampliando o modificando le condizioni della sanatoria stessa e con il solo limite del divieto di modifica della misura e dei termini della oblazione previsti dalla legislazione statale, e senza incidere sull'oblazione delle sanzioni penali e sui procedimenti penali relativi. L'anzidetta interpretazione, in piena sintonia con l'art. 2 d.lgs. 16 marzo 1992 n. 266, ha trovato concorde la difesa della Provincia autonoma di Trento, anche in sede di discussione, ed ha trovato conferma nell'attuazione concreta e puntuale del legislatore provinciale. Infatti la legge provinciale 18 aprile 1995 n. 5 (Definizione agevolata delle violazioni edilizie), in conformità del combinato disposto dell'art. 39, comma 21, l. n. 724 del 1994, e dell'art. 2 d.lgs. 16 marzo 1992 n. 266, ha, alla luce dei principi surrichiamati, disciplinato le condizioni ed i limiti della sanatoria delle opere abusive, relative al territorio di propria competenza, osservando l'unico limite espressamente sancito dall'art. 2, comma 5, della stessa legge provinciale n. 5 del 1995, ai sensi del quale: « E fatta salva la disciplina statale concernente la misura dell'oblazione ed i termini per il versamento di questa ». Ne consegue che non sussiste un interesse al ricorso da parte della Provincia autonoma di Trento.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39, comma 21, 1. 23 dicembre 1994 n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), sollevata dalla Provincia autonoma di Trento in riferimento all'art. 8, nn. 3, 5, 6, 16,17, 21 e 24; all'art. 9, n. 9; all'art. 16 dello statuto speciale dì cui al d. P.R. 31 agosto 1972 n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), e relative norme di attuazione nonché all'art. 2 d.lgs. 16 mazzo 1992 n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), con il ricorso indicato in epigrafe.