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Corte costituzionale - sentenza 9 gennaio 2018, n. 9
Commercio – commercio al dettaglio nelle zone produttive – possibile apertura di un solo centro commerciale di rilevanza provinciale – denunciata disparità di trattamento – difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza – inammissibilità della questione

Sentenza 9 gennaio 2018 (26 gennaio 2018), n. 9; Pres. Lattanzi, Red. Cartabia

 

Ritenuto in fatto 1.– Con ordinanza (reg. ord. n. 7 del 2015) del 14 novembre 2014 (come risulta dal decreto di correzione di errore materiale 17 novembre 2014, n. 53), il Tribunale regionale di giustizia amministrativa, sezione autonoma di Bolzano, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 44 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 11 agosto 1997, n. 13 (Legge urbanistica provinciale), nella versione introdotta dall’art. 8, comma 4, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 23 ottobre 2014, n. 10 (Modifiche di leggi provinciali in materia di urbanistica, tutela del paesaggio, foreste, acque pubbliche, energia, aria, protezione civile e agricoltura), dell’art. 44-bis della legge provinciale n. 13 del 1997, nonché dell’art. 3, comma 3, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 8 marzo 2013, n. 3 (Modifica della legge provinciale 19 febbraio 2001, n. 5, “Ordinamento della professione di maestro di sci e delle scuole di sci” e di altre leggi provinciali) – recte: dell’art. 44-ter, comma 3, della legge provinciale n. 13 del 1997, come sostituito dall’art. 3 della legge provinciale n. 3 del 2013 – per violazione degli artt. 3 (limitatamente all’art. 44-bis della legge provinciale n. 13 del 1997), 41 e 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

1.1.– Il Tribunale regionale espone che la ricorrente Aspiag Service srl intende aprire un centro commerciale a Bolzano, in un areale classificato come zona produttiva e che lo stesso intende fare, in altro areale, Iniziative Methab srl, anch’essa parte del giudizio. L’art. 44-bis della legge provinciale n. 13 del 1997 consente l’apertura di un unico centro commerciale di rilevanza provinciale in una delle zone produttive del territorio comunale di Bolzano, previa trasformazione della zona stessa in zona produttiva con destinazione particolare. A tale scopo, la Giunta provinciale ha selezionato l’areale di proprietà della controinteressata Podini Holding spa, in esito a un procedimento che includeva una fase di comparazione tra questo sito e quelli delle concorrenti Aspiag Service srl e Iniziative Methab srl Oggetto del giudizio a quo sono la delibera della Giunta provinciale (11 febbraio 2013, n. 238), che ha modificato il piano urbanistico del Comune di Bolzano (trasformando l’areale prescelto da zona produttiva in zona produttiva con vocazione particolare), e i provvedimenti propedeutici, nonché la concessione edilizia rilasciata per la realizzazione del centro commerciale.

Questi atti sono stati impugnati per due ordini di motivi. In via principale, se ne chiede l’annullamento, previa disapplicazione degli artt. 44-bis e 44-ter della legge provinciale n. 13 del 1997, per contrasto con i principi di liberalizzazione sanciti, in ambito europeo, dalla direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, la quale sarebbe direttamente applicabile; in ambito nazionale, dal decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno), dall’art. 31, comma 2, del decreto- legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, nonché dall’art. 3 del decreto- legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248. In via subordinata, la ricorrente ha chiesto l’annullamento degli atti a causa del metodo seguito per la scelta del sito, in quanto sarebbero mancate un’adeguata pubblicità preventiva, la predeterminazione dei criteri di scelta e una partecipazione dei concorrenti in condizioni di parità.

Costituitisi in giudizio, Iniziative Methab srl ha aderito alle tesi della ricorrente, mentre la Provincia autonoma, il Comune di Bolzano e Podini Holding spa hanno chiesto il rigetto del ricorso.

1.2.– Così descritto l’oggetto del giudizio rimesso alla sua cognizione, il Tribunale regionale espone che – in attuazione dei principi di liberalizzazione sanciti dalle fonti europee e nazionali sopra citate, nonché del decreto- legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 2012, n. 27 – la Provincia autonoma di Bolzano ha emanato la propria legge 16 marzo 2012, n. 7 (Liberalizzazione dell’attività commerciale), il cui art. 5 ha novellato l’art. 44-ter della legge provinciale n. 13 del 1997, sostanzialmente ribadendo il previgente divieto del commercio al dettaglio in zone produttive, eccettuati il centro commerciale di rilevanza provinciale e alcune attività inerenti a merci ingombranti.

I commi da 1 a 4, nonché 7, del citato art. 5 sono stati dichiarati costituzionalmente illegittimi dalla sentenza n. 38 del 2013 (decisa l’11 marzo 2013 e depositata il 15 marzo 2013), la quale ha affermato la competenza esclusiva dello Stato in questo ambito.

Pressoché contemporaneamente è entrata in vigore (13 marzo 2013) la legge provinciale n. 3 del 2013, il cui art. 3 ha ulteriormente novellato l’art 44-ter della legge provinciale n. 13 del 1997. In virtù dell’art. 44-ter, così novellato, «[n]elle zone produttive il commercio al dettaglio è consentito solo nel rispetto della tutela dell’equilibrato sviluppo dell’ambiente urbano e in armonia con la necessità di un organico e controllato sviluppo ambientale e del traffico, della tutela dell’ambiente, compreso l’ambiente rurale e cittadino, del paesaggio e della natura, della tutela dei monumenti e dei beni culturali, della salute e del diritto al riposo dei lavoratori e dei cittadini» (comma 1); spetta ai Comuni «[l]a valutazione e la decisione circa l’idoneità all’esercizio del commercio al dettaglio delle aree nelle zone produttive» (comma 2, primo periodo); spetta alla Giunta provinciale emanare «indirizzi, criteri e modalità vincolanti per la valutazione e la decisione da assumere da parte dei comuni», entro un anno dall’entrata in vigore della legge provinciale n. 3 del 2013 (comma 2, secondo periodo); sino all’emanazione degli atti di competenza della Giunta – che il rimettente sottolinea non essere mai avvenuta – continua a valere il divieto del commercio al dettaglio in zone produttive, eccettuati il centro commerciale di rilevanza provinciale e i settori relativi a merci ingombranti (comma 3). L’art. 3 della legge provinciale n. 3 del 2013 è stato impugnato dal Governo con ricorso, ancora pendente, iscritto al r.r. n. 59 del 2013.

Nel frattempo, anche l’art. 31, comma 2, del d. l. n. 201 del 2011, convertito dalla legge n. 214 del 2012, è stato modificato. Una prima modifica è stata apportata dall’art. 30, comma 5-ter, del decreto- legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, stabilendosi che tra i vincoli che, al ricorrere dei presupposti previsti dall’art. 31, comma 2, le Regioni e gli enti locali possono porre all’apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio, senza discriminazione tra operatori, vi è anche la previsione di «aree interdette agli esercizi commerciali» o di «limitazioni ad aree dove possano insediarsi attività produttive e commerciali». Un’altra modifica è stata apportata dall’art. 22-ter del decreto- legge 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea), convertito, con modificazioni, nella legge 11 agosto 2014, n. 116, prevedendosi espressamente che i limiti alla localizzazione di esercizi commerciali e attività produttive o commerciali possono essere imposti «solo qualora vi sia la necessità di garantire la tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali».

Infine, il Tribunale regionale segnala le novità introdotte dalla legge provinciale n. 10 del 2014. Essa, con l’art. 17, comma 1, lettera d), ha abrogato l’art. 44-ter della legge provinciale n. 13 del 1997; con l’art. 8, comma 4, ha novellato l’art. 44 della stessa legge provinciale n. 13 del 1997, portando all’interno di questa disposizione la disciplina del commercio al dettaglio nelle zone produttive, ulteriormente modificata.

1.3.– Ciò premesso, il giudice a quo esclude di potere applicare direttamente le richiamate norme statali di liberalizzazione, in luogo delle norme provinciali, soprattutto perché le modifiche all’art. 31, comma 2, del d. l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, hanno «reinserito le Regioni ‘nel gioco’, attribuendo loro la facoltà di interdire alcune zone agli esercizi commerciali per determinati motivi che sembrano tassativamente elencati», sicché l’antinomia tra i due ordini di fonti va impostata come questione di legittimità costituzionale.

In base al principio tempus regit actum, la delibera n. 238 del 2013 ricadrebbe nell’ambito di applicazione dell’art. 5 della legge provinciale n. 7 del 2012. Questa disposizione è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla sentenza n. 38 del 2013; tuttavia, prima della pubblicazione della sentenza, è intervenuto l’art. 3 della legge provinciale n. 3 del 2013, frattanto «nuovamente sostituito, in tutte le sue parti, dalla recentissima legge provinciale n. 10/14 che è retroattiva come risulta in modo chiaro dal suo contenuto, in particolare dal comma 11 dell’art. 8».

Il comma 11 appena citato, descritto dal rimettente come norma procedimentale di diritto intertemporale, così dispone: «[l]e attività di commercio al dettaglio in zone per insediamenti produttivi per le quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia stata inoltrata la relativa comunicazione, ma alle quali non corrisponda un effettivo esercizio, nonché le attività a cui sia stato dato inizio, ma il cui esercizio non sia totalmente conforme alla comunicazione inoltrata, sono considerate, alla data di entrata in vigore della presente legge, non in essere e la relativa comunicazione inefficace. Questa, se inoltrata nuovamente, viene esaminata ai sensi delle disposizioni di cui al comma 4. Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione anche nel caso in cui l’attività non abbia avuto inizio in forza di provvedimenti amministrativi, anche se oggetto di contenzioso giudiziario, salvo i casi di loro annullamento in base a sentenza passata in giudicato». Ad avviso del rimettente, da questa disposizione si evincerebbe la volontà del legislatore provinciale di attribuire efficacia anche per il passato – e anche per fattispecie oggetto di processi pendenti qual è il giudizio a quo – all’art. 44 della legge provinciale n. 13 del 1997, come novellato dal comma 4 dello stesso art. 8 della legge provinciale n. 10 del 2014.

«Riassumendo», il rimettente ritiene che, «in virtù della clausola di retroattività, al caso in esame ( delibera n. 238/13) debba applicarsi l’articolo 44 L.P. 13/97 nella versione novellata dall’art. 8 L.P. 10/14. Non essendo rilevante ai fini della decisione [del giudizio a quo] (annullamento o meno della delibera n. 238/13 e dei provvedimenti propedeutici) non occorre sollevare questione di legittimità costituzionale nei confronti dello stesso comma 11 dell’articolo 8 L.P. 10/14, benché anch’esso sia fortemente indiziato di illegittimità costituzionale».

Il Tribunale regionale soggiunge che la ricorrente Aspiag Service srl aveva presentato (in relazione ad esercizi da avviare in altre zone produttive, diverse da quella con vocazione particolare) comunicazioni di avvio, rigettate dal Comune di Bolzano con provvedimenti a loro volta annullati dallo stesso Tribunale rimettente, e che le relative cause pendono in appello.

1.4.– Il rimettente ritiene rilevanti nel giudizio a quo sia l’art. 44-bis della legge provinciale n. 13 del 1997, sia l’art. 44 della stessa legge (come novellato retroattivamente dalla legge provinciale n. 10 del 2014). Infatti, la prima disposizione consente l’insediamento di un solo centro commerciale di rilevanza provinciale in una delle zone produttive del territorio del Comune di Bolzano; mentre la seconda (con il suo comma 4) reitera il divieto generale di commercio al dettaglio nelle zone produttive; sicché le due disposizioni sarebbero intimamente connesse ed espressive del medesimo intento di limitare l’apertura di nuovi esercizi commerciali.

Tali disposizioni violerebbero anzitutto l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., per ragioni analoghe a quelle considerate nella sentenza n. 38 del 2013: anziché limitarsi a identificare aree interdette agli esercizi commerciali per i motivi tassativamente previsti dall’art. 31, comma 2, del d. l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, la Provincia autonoma avrebbe disciplinato in maniera esaustiva il commercio al dettaglio in zone produttive, introducendo limitazioni con giustificazioni diverse da quelle consentite. Le stesse norme provinciali violerebbero altresì l’art. 41 Cost., interpretato dal rimettente alla luce dell’art. 31 del d. l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, il quale avrebbe allargato la libertà economica di cui al primo comma della disposizione costituzionale, restringendo al contempo i limiti di cui al secondo comma.

Ripercorrendo il contenuto dell’art. 44, comma 4, della legge provinciale n. 13 del 1997, il Tribunale regionale osserva che, nelle zone produttive, per il congiunto operare dei limiti percentuali alla cubatura disponibile per il commercio al dettaglio e del vincolo a computare, a tale fine, gli esercizi già esistenti, «la quota disponibile all’attività commerciale futura tende verso lo zero». Inoltre, ai sensi dell’art. 44, comma 1, le attività di commercio al dettaglio in zone produttive devono essere disciplinate da un apposito regolamento della Giunta provinciale, fino all’emanazione del quale, a norma dell’art. 44, comma 4, ultimo periodo, «il commercio al dettaglio viene esercitato secondo la disciplina del previgente articolo 44/ter, comma 3», vale a dire secondo la disciplina di cui all’art. 3 della legge provinciale n. 3 del 2013, contenutisticamente identica a quella di cui all’art. 5, comma 2, della legge provinciale n. 7 del 2012, dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 38 del 2013.

1.5.– L’art. 44-bis della legge provinciale n. 13 del 1997 violerebbe altresì l’art. 3 Cost., al quale sarebbe riconducibile il divieto di disparità di trattamento, di cui è conseguenza applicativa il divieto di discriminazione tra operatori commerciali sancito dall’art. 31, comma 2, del d. l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011.

1.6.– Infine, l’art. 44 della legge provinciale n. 13 del 1997, nella versione introdotta dall’art. 8 della legge provinciale n. 10 del 2014, sarebbe formulato «in maniera intrinsecamente contraddittoria», in quanto il comma 11 del citato art. 8 sancisce l’applicazione retroattiva dell’art. 44, comma 4, come novellato, mentre l’ultimo periodo dello stesso comma 4, a propria volta, richiama transitoriamente il previgente art. 44-ter, comma 3, della legge n. 13 del 1997.

A tale proposito, il rimettente si domanda se, in attesa dell’apposito regolamento, la disciplina di riferimento vada ricercata nel novellato art. 44, comma 4, della legge provinciale n. 13 del 1997 o nel previgente art. 44-ter, comma 3, e – dichiarandosi «nel dubbio assoluto sulla disciplina da applicare, non risolvibile in via interpretativa» – ritiene «necessario sollevare anche la questione di legittimità costituzionale nei confronti del comma 3 dell’articolo 3 L.P. 3/13» (recte: dell’art. 44-ter, comma 3, della legge provinciale n. 13 del 1997, come novellato dall’art. 3 della legge provinciale n. 3 del 2013), sotto il profilo della violazione degli art. 117, secondo comma, lettera e), e 41 Cost. (anche per il contrasto con l’art. 31, comma 2, del d. l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011).

2.– Con atto depositato il 3 marzo 2015, si sono costituite in giudizio Podini Holding spa e Twentyone srl (controinteressate nel giudizio a quo), per chiedere che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate inammissibili o, in subordine, infondate.

2.1.– Nel senso dell’inammissibilità, si eccepisce che la ravvisata connessione tra gli artt. 44 e 44-bis della legge provinciale n. 13 del 1997 non sarebbe adeguatamente motivata né, comunque, sussistente, perché un conto è la disciplina dell’unico centro commerciale di rilevanza provinciale (del quale si discute nel giudizio a quo), un altro è la disciplina che limita, in generale, il commercio al dettaglio in zone produttive (la quale ha dato adito a distinti provvedimenti, oggetto di distinte pronunce dello stesso Tribunale regionale rimettente).

D’altronde, la disciplina del centro commerciale di rilevanza provinciale non risiederebbe propriamente nemmeno nell’art. 44-bis, bensì in altre disposizioni, tra cui segnatamente l’art. 44-ter, comma 3, lettera e), della legge provinciale n. 13 del 1997 (come novellata dall’art. 3 della legge provinciale n. 3 del 2013), frattanto però abrogato dall’art. 17, comma 1, lettera d), della legge provinciale n. 10 del 2014.

Anche rispetto all’art. 3 della legge provinciale n. 3 del 2013 difetterebbe la rilevanza – o comunque una motivazione di essa non ipotetica, contraddittoria o ancipite – poiché il rimettente dapprima afferma l’irrilevanza di tale disposizione, superata ex tunc dall’art. 8 della legge provinciale n. 10 del 2014, ma poi si dichiara dubbioso se lo stesso art. 3 della legge provinciale n. 3 del 2013 non sia comunque applicabile nel periodo transitorio previsto dall’art. 44 della legge provinciale n. 13 del 1997 (come novellato dall’art. 8, comma 4, della legge provinciale n. 10 del 2014).

Infine, non sarebbero state oggetto di specifica considerazione le competenze statutarie della Provincia autonoma.

2.2.– Nel merito, le norme provinciali assolverebbero a funzioni urbanistiche (contenimento del consumo del suolo; tutela dell’ambiente urbano, anche alla luce delle particolari caratteristiche dell’Alto Adige) legittime anche nella prospettiva dell’art. 31, comma 2, del d. l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, e quindi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Pure le censure ex art. 41 Cost. sarebbero infondate: le norme in questione non sospendono l’apertura e l’esercizio di nuove attività commerciali, ma si limitano a imporre temporaneamente alcune restrizioni; la cubatura assentita in zona produttiva può comunque essere usata a scopo di lucro e, in parte, a fini commerciali; le limitazioni non si applicano al commercio al dettaglio di merci ingombranti; infine, le percentuali di cubatura, per le quali è ammesso il commercio al dettaglio, non sono trascurabili, specie rispetto ad areali di grandi dimensioni.

Nemmeno sarebbe violato l’art. 3 Cost., in quanto dall’art. 44-bis, censurato sotto questo profilo, non deriverebbe alcun particolare vantaggio per le società controinteressate, o svantaggio per la ricorrente (e le società cointeressate).

3.– Con atto depositato il 4 marzo 2015, si è costituita in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, chiedendo anch’essa che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate inammissibili o infondate.

3.1.– Per quanto riguarda l’inammissibilità, mancherebbe un’adeguata descrizione della fattispecie concreta; sarebbero trascurati i parametri statutari; non sarebbe approfondito il profilo diacronico del quadro normativo, giacché si censurano norme in precedenza abrogate o modificate, senza argomentare la perdurante rilevanza né considerare le novità sopraggiunte; sarebbe omesso ogni tentativo di interpretazione costituzionalmente orientata.

Inoltre, sarebbe individuata erroneamente la norma legislativa provinciale, su cui si basa l’impugnata delibera della Giunta provinciale n. 238 del 2013, giacché essa è stata adottata, a suo tempo, a norma dell’art. 5, comma 6, della legge provinciale n. 7 del 2012, non inficiato dalla sentenza n. 38 del 2013, e in particolare della sua lettera c).

D’altronde, nella fattispecie sarebbe rilevante solo l’art. 44-bis della legge provinciale n. 13 del 1997: disposizione inizialmente concepita per consentire la realizzazione di una singola grande struttura in deroga ad altre disposizioni urbanistiche, ma ormai superata dalla liberalizzazione del commercio al dettaglio e dallo sviluppo già in corso della grande distribuzione commerciale. Nel giudizio a quo non avrebbe alcuna utilità la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma, che già prevede la realizzazione di un centro commerciale, in attesa dei futuri centri comunque consentiti. Anche l’art. 44-ter della legge provinciale n. 13 del 1997, vigente sino alle modifiche operate dalla legge provinciale n. 10 del 2014, sarebbe estraneo alla disciplina del centro commerciale di rilevanza provinciale.

3.2.– Nel merito, secondo la Provincia autonoma, con riguardo alle zone produttive l’indice urbanistico che delimita lo spazio disponibile per il commercio al dettaglio sarebbe bensì «parco», ma solo perché occorre preliminarmente raccogliere dati aggiornati sull’utilizzo effettivo delle zone produttive, al fine di non ridurre gli spazi di ampliamento delle imprese insediate e le possibilità di insediamento di imprese non puramente commerciali, nonché di garantire un consumo razionale di una risorsa scarsa, qual è il suolo, e la tutela dell’ambiente urbano, tenuto altresì conto delle particolari condizioni dell’Alto Adige.

L’art. 3 Cost. non sarebbe violato, essendo stata prevista una procedura ad evidenza pubblica per selezionare la sede del futuro centro commerciale, come comprovato dall’ampia motivazione della delibera n. 238 del 2013.

Anche la giurisprudenza comunitaria avrebbe chiarito che restrizioni della libertà economica sarebbero ammesse (purché non discriminatorie, adeguate e proporzionate) per motivi imperativi di interesse generale, quali la protezione dell’ambiente e la razionale gestione del territorio, e che tali restrizioni possono anche prendere la forma di misure preventive, compresa la designazione delle zone in cui possono aprirsi esercizi commerciali.

La Provincia autonoma ricorda di essersi costituita in due giudizi di legittimità costituzionale in via d’azione, tuttora pendenti, anch’essi riguardanti la disciplina provinciale del commercio al dettaglio in zone produttive (reg. ric. n. 59 del 2013 e n. 1 del 2015) e ritiene superfluo ribadire tesi difensive già esposte alla Corte costituzionale.

4.– Con atto depositato il 9 marzo 2015, si è costituita in giudizio Aspiag Service srl, chiedendo l’accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale, sulla base di argomenti esposti in una separata memoria, depositata in data 14 giugno 2016.

4.1.– In replica alle eccezioni di inammissibilità delle controparti, la ricorrente nel giudizio a quo sottolinea che non può imputarsi all’ordinanza di rimessione una tortuosità che appartiene, invece, alla stratificazione delle norme succedutesi nel tempo, le quali sono comunque collegate tra loro.

In particolare, tenuto conto del momento di approvazione della delibera impugnata nel giudizio a quo, il parametro di tale giudizio consisterebbe negli artt. 44-bis e 44-ter della legge provinciale n. 13 del 1997 nella versione anteriore alle modifiche apportate dall’art. 3 della legge provinciale n. 3 del 2013 e dalla legge provinciale n. 10 del 2014. Tuttavia, le due novelle si potrebbero considerare rilevanti, qualora si riconoscesse loro un’efficacia retroattiva «derivante sia dal fatto che sono direttamente riferite alla originaria disposizione di legge da applicare, sia […] dall’esplicito richiamo operato da tali disposizioni del regime “esclusivo” del centro commerciale in contestazione nelle more della loro entrata a regime». Secondo la società, la «problematicità ed eventualità» del richiamo operato dal rimettente alle due novelle, «per completezza e cautela», non impedirebbe il vaglio di legittimità costituzionale delle disposizioni vigenti allorché il provvedimento impugnato fu adottato. Più precisamente, «il fondamento normativo» della delibera impugnata nel giudizio a quo sarebbe stato «integrato/sostituito dalla nuova versione dell’art. 44 ter della L.P. 13/1997 introdotta dall’art. 3, comma 3, della L.P. 8/3/2013 n. 3», il quale – con riguardo al regime transitorio – si porrebbe in stretta continuità con la normativa dichiarata costituzionalmente illegittima nella sentenza n. 38 del 2013.

La legge provinciale n. 10 del 2014 avrebbe fissato limiti quantitativi talmente ridotti, da precludere ancora, di fatto, l’insediamento di attività di commercio al dettaglio. La stessa legge ha bensì abrogato (con il proprio art. 17) l’art. 44-ter della legge n. 13 del 1997, ma ne ha contestualmente confermato l’applicabilità a titolo transitorio (art. 8, comma 4, ultimo periodo). Il comma 11 dell’art. 8, appena citato, andrebbe considerato non per la sua diretta applicabilità al caso, ma come indice di una complessiva efficacia retroattiva dell’intervento legislativo provinciale del 2014. Tra il citato art. 44-ter e l’art. 44-bis della legge provinciale n. 13 del 1997 sussisterebbe un evidente coordinamento, in quanto se è previsto un solo centro commerciale in una zona produttiva con vocazione particolare, ciò avviene perché in tutte le altre zone produttive il commercio al dettaglio è vietato.

4.2.– Nel merito, la società ricorrente nel giudizio a quo condivide, in sostanza, le censure esposte nell’ordinanza di rimessione.

5.– In data 20 aprile 2015, la Provincia autonoma di Bolzano ha chiesto la trattazione congiunta del presente giudizio e di quelli promossi in via d’azione dal Presidente del Consiglio dei ministri sulla stessa normativa (r.r. n. 59 del 2013 e n. 1 del 2015).

6.– In data 1° giugno 2016, la Provincia autonoma di Bolzano ha chiesto il rinvio a nuovo ruolo dell’udienza per la discussione del presente giudizio e di quelli promossi in via d’azione, in attesa della allora imminente approvazione di nuove norme di attuazione statutaria in materia di commercio. Podini Holding spa e Twentyone srl hanno aderito all’istanza, mentre Aspiag Service srl si è opposta.

7.– Dopo il rinvio e l’emanazione delle nuove norme con il decreto legislativo 7 luglio 2016, n. 146 (Norma di attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di pianificazione urbanistica del settore commerciale, recante modifiche e integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica del 22 marzo 1974, n. 381, in materia di urbanistica ed opere pubbliche), con istanza depositata il 21 luglio 2017 Aspiag Service srl ha chiesto che fosse fissata l’udienza per la discussione, tra l’altro, del presente giudizio, in attesa del cui esito il Consiglio di Stato ha sospeso alcuni giudizi di appello, avverso sentenze del rimettente Tribunale, di cui la stessa istante è parte.

8.– In data 19 dicembre 2017, tutte le parti hanno depositato memorie in cui, oltre a ribadire le argomentazioni già proposte, corredandole anche di ulteriori riferimenti, si confrontano con le novità normative frattanto intervenute, interpretando in modo diverso l’incidenza delle stesse sul giudizio a quo. Si tratta del d.lgs. n. 146 del 2016, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 22 dicembre 2016, n. 27 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità 2017), il cui art. 2, comma 1, ha novellato l’art. 44 della legge provinciale n. 13 del 1997; nonché dell’art. 8 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 20 dicembre 2017, n. 22 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità 2018), approvata prima ma promulgata dopo il deposito delle memorie, con il quale è stata nuovamente rivista la disciplina del commercio al dettaglio in zone produttive, prevedendosi l’individuazione nel piano urbanistico comunale di aree a ciò dedicate, previa verifica che sia garantita la tutela degli interessi contemplati nella nuova normativa di attuazione statutaria, ivi compreso l’approvvigionamento di prossimità alla popolazione locale.

8.1.– Per le società controinteressate e per la Provincia autonoma, le norme di attuazione statutaria frattanto intervenute e i più recenti sviluppi della legislazione provinciale impongono la restituzione degli atti al giudice a quo.

8.2.– Secondo Aspiag Service srl, le nuove norme provinciali del 2016 altro non fanno che dimostrare la pervicace volontà della Provincia autonoma di fare spazio, nelle zone produttive, solo al centro commerciale delle società avversarie, interdicendo per il resto il commercio al dettaglio. La difesa della società reputa che il sistema previsto nell’art. 8, comma, 4, della legge provinciale n. 10 del 2014 sarebbe, oltre che «assolutamente macchinoso», anche illegittimamente e fortemente restrittivo, come argomentato dall’Avvocatura generale dello Stato nel ricorso r.r. n. 1 del 2015.

Considerato in diritto 1.– Con ordinanza (reg. ord. n. 7 del 2015) del 14 novembre 2014, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa, sezione autonoma di Bolzano, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale riguardanti la legislazione della Provincia autonoma di Bolzano in materia di esercizio del commercio al dettaglio nelle zone produttive.

1.1.– La prima questione investe gli artt. 44 e 44-bis della legge della Provincia autonoma di Bolzano 11 agosto 1997, n. 13 (Legge urbanistica provinciale), il primo nella versione introdotta dall’art. 8, comma 4, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 23 ottobre 2014, n. 10 (Modifiche di leggi provinciali in materia di urbanistica, tutela del paesaggio, foreste, acque pubbliche, energia, aria, protezione civile e agricoltura).

Il citato art. 44 (recte: il suo comma 4), regola il commercio al dettaglio nelle zone per insediamenti produttivi e, in particolare, stabilisce che, in esse, il 25 per cento della cubatura (il 40 per cento nel territorio dei Comuni di Bolzano e Merano) può essere destinato al commercio al dettaglio e alla prestazione di servizi; che in sede di prima applicazione, il 90 per cento di questo 25 per cento è riservato alla prestazione di servizi; che ai fini della quota residua per il commercio al dettaglio occorre computare anche gli esercizi già esistenti; che le attività di commercio al dettaglio in zone produttive devono essere disciplinate da un regolamento della Giunta provinciale; che, fino all’emanazione del regolamento, si applica il previgente articolo 44-ter, comma 3, della legge provinciale n. 13 del 1997 (come sostituito dall’art. 3 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 8 marzo 2013, n. 3, recante «Modifica della legge provinciale 19 febbraio 2001, n. 5, “Ordinamento della professione di maestro di sci e delle scuole di sci” e di altre leggi provinciali»), il quale prevede limitazioni allo svolgimento del commercio al dettaglio in zone produttive analoghe a quelle di cui all’art. 5 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 marzo 2012, n. 7 (Liberalizzazione dell’attività commerciale), dichiarato costituzionalmente illegittimo, in parte qua, con la sentenza n. 38 del 2013.

Quanto all’art. 44-bis della legge provinciale n. 13 del 1997, esso prevede l’apertura di un unico centro commerciale di rilevanza provinciale in una delle zone produttive del territorio comunale di Bolzano, previa trasformazione della zona stessa in zona produttiva con destinazione particolare.

La questione è sollevata congiuntamente sulle disposizioni richiamate, sul presupposto che esse siano «strettamente e intimamente connesse tra di loro» in quanto «espressione del medesimo pensiero di fondo, quello di porre ostacoli e limiti alla libertà di apertura di esercizi commerciali».

Tali disposizioni violerebbero gli artt. 41 e 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, perché – anziché limitarsi a prevedere aree interdette agli esercizi commerciali per i motivi contemplati dall’art. 31, comma 2, del decreto- legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 – disciplinano in maniera esaustiva il commercio al dettaglio in zone produttive, introducendo restrizioni con giustificazioni diverse da quelle previste dal citato art. 31, comma 2.

1.2.– Una seconda questione ha ad oggetto il solo art. 44-bis della legge provinciale n. 13 del 1997, il quale violerebbe l’art. 3 Cost., perché la previsione di un singolo centro commerciale di rilevanza provinciale nelle zone produttive contrasterebbe con il divieto di disparità di trattamento previsto nell’art. 31, comma 2, del d. l. n. 201 del 2011, convertito dalla legge n. 214 del 2011, a sua volta riconducibile al principio costituzionale di eguaglianza.

1.3.– Infine, una terza questione è sollevata sull’art. 44-ter, comma 3, della legge provinciale n. 13 del 1997, come sostituito dall’art. 3 della legge provinciale n. 3 del 2013, il quale – sino alla emanazione da parte della Giunta degli indirizzi e criteri vincolanti in merito all’idoneità delle aree ricomprese in zone produttive per l’esercizio del commercio al dettaglio – conferma il previgente divieto del commercio al dettaglio in zone produttive, eccettuati il centro commerciale di rilevanza provinciale e le attività relative a merci ingombranti.

Tale questione è sollevata sul presupposto che sussista un «dubbio assoluto […] non risolvibile in via interpretativa» su quale sia la disciplina da applicare: se il novellato art. 44 (in particolare, il suo comma 4) oppure il previgente art. 44-ter, comma 3, della stessa legge provinciale.

Pertanto, il rimettente ritiene rilevante e non manifestamente infondata anche la questione di legittimità costituzionale del citato art. 44-ter, comma 3, per violazione degli artt. 41 e 117, secondo comma, lettera e), Cost., anche in relazione all’art. 31, comma 2, del d. l. n. 201 del 2011, convertito dalla legge n. 214 del 2011, perché anche la disposizione in questione afferma, con riguardo alle zone produttive, una regola generale incompatibile con quella sancita dallo Stato, basata sulla libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali.

2.– Nelle more del giudizio di legittimità costituzionale, sono intervenute plurime e significative novità normative.

2.1.– Il decreto legislativo 7 luglio 2016, n. 146 (Norma di attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di pianificazione urbanistica del settore commerciale, recante modifiche e integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica del 22 marzo 1974, n. 381, in materia di urbanistica ed opere pubbliche), ha introdotto nel d.P.R. n. 381 del 1974 l’art. 40, a norma del quale «[l]e Province autonome di Trento e di Bolzano assicurano la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi natura, salvo quanto disposto dai commi successivi» (primo comma); «[a]l fine di garantire la tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, dei beni culturali, il governo del territorio e il mantenimento e la ricostruzione del tessuto commerciale tradizionale nonché la tutela della vivibilità dei centri storici, le province possono anche prevedere, senza discriminazione tra gli operatori e nel rispetto del principio di proporzionalità, aree interdette agli esercizi commerciali e limitazioni per l’esercizio del commercio nelle zone produttive» (secondo comma); «[l]e province, in relazione alla specificità topografica montana del territorio e alle particolari tradizioni che ne rappresentano l’identità, possono adottare misure di salvaguardia e riqualificazione delle attività commerciali, anche mediante piani di incentivazione purché si rispettino i vincoli derivanti dall’ordinamento europeo in tema di aiuti di Stato» (terzo comma).

2.2.– Anche la disciplina provinciale in materia di commercio al dettaglio nelle zone produttive è stata molte volte e variamente modificata, come rilevato dalle parti.

In particolare, per quanto qui più specificamente interessa, viene in rilievo la legge provinciale 22 dicembre 2016, n. 27 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità 2017), soprattutto nel suo art. 2, che ha novellato l’art. 44 della legge provinciale n. 13 del 1997. In seguito, l’art. 8 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 20 dicembre 2017, n. 22 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità 2018), ha posto una nuova disciplina per la pianificazione di esercizi per il commercio al dettaglio nelle zone produttive (comma 1); ha ulteriormente modificato l’art. 44 della legge provinciale n. 13 del 1997 sul commercio al dettaglio nelle zone produttive (commi 2, 3, 4 e 6); ha posto una norma transitoria (comma 5) e ha altresì apportato modifiche alla legge provinciale n. 7 del 2012 (comma 7).

3.– Prima di considerare l’eventuale incidenza dello ius superveniens, occorre esaminare i profili di inammissibilità attinenti ai termini delle questioni sollevate (ordinanze n. 64 del 2017 e n. 246 del 2016), oggetto anche di eccezioni da parte delle difese delle due società controinteressate nel giudizio a quo e della Provincia autonoma di Bolzano.

3.1.– La prima e la terza questione, che vanno considerate congiuntamente, sono inammissibili, in quanto presentano difetti di rilevanza, nonché un’impostazione dubitativa e ancipite.

Sotto il primo profilo, è dirimente osservare che il giudizio a quo verte sulla selezione della zona produttiva in cui, a norma dell’art. 44-bis della legge provinciale n. 13 del 1997, è ammessa la realizzazione di un centro commerciale di rilevanza provinciale. Sono altri i giudizi in corso che riguardano le limitazioni al commercio al dettaglio nelle zone produttive, previste dall’art. 44-ter della legge provinciale del 1997, come novellato nel 2013, e, poi, dall’art. 44 della legge provinciale n. 13 del 1997, come modificato nel 2014. È dunque in questo distinto contenzioso che rilevano le questioni di legittimità costituzionale riguardanti tali disposizioni (come del resto confermato dallo stesso Consiglio di Stato, ad esempio, nella sentenza della Sezione quarta, 21 giugno 2017, n. 3001, prodotta dalla difesa della stessa Aspiag Service srl).

Vero è che il rimettente ritiene che tutte le disposizioni censurate sarebbero inscindibilmente legate in quanto espressive di una medesima impostazione fortemente limitativa del commercio al dettaglio, e segnatamente dei nuovi centri commerciali, nelle zone produttive. Ed è vero, inoltre, che spetta in primo luogo al giudice del giudizio principale la valutazione sulla rilevanza delle questioni da sottoporre all’esame di questa Corte (ex plurimis, sentenza n. 228 del 2016 e n. 71 del 2015; ordinanze n. 290 del 2016 e n. 21 del 2015). Tuttavia, nel caso odierno, appare evidente che le disposizioni censurate hanno un diverso campo applicativo e contenuti ben distinguibili, pur essendo frutto di una medesima ispirazione teleologica. Altresì evidente è che nel giudizio a quo, che ha ad oggetto l’identificazione della zona produttiva con vocazione particolare, non vengono in applicazione le norme relative al commercio al dettaglio nelle altre zone produttive, contenute nell’art. 44 impugnato.

D’altra parte, non si potrebbe limitare la declaratoria di inammissibilità esclusivamente alla parte in cui la questione investe la disposizione da ultimo menzionata: l’ordinanza di rimessione lamenta una limitazione della libertà di iniziativa privata e della concorrenza derivante dalla interazione tra le due disposizioni, formulata in termini tali da essere priva di significato se, ipoteticamente, fosse riferita al solo art. 44-bis. Infatti, l’eventuale annullamento di questo articolo, unica norma che consente la realizzazione di (almeno) un centro commerciale in zona produttiva, non potrebbe sortire l’effetto di liberalizzazione sperato. Di qui una ulteriore conferma del difetto di rilevanza.

3.2.– Sotto il secondo profilo, poi, il rimettente – nel contesto dell’esame della terza questione, ma con affermazione che evidentemente si riverbera anche sulla prima – afferma di trovarsi di fronte al seguente «dubbio assoluto […], non risolvibile in via interpretativa»: se sia applicabile alla fattispecie l’art. 44, comma 4, della legge provinciale n. 13 del 1997, come novellato dall’art. 8 della legge provinciale n. 10 del 2014, da ritenere retroattivo in virtù di quanto previsto al suo comma 11; oppure l’art. 3, comma 3, della legge provinciale n. 3 del 2013 (recte: l’art. 44-ter, comma 3, della legge provinciale n. 13 del 1997, come novellato dall’art. 3 della legge provinciale n. 3 del 2013), in virtù del richiamo operato dall’ultimo periodo del citato art. 44, comma 4. Nell’incertezza, il rimettente estende (con la terza questione) alla normativa del 2013 le censure già sollevate (nella prima questione) nei confronti della nuova disciplina sostanziale stabilita dalla novella del 2014.

Come osservato dalla difesa di Aspiag Service srl, a fronte di un quadro normativo provinciale tutt’altro che stabile e lineare, queste perplessità sono comprensibili. Nondimeno, è compito del giudice a quo identificare univocamente la norma da applicare alla fattispecie concreta. Omettendo di farlo, e formulando questioni alternative su due diverse leggi succedutesi nel tempo, l’ordinanza finisce per formulare questioni dichiaratamente ancipiti e, per questo, inammissibili (ex plurimis, sentenze n. 102 del 2016 e n. 247 del 2015; in particolare, quanto alle incertezze in merito all’applicabilità di determinate norme di legge nel giudizio a quo, sentenza n. 440 del 2000, ordinanze n. 342 e n. 138 del 2002, nonché n. 206 del 1989).

4.– La seconda questione di legittimità costituzionale è inammissibile per carenza di motivazione sulla non manifesta infondatezza (ex plurimis, sentenza n. 214 del 2017, sentenze n. 276 e n. 219 del 2016, sentenze n. 223 e n. 120 del 2015).

Essa si basa sulla laconica affermazione che la previsione di un unico centro commerciale contrasterebbe con il divieto di discriminazione tra gli imprenditori di cui all’art. 31 del d. l. n. 201 del 2011, come convertito dalla legge n. 214 del 2011, il quale a sua volta sarebbe «conseguenza applicativa» del «divieto di disparità di trattamento proclamato dall’articolo 3 [della] Costituzione». A tacere del fatto che il nesso tra la norma legislativa e il principio costituzionale è affermato in termini apodittici, una motivazione siffatta non considera – benché le parti abbiano argomentato in proposito anche nel giudizio a quo – le modalità di selezione della zona anzidetta e, in particolare, la possibilità che il ricorso a forme di evidenza pubblica soddisfi le richiamate esigenze di par condicio.

5.– Deve pertanto essere dichiarata l’inammissibilità di tutte le questioni di legittimità costituzionale sollevate, per le ragioni indicate, rimanendo assorbito ogni altro profilo.

 

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 44 – come novellato dall’art. 8, comma 4, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 23 ottobre 2014, n. 10 (Modifiche di leggi provinciali in materia di urbanistica, tutela del paesaggio, foreste, acque pubbliche, energia, aria, protezione civile e agricoltura) – e 44-bis della legge della Provincia autonoma di Bolzano 11 agosto 1997, n. 13 (Legge urbanistica provinciale), sollevata in riferimento agli artt. 41 e 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa, sezione autonoma di Bolzano, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 44-ter, comma 3, della legge provinciale n. 13 del 1997, come novellato dall’art. 3 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 8 marzo 2013, n. 3 (Modifica della legge provinciale 19 febbraio 2001, n. 5, “Ordinamento della professione di maestro di sci e delle scuole di sci” e di altre leggi provinciali), sollevata in riferimento agli artt. 41 e 117, secondo comma, lettera e), Cost., dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa, sezione autonoma di Bolzano, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 44-bis della legge provinciale n. 13 del 1997, sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa, sezione autonoma di Bolzano, con l’ordinanza indicata in epigrafe.