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Corte costituzionale - Sentenza N. 633 del 10.06.1988
Rilascio di permessi di ricerca mineraria - Erogazione di incentivi

Sentenza (8 giugno) 10 giugno 1988, n. 633; Pres. Saja - Red. Ferri
 
Ritenuto in fatto: 1.1. Con ricorsi sostanzialmente identici notificati il 18 novembre 1982, le Province autonome di Bolzano e Trento hanno sollevato questione di legittimità costituzionale di numerose disposizioni della l. 6 ottobre 1982 n. 752 (« Norme per l'attuazione della politica mineraria »), in riferimento agli artt. 8 nn. 5, 6, 14, 17 e 19; 9 nn. 3 e 8; 16 e 78 st. spec. Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670) e relative norme d'attuazione.
Le ricorrenti rilevano che l'art. 8 st. spec. attribuisce ad esse competenza legislativa primaria in diverse materie, variamente interessate all'oggetto della legge impugnata. In primo luogo, il n. 14 del detto articolo conferisce tale competenza alle Province autonome in materia di «miniere» ed infatti l'art. 4 d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115 ha trasferito ad esse tutte le miniere già di proprietà della Regione (e ancor prima dello Stato). In virtù di tali trasferimenti le Province hanno più volte esercitato la propria potestà legislativa in materia.
Ciò nonostante, la legge impugnata — che non è certo una legge di riforma economico-sociale, né costituisce adempimento di obblighi internazionali dello Stato — detta una disciplina contenente, da un lato, alcuni princìpi relativi all'intervento pubblico in materia mineraria e all'attività di ricerca e di coltivazione delle miniere, nonché, dall'altro, un'ampia e minuziosa normativa di dettaglio, anch'essa, come quella di principio, del tutto incompatibile con la disciplina già posta da varie leggi provinciali e in genere con le attribuzioni costituzionalmente spettanti alle ricorrenti, che consentirebbero allo Stato tutt'al più di formulare indirizzi e princìpi di carattere generalissimo. Né, ad avviso delle ricorrenti, vale ad eliminare tali censure la formula di salvezza delle competenze provinciali contenuta nel comma ult. dell'art. 1 della legge, trattandosi di norma ambigua (in quanto identica a quella, di cui al comma precedente, relativa alle Regioni a statuto ordinario, che non hanno competenze proprie in materia mineraria) e comunque contraddetta dalle concrete disposizioni successive.
Passando, quindi, ad esaminare queste ultime, le ricorrenti svolgono, in sintesi, le seguenti argomentazioni:
a) l'art. 3, concernente i programmi quinquennali per l'aggiornamento e l'integrazione delle conoscenze sulle risorse minerarie e per la promozione della ricerca, lede le competenze provinciali nella parte in cui (commi da 5 a 8) esclude la possibilità di nuovi permessi di ricerca nelle zone e per i minerali interessati dai programmi quinquennali e riserva al Ministro dell'industria di consentire l'esecuzione dei permessi di ricerca già accordati. La disciplina, regolando analiticamente materie di competenza provinciale (ricerca mineraria e disciplina dei relativi permessi), è incostituzionale anche perché si pone in puntuale contrasto con la disciplina già dettata dalle Province. Né tale lesione delle competenze provinciali è evitata dal fatto che il comma 5 le « faccia salve », trattandosi di riserva fittizia, data l'applicabilità dell'art. 3 anche alle Province autonome e alle Regioni a statuto speciale, queste ultime espressamente richiamate nel penultimo e ultimo comma. Quanto, poi, al comma 7, concernente i provvedimenti relativi ai permessi di ricerca già concessi, è incostituzionale in quanto prevede una semplice « audizione » degli organi delle Regioni a statuto speciale — e non, come avrebbe dovuto, un accordo o un'intesa (v. sent. n. 180 del 1976 Corte cost.) — e, comunque, perché, unitamente al successivo comma 8, omette di menzionare le Province autonome.
b) L'art. 4, concernente la ricerca di base, è incostituzionale là dove (comma 3) riserva al Ministro dell'industria detta attività, sicuramente compresa nella competenza legislativa delle ricorrenti, peraltro già esercitata. La lesione è in re ipsa e non è quindi evitata dal fatto che l'attività m questione è svolta dal Ministro « nel rispetto delle competenze » provinciali. Essa è poi comprovata dall'art. 6, il quale, nel prevedere la dichiarazione, da parte del Ministro dell'industria, delle aree « indiziate per minerale » a conclusione della ricerca di base, contempla un mero parere dei competenti organi delle Regioni a statuto speciale, non menzionando neppure le Province autonome. Analoga censura viene rivolta all'art. 5, concernente i decreti ministeriali con i quali vengono dichiarate le aree nelle quali dar corso ad una ricerca « operativa » (art. 8 della legge).
c) Circa l'art. 7, secondo cui la competenza sulle richieste di titoli minerari per le aree indiziate per minerale ai sensi degli artt. 5 e 6 spetta al Ministro dell'industria secondo il procedimento di cui al penultimo comma dell'art. 3, le ricorrenti ribadiscono i motivi di censura già indicati per il menzionato art. 3.
d) Anche gli artt. 9 commi 4, 5 e 6 e 12 comma 6, concernenti rispettivamente la disciplina dei contributi e dei contributi in conto interessi, la cui concessione viene riservata al Ministro dell'industria, sono lesivi della competenza primaria delle ricorrenti, già esercitata. Anche in questo caso, poi, la previsione di una « intesa » con gli organi delle regioni a statuto speciale, contenuta in entrambe le norme censurate, non salva la normativa dalla incostituzionalità, sia perché la valutazione del Ministro resta determinante, sia perché anche qui non sono menzionate le Province autonome. L'incostituzionalità è poi avvalorata dal fatto che il comma 5 dell'art. 9 attribuisce ad un organo statale, l'ufficio distrettuale delle miniere, il controllo sulla rispondenza delle opere eseguite al piano tecnico finanziano e sulla congruità delle spese sostenute; e che, ai sensi del comma 6, le varianti sono sottoposte all'approvazione, anziché degli uffici provinciali, dei « competenti organi delle Regioni a statuto speciale ».
e) L'art. 14 commi 1 e 5, concernente i provvedimenti del CIPI relativi al mantenimento di miniere in stato di potenziale coltivazione, e l'art. 15 commi 1 e 2, concernente la delibera del CIPI circa il mantenimento in fase produttiva (o la riattivazione) di miniere che diano luogo a perdite di gestione, ledono anch'essi le attribuzioni delle Province ricorrenti soprattutto in quanto non prevedono almeno una previa « intesa » con esse. Il comma 5 dell'art. 14 è poi censurato anche perché riserva al Ministro la vigilanza sulle attività minerarie (mentre l'art. 57 l.p. Bolzano n. 67 del 1978 affida tale vigilanza all'ufficio minerario provinciale).
f) Tutte le disposizioni fin qui censurate lederebbero, ad avviso delle ricorrenti (oltre a quella in materia di miniere) anche la competenza legislativa primaria ad esse spettante in materia di « urbanistica e piani regolatori », « tutela del paesaggio », « viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale », « assunzione diretta di servizi pubblici e loro gestione a mezzo di aziende speciali » (art. 8 nn. 5, 6, 17 e 19 st. spec. e relative norme d'attuazione) e, di conseguenza, anche l'art. 16 stesso st.
g) La l. n. 752 del 1982 risulterebbe, altresì, lesiva, proseguono le ricorrenti, anche della loro competenza legislativa concorrente in materia di « commercio » e di « incremento della produzione industriale », di cui all'art. 9 nn. 3 e 8 st. spec. In particolare, quest'ultima competenza (il cui trasferimento è stato ulteriormente disciplinato dal d.P.R. n. 1017 del 1978) risulterebbe violata dai menzionati artt. 14 e 15 della legge.
h) Infine, una ulteriore lesione dell'autonomia provinciale risiederebbe nel fatto che l'art. 20 della legge non devolve alle ricorrenti nessuna quota degli stanziamenti ivi previsti, in violazione delle statuizioni contenute negli artt. 15 e 78 st. spec.
1.2. Si è costituito in entrambi i giudizi il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, concludendo per il rigetto dei ricorsi.
L'Avvocatura premette che la l. 6 ottobre 1982 n. 752 è diretta ad impostare una politica mineraria in relazione alle esigenze sia di carattere economico che di carattere militare del Paese. Essa assolve alla necessità di avviare un processo di globale ristrutturazione del settore, fondato su di una ricerca strategica di base da condurre secondo moderne tecnologie e tecniche esplorative, e di definire un preciso quadro programmatico idoneo ad assicurare il soddisfacimento dell'esigenza fondamentale dell'approvvigionamento delle materie prime essenziali allo sviluppo del Paese e ad alleggerire il peso delle importazioni di minerali nella bilancia commerciale italiana. I modi di attuazione pratica di tali finalità risultano, ad avviso dell'Avvocatura, sostanzialmente rispettosi delle autonomie garantite a livello costituzionale.
Innanzitutto, infatti, la formula di salvezza contenuta nel comma 2 dell'art. 1 della legge, che le ricorrenti ingiustificatamente svalutano, si offre invece come criterio guida nell'interpretazione delle disposizioni che seguono. Inoltre, l'Avvocatura sottolinea che sia alle riunioni del CIPE, che determina gli indirizzi di politica mineraria, sia a quelle del CIPI, che approva i programmi quinquennali di cui all'art. 3, partecipano i Presidenti delle Giunte regionali e delle Province autonome (art. 16 comma 9 l. n. 48 del 1967 e art. 1 l. n. 675 del 1977).
Comunque, la pianificazione prevista dalla legge impugnata non costituisce semplice coordinamento d'interessi regionalmente localizzati (peraltro le attribuzioni in materia delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome non sono omogenee e concernono esclusivamente le miniere « terrestri »), ma soddisfa un interesse fondamentale e non frazionabile dell'intera comunità nazionale.
Passando all'esame delle singole censure prospettate dalle ricorrenti, l'Avvocatura osserva:
a) l'operatività delle disposizioni dei commi 5, 6, 7 ed 8 dell'art. 3 è espressamente condizionata al rispetto delle competenze specifiche delle Regioni e Province ad autonomia differenziata, attraverso il richiamo al comma 2 dell'art. 1. La valutazione poi che il Ministero dell'industria è chiamato ad esprimere sui progetti di ricerca è preordinata ai fini dei finanziamenti e delle contribuzioni di cui agli artt. 9 e 12, mentre non tocca la disciplina delle competenze sui rilasci, revoche ed eventuali decadenze dei permessi di ricerca già rilasciati.
Inoltre, il controllo sull'esecuzione dei progetti interessanti il territorio delle Regioni a statuto speciale è esercitato dai competenti organi di queste, in quanto la competenza degli ingegneri capo del distretto minerario è prevista soltanto per il residuo territorio nazionale: in tal senso disgiuntivo sembra, infatti, doversi interpretare, ad avviso dell'Avvocatura, il comma ult. dell'art. 3.
Infine, della mancata menzione delle Province autonome nei commi 7 ed 8 le ricorrenti non hanno motivo di dolersi, dal momento che esse devono ritenersi implicitamente incluse in ogni riferimento alle Regioni a statuto speciale (cfr. sent. n. 190 del 1976).
b) L'attività di ricerca di base, presupposto indispensabile di una seria politica mineraria (come sottolineato anche nella relazione alla legge in questione), è stata affidata in via di principio allo Stato, che può svolgerla direttamente o tramite l'ENI.
Ciò non toglie, peraltro, che la ricerca di base concernente l'ambito spaziale delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome debba attuarsi nel rispetto delle competenze di queste, come espressamente sancito dal comma 3 dell'art. 4: eventuali concreti problemi di raccordo tra l'azione programmatica statale (preordinata al soddisfacimento di primarie esigenze nazionali) e l'azione regionale non possono, quindi, che trovare soluzione coerente alla previsione di garanzia dell'autonomia delle ricorrenti.
Nessuna lesione può riscontrarsi nelle disposizioni degli artt. 5 e 6, che prevedono un'attività del Ministro meramente pubblicizzatoria di precedenti acquisizioni tecniche e da svolgere, comunque, previa consultazione dei competenti organi delle Regioni e Province ad autonomia differenziata.
c) La valutazione del Ministro dell'industria sui programmi di ricerca e di sviluppo, di cui all'art. 7, non incide sulle competenze al rilascio dei titoli richiesti, ma rileva soltanto ai fini della concessione dei contributi, ad esclusivo carico dello Stato, di cui all'art. 9.
d) Le previsioni degli artt. 9 e 12 riguardano esclusivamente le agevolazioni che lo Stato assume a proprio esclusivo carico e non escludono un separato regime di contribuzione definito da Regioni o Province ad autonomia speciale per iniziative d'interesse locale.
Anche le contribuzioni statali, poi, allorché interessino il territorio di queste ultime, sono concesse d'intesa con i loro organi competenti. Correlativamente, a norma del comma 6 dell'art. 9, eventuali varianti di ordine tecnico al piano che non comportano aumento della spesa totale sono approvate (per il rispettivo territorio) dai competenti organi degli enti di autonomia speciale (sempre dovendosi intendere il riferimento alle Regioni a statuto speciale come comprensivo anche degli organi delle Province autonome).
Infine, il fatto che il controllo sulla sola rispondenza delle opere al piano tecnico finanziario e sulla congruità della spesa sostenuta sia rimesso ad un organo statale non scalfisce le competenze delle ricorrenti, trattandosi di contribuzioni a carico esclusivo dello stato e di attività di riscontro che non incide su valutazioni di competenza degli enti di autonomia.
e) Quanto agli artt. 14 e 15, premesso che, come già detto, alle riunioni del CIPI partecipano (ove trattisi di miniere site nel territorio delle Province ricorrenti) i Presidenti di detti enti, essi non toccano l'aspetto dominicale delle competenze delle Regioni o Province nel cui territorio è compresa la miniera oggetto dei provvedimenti, bensì prevedono poteri statali limitati nel tempo ispirati al principio generale di garantire il minimo indispensabile alle esigenze del Paese e non incidono, se non marginalmente e in senso positivo, su interessi radicati in loco, favorendo lo stato occupazionale e il mantenimento in efficienza dell'apparato produttivo della miniera.
f) Circa la lamentata lesione della competenza primaria delle ricorrenti (e delle corrispondenti attribuzioni amministrative) garantita dall'art. 8 nn. 5, 6, 17 e 19 st., le censure, ad avviso dell'Avvocatura, sono inammissibili perché assolutamente generiche e, comunque, infondate.
g) Le considerazioni già svolte sub e) valgono a dimostrare l'infondatezza dell'ulteriore censura relativa agli artt. 14 e 15 per violazione delle competenze provinciali in materia di commercio e di incremento della produzione industriale. Tra l'altro, l'Avvocatura sottolinea il carattere assolutamente transitorio del potere previsto dall'art. 15.
h) Quanto, infine, all'art. 20, la censura di violazione dell'art. 78 st. spec. è infondata in quanto, prevedendo la l. n. 752 spese a carico dello Stato per funzioni di competenza statale anche nel territorio delle ricorrenti, non sussistono i presupposti per l'attribuzione ad esse di una quota degli stanziamenti in questione.
2.1. Con ricorso notificato il 23 luglio 1984, la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 3 commi 3 e 6, 6 commi 1, 5 e 6 e 7 l. 15 giugno 1984 n. 246 (« Integrazioni e modifiche al d.P.R. 9 aprile 1959 n. 128, contenente norme di polizia delle miniere e delle cave, nonché alla l. 6 ottobre 1982 n. 752, concernente l'attuazione della politica mineraria »), in riferimento agli artt. 8 nn. 5, 6, 14, 17 e 19; 9 nn. 3 e 8; 15 comma 1; 16 comma 1; e 78 st. spec. T.-A.A.
Richiamato nelle sue linee essenziali il precedente ricorso del 18 novembre 1982, relativo alla l. n. 752 del 1982, la ricorrente in particolare deduce:
a) il comma 3 dell'art. 3 l. n. 246 del 1984 aggiunge un periodo al comma 3 dell'art. 4 l. n. 752 del 1982, secondo il quale, per lo svolgimento dell'attività di ricerca di base nel territorio delle Regioni a statuto speciale, il Ministro dell'industria può stipulare convenzioni, separatamente o in compartecipazione con l'ENI, anche con enti e imprese minerarie di emanazione regionale, purché di comprovata competenza nel campo della ricerca di base. Tale integrazione all'art. 4 l. n. 752 del 1982 non elimina l'incostituzionalità del testo originario, ma anzi è essa stessa viziata per gli stessi motivi (violazione degli artt. 8 nn. 5, 6, 14, 17 e 19; 9 nn. 3 e 8; 16 st. spec. e relative norme d'attuazione) già evidenziati nel primo ricorso, in quanto la nuova norma ribadisce il principio della riserva allo Stato della ricerca mineraria di base. Inoltre, la possibilità di stipulare convenzioni con enti o imprese regionali non tiene conto del fatto che le competenze in materia mineraria sono riservate alla Provincia e non all'ente Regione.
b) II comma 6 dell'art. 3 l. n. 246 del 1984, che sostituisce integralmente l'art. 13 l. n. 752 del 1982, prevede, in particolare, che le agevolazioni previste dalla l. n. 752, mentre non sono cumulabili con quelle previste da altre leggi statali, sono invece cumulabili con quelle concesse da Regioni a statuto speciale, dalle Province autonome, o da organismi comunitari o da enti e organismi internazionali nei limiti da stabilire con delibera del CIPE.
Tale nuova disciplina (il testo originario dell'art. 13 non faceva alcun riferimento alle Province autonome) viola gli articoli dello statuto citati sub a) sia perché conferma la competenza del Ministro dell'industria a concedere contributi nella materia de qua, sia perché disciplinando la cumulabilità delle agevolazioni statali con quelle di competenza delle Province autonome invade ulteriormente le competenze di queste ultime.
c) Gli artt. 6 commi 1, 5 e 6, e 7 l. n. 246 del 1984 introducono una ulteriore disciplina dei contributi già regolati dalla l. n. 752 del 1982. La nuova disciplina viola, ad avviso della ricorrente, oltre alle norme statutarie già richiamate (in quanto ribadisce la competenza del Ministro a disporre contributi finanziari nella materia de qua), anche gli artt. 15 comma 1, e 78 st. spec., sia perché non è stato disposto il trasferimento pro quota alla Provincia degli stanziamenti disposti, sia perché non si è all'uopo proceduto all'accordo fra Governo e Provincia per la determinazione della quota di spettanza di quest'ultima.
2.2. Con ricorso notificato il 23 luglio 1984, la Provincia autonoma di Trento ha anch'essa impugnato la l. n, 246 del 1984, ma limitatamente all'art. 3 commi 3 e 6 per violazione degli artt. 8 nn. 14 e 17, 9 n. 8 e 16 st. spec. T.-A.A. Il ricorso, in tali più ristretti limiti, contiene argomentazioni identiche a quelle svolte dalla Provincia di Bolzano nel ricorso di cui al punto precedente.
2.3. Si è costituito in entrambi i giudizi il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, concludendo per il rigetto dei ricorsi.
Richiamati, in linea generale, gli atti di costituzione relativi ai ricorsi delle Province autonome avverso la l. n. 752 del 1982, l'Avvocatura in particolare, deduce:
a) quanto all'art. 3 comma 3 l. n. 246, è chiaro che le Province autonome devono ritenersi implicitamente incluse nel riferimento agli enti e imprese di « emanazione regionale » (sent. n. 190 del 1976);
b) circa il comma 6 dello stesso art. 3, che sostituisce l'art. 13 l. n. 752 del 1982, le censure sono, innanzitutto, inammissibili, in quanto non era stato impugnato a suo tempo l'originario art. 13, che sanciva in generale il divieto di cumulo delle agevolazioni statali con quelle previste da « altre leggi », mentre il nuovo testo limita la non cumulabilità alle agevolazioni stabilite da leggi statali; in ogni caso, il limite del cumulo opera con esclusivo riguardo alle agevolazioni previste dalla stessa l. n. 752 e non vale quindi a contenere la misura delle agevolazioni attribuite dalle Province ricorrenti. Inoltre, un limite complessivo del cumulo è previsto, nel comma 3 dell'art. 13 novellato, esclusivamente per le località interessate dalle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno;
c) quanto, infine, ai censurati artt. 6 e 7, la disciplina delle agevolazioni che lo Stato assume a suo carico non incide sul separato regime di contribuzione finanziaria eventualmente definito da Regioni o Province ad autonomia speciale per iniziative di interesse meramente locale. Ribadisce, poi, l'Avvocatura che non sussistono nella fattispecie i presupposti per l'attribuzione alle Province ricorrenti di una quota degli stanziamenti in questione.
3. Le Province di Bolzano e di Trento, nell'imminenza dell'udienza, hanno depositato unica memoria aggiuntiva per tutti i giudizi, ribadendo le argomentazioni già svolte ed insistendo per l'accoglimento dei ricorsi.
 
Considerato in diritto: 1. I giudizi; concernendo questioni identiche o strettamente connesse, possono essere riuniti e decisi con Unica sentenza.
2. Come analiticamente esposto in narrativa, le Province di Trento e Bolzano sollevano questione di legittimità costituzionale di varie disposizioni delle l l. 6 ottobre 1982 n. 752 («Norme per l'attuazione della politica mineraria») e 15 giugno 1984 n. 246 (recante integrazioni e modifiche alla prima), per violazione di numerose norme dello statuto speciale per il T.-A.A., prima fra tutte l'art. 8 n. 14 il quale attribuisce alle ricorrenti competenza legislativa primaria in materia di miniere.
3. La l. 6 ottobre 1982 n. 752, come risulta ampiamente dai lavori preparatori, fu emanata allo scopo di dare una soluzione organica ed efficace al problema relativo alla ricerca e alla coltivazione delle materie prime minerarie, problema che aveva assunto, dopo la crisi energetica del 1973, aspetti di particolare rilevanza ed urgenza.
Da un lato, infatti, si erano sperimentate le difficoltà provocate dall'insicurezza dei rifornimenti e dalla lievitazione dei costi delle materie prime, difficoltà comuni a tutti i Paesi ad economia industriale, ma particolarmente gravi in Italia che dipende in massima parte dall'approvvigionamento estero; dall'altro si era constatato come negli anni 70 l'attività estrattiva avesse subito una continua flessione dovuta ai costi di produzione elevati ed antieconomici ed al mancato reperimento di nuove risorse coltivabili.
Dal complesso di tale situazione sorse la necessità d'impostare una vera «politica mineraria», intesa come programmazione, dell'attività estrattiva, che raccordasse in un unico quadro gli obiettivi (cioè disponibilità di risorse sufficienti a contribuire, soprattutto nei momenti di crisi internazionale, al raggiungimento della sicurezza del minimo indispensabile di approvvigionamenti) con gli strumenti predisposti per raggiungerli (attività di ricerca e incentivazioni).
Da quanto esposto deriva, come primo e generale elemento di valutazione delle questioni oggetto dei presenti giudizi, che la l. n. 752 del 1982 nel suo complesso (così come la n. 246 del 1984, nella parte in cui apporta alla prima alcune lievi integrazioni e modifiche) deve ritenersi indubbiamente sorretta da un preminente interesse nazionale, il quale appare, innanzitutto, rispondere a quei requisiti di carattere generale che giustificano un intervento statale — anche di dettaglio — pur in una materia attribuita alla competenza esclusiva delle Regioni o Province ad autonomia speciale, e che sono stati chiaramente individuati dalla giurisprudenza di questa Corte (v. da ult., sentt. nn. 177 e 217 del 1988). L'apprezzamento, operato dal legislatore statale, dell'interesse posto a base della legge impugnata appare, per le considerazioni sopra svolte, fondato e l'interesse stesso è sorretto da esigenze unitarie, non suscettibili di frazionamento territoriale e, comunque, è dettato anche da motivi di sufficiente imperatività ed urgenza.
Occorre, a questo punto, passare a verificare, sempre secondo la giurisprudenza di questa Corte, se le singole disposizioni di legge impugnate dalle ricorrenti, così come concretamente delineate, siano o meno strettamente correlate all'esigenza di soddisfare l'interesse invocato, costituiscano cioè strumenti necessari e non incongrui al raggiungimento dello scopo.
4.1. Dell'art. 3 l. n. 752 del 1982 le ricorrenti — che per quanto riguarda questa legge propongono ricorsi identici — impugnano la parte (commi da 5 a 8) relativa ai permessi di ricerca.
Esse lamentano che la norma, incidendo sia sul conferimento di nuovi permessi di ricerca (che è sospeso fino alla conclusione dell'attività di ricerca di base, salvo provvedimento motivato del Ministro dell'industria), sia sulla esecuzione di quelli già accordati (che è subordinata all'approvazione, da parte del Ministro stesso, di progetti di ricerca che i titolari dei permessi sono tenuti a presentare) lede la competenza primaria delle Province di cui al citato art. 8 n. 14, st. spec., già peraltro da esse ampiamente esercitata; inoltre, la norma stessa (in particolare il comma 7) violerebbe tali competenze in quanto, circa la valutazione dei progetti di ricerca (che in caso negativo può comportare la pronuncia di decadenza dal titolo), prevede la semplice previa « audizione » degli organi delle Regioni a statuto speciale e non un'intesa o un accordo con essi, e, comunque, esclude le Province autonome, non espressamente menzionate.
Le questioni non sono fondate.
Va, innanzitutto, rilevato che i programmi quinquennali che, ai sensi dei primi commi dell'art. 3, il Ministero dell'industria deve predisporre (nel quadro degli indirizzi di politica mineraria determinati dal CIPE: v. delibera dell'8 giugno 1983), al fine di aggiornare ed integrare le conoscenze sulle risorse minerarie nazionali e di promuoverne la ricerca, si basano soprattutto sulla ricerca di base, il cui rilancio costituisce, come risulta anche dai lavori preparatori della legge in esame, uno dei perni della nuova normativa.
Appare, pertanto, perfettamente logico ed essenziale al raggiungimento degli scopi della legge che, nelle zone previamente identificate, la disciplina del rilascio e dell'esecuzione dei permessi sia stata dettata in modo da rendere i progetti di ricerca il più possibile conformi ai programmi quinquennali.
Pertanto, la normativa censurata deve ritenersi legittima, in quanto strettamente correlata all'interesse nazionale posto a suo fondamento.
Non può, poi, non rilevarsi, da un lato, che il comma 2 dell'art. 1 contiene comunque una generale affermazione di salvezza delle competenze delle Province ricorrenti e che detta clausola è richiamata dal censurato comma 5 dell'art. 3; dall'altro, che l'espressione « competenti organi delle Regioni a statuto speciale » (i quali, ai sensi del comma 7 della stessa norma, devono essere sentiti in merito alla valutazione dei progetti di ricerca) va interpretata, conformemente alla tesi dell'Avvocatura dello Stato e alla stessa giurisprudenza di questa Corte (cfr. sent. n. 190 del 1976), e anche alla luce delle anzidetto clausole di salvaguardia, quale comprensiva anche delle Province autonome, che godono di identico grado di autonomia.
Non spetta, infine, a questa Corte affrontare eventuali problemi di coordinamento della normativa in esame (che pure sono stati evidenziati dalle ricorrenti), i quali, ferma rimanendo comunque la piena legittimità di essa, potranno essere risolti in sede applicativa.
4.2. Infondata è anche la questione relativa al comma 3 dell'art. 4, impugnato (anch'esso in riferimento innanzitutto all'art. 8 n. 14 st.) in quanto riserva lo svolgimento dell'attività di ricerca di base al Minstero che la effettua direttamente o tramite l'ENI, sulla base di apposite convenzioni.
Non può esservi dubbio, infatti, che, data l'importanza della ricerca di base per l'attuazione di una seria politica mineraria, essa debba essere svolta con criteri di affidabilità ed omogeneità, che giustificano quindi l'intervento dello Stato, direttamente o per mezzo dell'ENI.
Peraltro, la norma afferma espressamente che, ove l'attività ricada nel territorio delle Province ricorrenti, l'intervento deve avvenire « nel rispetto delle loro competenze »: l'espressione può essere interpretata nel senso che la convenzione con l'ENI deve essere approvata previa intesa con le Province interessate, come lascia intendere la stessa relazione al disegno di legge, la quale afferma che « all'ENI, relativamente ai territori di loro competenza, si affiancano gli enti minerari delle Regioni a statuto speciale ».
4.3. Parimenti non fondate sono le questioni relative agli artt. 5, 6 e 7, anch'esse sollevate, in primo luogo, per violazione della competenza primaria delle ricorrenti in materia di miniere.
Le prime due norme contemplano una competenza de] Ministro meramente dichiarativa e strettamente connessa alle attività di ricerca operativa (definita nell'art. 8) e di ricerca di base, come tale certamente non lesiva delle potestà delle ricorrenti.
Queste devono, comunque, essere consultate, rientrando indubbiamente anch'esse, come già detto, in ogni riferimento alle « Regioni a statuto speciale », contenuto in entrambe le disposizioni in esame.
Quanto, poi, all'art. 7 (che richiama il comma 7 dell'art. 3 in ordine alla procedura da seguire per la valutazione dei programmi di ricerca e sviluppo minerario che devono essere presentati da parte di coloro che richiedono titoli minerari relativamente alle aree indiziate per minerale di cui agli artt. 5 e 6) non può che ripetersi, nel senso dell'infondatezza della censura, quanto già affermato nel punto 4.1 in merito alla norma richiamata.
4.4. Gli artt. 9 e 12 prevedono il primo la concessione di contributi nella misura massima del 60 per cento delle spese afferenti ad attività e opere relative alla ricerca; il secondo la concessione di contributi in conto interessi per programmi d'investimento relativi alla coltivazione, preparazione e valorizzazione dei minerali di rilevante interesse per il Paese, individuati dal CIPE ai sensi dell'art. 2.
Le censure si appuntano — sempre con riferimento all'art. 8 n; 14 st. — innanzitutto sulle disposizioni (commi 4 dell'art. 9 e 6 dell'art. 12) che stabiliscono la competenza del Ministro dell'industria alla concessione dei contributi, sentito il Consiglio superiore delle miniere e, per i loro territori, d'intesa con i competenti organi delle Regioni a statuto speciale. Premesso che in quest'ultima espressione devono ritenersi comprese anche le Province autonome (e tale conclusione è qui testualmente confermata, almeno quanto all'art. 12, dall'art. 3 d.m. 19 aprile 1985, che prevede procedure e modalità per la concessione del contributo in esame), la previsione dell'intesa è senz'altro sufficiente a tutelare la loro competenza primaria in materia, trattandosi di incentivi all'attività di ricerca, la cui importanza nel quadro della « politica mineraria » si è già ampiamente dimostrata; essi, poi, sono posti ad esclusivo carico dello Stato e non escludono, come afferma anche l'Avvocatura, un separato regime di contribuzione definito dalle ricorrenti per iniziative d'interesse locale.
Circa, poi, i commi 5 e 6 dell'art. 9, è sufficiente rilevare, da un lato, che la competenza dell'ufficio distrettuale delle miniere a controllare la rispondenza delle opere eseguite al piano tecnico — finanziario e la congruità delle spese sostenute è giustificata dal fatto che, come detto, trattasi di contributi ad esclusivo carico dello Stato; e, dall'altro, che le eventuali varianti di ordine tecnico al detto piano vanno approvate dagli organi provinciali, così dovendosi intendere, anche in questo caso, il richiamo agli organi « delle Regioni a statuto speciale ».
Tutte le questioni concernenti gli artt. 9 e 12 sono, pertanto, non fondate.
4.5. Le censure aventi ad oggetto — sempre per violazione, in primo luogo, della competenza primaria delle ricorrenti in materia di miniere — gli artt. 14 commi 1 e 5 e 15 commi 1 e 2, si rivelano anch'esse non fondate».
Appare, infatti, ancor più evidente in dette norme l'interesse nazionale che le ha dettate. Sia il mantenimento in stato di potenziale coltivazione di una o più miniere per un periodo di tempo non superiore a tre anni (art. 14), sia il mantenimento in fase produttiva o la riattivazione di miniere, la cui coltivazione dia luogo a perdite di gestione (art. 15) costituiscono misure che, come risulta dallo stesso testo normativo ed è confermato dai lavori ! preparatori, possono essere adottate (fra l'altro, in via temporanea ed « eccezionalmente ») per motivi strategici o di economia generale del Paese, ovvero allo scopo di garantire un minimo grado di autoapprovvigionamento di sostanze minerali di rilevante interesse, cioè, in definitiva, al fine di contribuire ad assicurare in qualsiasi condizione il minimo indispensabile alle esigenze del Paese. Ciò giustifica anche che l'attività di cui all'art. 14 sia svolta dai concessionari sotto la vigilanza del Ministro dell'industria.
Non può, peraltro, non rilevarsi che alle riunioni del CIPI, che è l'organo cui spetta di emanare le delibere di cui alle norme in esame, sono chiamati a partecipare i Presidenti delle Province ricorrenti, quando vengono trattati problemi che le interessino (art. 16 comma 9 1. n. 48 del 1967, richiamato dall'art. 1 comma 3 1. n. 675 del 1977).
5. Le considerazioni sin qui svolte in ordine alla non fondatezza delle censure proposte dalle ricorrenti in riferimento alla loro competenza legislativa primaria in materia di miniere (art. 8 n. 14 st. spec.), valgono anche a dimostrare la non fondatezza delle questioni sollevate, relativamente alle stesse norme della 1. n. 752 del 1982, per violazione delle competenze, sempre primarie, in materia di « urbanistica e piani regolatori », « tutela del paesaggio », « viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale » e « assunzione diretta di servizi pubblici e loro gestione a mezzo di aziende speciali » (art. 8 nn. 5, 6, 17 e 19), nonché delle connesse potestà amministrative (art. 16).
Ancor più, poi, le stesse considerazioni sono valide a dimostrare l'infondatezza delle censure poste in riferimento alla competenza legislativa concorrente delle ricorrenti in materia di « commercio » e di « incremento della produzione industriale » (art. 9 nn. 3 e 8 st.) e alla connessa compe-tenza amministrativa (art. 16), appuntatesi soprattutto sugli artt. 14 e 15 della legge (v. punto 4.5).
6. Della l. n. 752 del 1982 viene, da ultimo, impugnato l'art. 20, concernente autorizzazioni di spesa: esso violerebbe gli artt. 15 e 78 st. spec. in quanto non devolve alle ricorrenti nessuna quota degli stanziamenti previsti.
Questa Corte ha già più volte avuto modo di chiarire (v. sentt. nn. 356 e 357 del 1985, 195 del 1986) che l'art. 78 st. spec. T.-A.A. concerne le modalità procedurali e i criteri per la determinazione di una quota del gettito erariale che, limitatamente ai tributi indicati nella norma stessa, è riservata alle Province autonome. La guarentigia dell'autonomia speciale è affidata all'accordo fra il Governo e il Presidente della Giunta provinciale, che definisce annualmente la quota in discorso, tenendo conto - in base ai parametri della popolazione e del territorio - delle spese per gli interventi generali dello Stato disposti nella restante parte del territorio nazionale negli stessi settori di competenza delle Province.
L'art. 78 può, pertanto, essere invocato dalle Province ricorrenti non con riferimento ad una singola legge di stanziamento, come avviene nel  presente giudizio, ma soltanto con riguardo alla determinazione della quota annuale e complessiva del tributo.
Quanto all'art. 15 st. spec. (secondo il quale « il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato assegna alle Province di Trento e di Bolzano quote degli stanziamenti annuali iscritti nel bilancio dello Stato per l'attuazione di leggi statali che prevedono interventi finanziari per l'incremento delle attività industriali »), va rilevato che la norma non appare applicabile al caso di specie ed è quindi male invocata: la 1. n. 752 del 1988, infatti, non può farsi rientrare nella categoria delle leggi « d'incremento delle attività industriali » avendo - per tutto quanto si è sopra ampiamente detto - una portata e delle finalità di natura del tutto diversa.
7.1. Si può ora passare ad esaminare le censure prospettate dalle ricorrenti avverso la già citata 1. 15 giugno 1984 n. 246, che ha recato, fra l'altro, integrazioni e modifiche alla n. 752 del 1982.
Utilizzando in gran parte le considerazioni già svolte nei punti precedenti in merito alle questioni sollevate nei confronti di quest'ultima legge, appare agevole dimostrare l'infondatezza anche delle censure rivolte alla, del 1984.
Va preliminarmente sottolineato che essa non altera la sostanza della legge precedente, ma si limita ad apportarvi marginali modifiche in materia di programmi di ricerca e, soprattutto, di meccanismi d'incentivazione. È, pertanto, evidente che anche la nuova legge (almeno per la parte concernente la « politica mineraria »: artt. 3-7) è ugualmente sorretta da quell'interesse nazionale che è posto a fondamento, come ampiamente detto, di quella principale.
Passando alle singole censure, entrambe le ricorrenti impugnano l'art. 3 commi 3 e 6 della legge, lamentando, anche qui (sia pure, in questo caso, in misura non del tutto coincidente), l'invasione delle competenze già invocate nei ricorsi precedenti.
Le questioni non sono fondate.
Il comma 3 dell'art. 3 aggiunge un periodo al comma 3 dell'art. 4 l. n. 752 del 1982 (concernente la ricerca di base), prevedendo la possibilità per il Ministero dell'industria di stipulare convenzioni, separatamente o in compartecipazione con l'ENI, anche con enti o imprese minerarie di emanazione regionale, quando l'attività di ricerca di base si svolga nel territorio delle Regioni a statuto speciale. Precisato anche in questo caso che la norma va intesa come comprensiva delle Province autonome (nel senso, quindi, che gli enti possono essere di « emanazione provinciale »), vanno qui ribadite le considerazioni sopra svolte (v. punto 4.2) in ordine alle censure rivolte avverso l'originario comma 3 dell'art. 4, che la norma ora all'esame integra, semmai, in senso favorevole alle ricorrenti.
Il comma 6 dell'art. 3 sostituisce integralmente l'art. 13 l. n. 752 del 1982, che non era stato impugnato. Mentre nel testo originario la norma stabiliva genericamente la non cumulabilità delle agevolazioni previste dalla legge con quelle disposte da « altre leggi », la nuova formulazione chiarisce che la non cumulabilità si riferisce alle sole « leggi statali », mentre non c'è divieto di cumulo con agevolazioni concesse, per quanto qui interessa, dalle Province di Trento e Bolzano.
Escluso che la questione sia inammissibile, come sostiene l'Avvocatura dello Stato, per mancata impugnazione dell'originario art. 13 (v., sulla non configurabilità dell'istituto dell'acquiescenza nei giudizi di costituzionalità, la sent. n. 49 del 1987), essa è però chiaramente non fondata, essendo evidente che la norma non intacca minimamente le attribuzioni provinciali.
7.2. La sola Provincia di Bolzano, infine, impugna gli artt. 6 (commi 1, 5 e 6) e 7 1. n. 246 del 1984, i quali prevedono una sorta di fase transitoria (« in sede di prima applicazione della legge ») per l'erogazione dei contributi previsti nella legge del 1982, con imputazione al fondo costituito, ai sensi dell'art. 7, presso il Ministero dell'industria.
Nel senso dell'infondatezza delle questioni basta richiamare quanto è stato sopra affermato in merito alle censure concernenti gli artt. 9, 12 e 20 1. del 1982 (v. punti 4.4 e 6), non senza rilevare, peraltro, che la normativa ora all'esame ha» oltretutto, come già detto, un carattere puramente transitorio.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i giudizi,
a) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3 commi 5, 6, 7 e 8; 4 comma 3; 5, 6, 7, 9 commi 4, 5 e 6; 12 comma 6; 14 commi 1 e 5; 15 commi 1 e 2, e 20 l. 6 ottobre 1982 n. 752 (« Norme per l'attuazione della politica mineraria »), sollevate, in riferimento agli artt. 8 nn. 5, 6, 14, 17 e 19; 9 nn. 3 e 8; 15, 16 e 78 st. spec. T.-A.A., dalle Province di Bolzano e di Trento con ricorsi notificati il 18 novembre 1982 (reg. ric. nn. 47 e 48 del 1982);
b) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3 commi 3 e 6; 6 commi 1, 5 e 6, e 7 l. 15 giugno 1984 n. 246 (« Integrazioni e modifiche al d.P.R. 9 aprile 1959 n. 128 contenente norme di polizia delle miniere e delle cave, nonché alla l. 6 ottobre 1982 n. 752, concernente l'attuazione della politica mineraria »), sollevate, in riferimento agli artt. 8 nn. 5, 6, 14, 17 e 19; 9 nn. 3 e 8; 15, 16 e 78 st. spec. T.-A.A., dalla Provincia di Bolzano con ricorso notificato il 23 luglio 1984 (reg. ric. n. 27 del 1984);
c) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3 commi 3 e 6 cit. l. 15 giugno 1984 n. 246, sollevate, in riferimento agli artt. 8. nn. 14 e 17; 9 n. 8; e 16 st. spec. per il T.-A.A., dalla Provincia di Trento con ricorso notificato il 23 luglio 1984. (reg. ric. n. 28 del 1984).
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