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Corte costituzionale - sentenza del 3 novembre 2015, n. 238
Legge 27 dicembre 2013, n. 147 – legge di stabilità 2014 – proroga fino al 2017 del concorso delle autonomie speciali agli obiettivi di finanza pubblica – estinzione del processo a causa dell’accordo finanziario con il Governo del 15 ottobre 2014

Sentenza 3 novembre 2015 (19 novembre 2015), n. 28; Pres. Criscuolo; Red. Zanon

 

Ritenuto in fatto 1.– Con ricorso notificato il 24 febbraio 2014 e depositato in cancelleria il 28 febbraio 2014 (reg. ric. n. 7 del 2014), la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallé d’Aoste ha promosso, tra le altre, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 499, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2014), in riferimento agli artt. 2, comma 1, lettere a) e b), 3, comma 1, lettera f), 48-bis e 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), alla legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell’ordinamento finanziario della regione Valle d’Aosta), agli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione desunto dagli artt. 5 e 120 Cost.

La ricorrente evidenzia in particolare che tale norma, modificando l’art. 1, comma 454, lettera d), della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2013), mediante l’inserimento di una tabella, individua in maniera puntuale gli importi da computare in riduzione al complesso delle spese finali di ciascuna autonomia speciale, ai fini della determinazione del patto di stabilità «in termini di competenza eurocompatibile», comportando così un ulteriore risparmio di spesa a carico di tali autonomie (pari, quanto alla ricorrente, a 7 milioni di euro per il 2014 e 9 milioni di euro per il 2015-2017), nonostante il citato art. 1, comma 454, abbia stabilito che il concorso alla finanza pubblica di tali soggetti debba avvenire mediante accordo con lo Stato.

Il contenuto di questo accordo sarebbe però predeterminato unilateralmente dalla previsione impugnata, in violazione del principio pattizio espresso dagli artt. 48-bis e 50 dello statuto, e avente ad oggetto l’ordinamento finanziario della Regione, ai sensi dell’art. 1 del decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Valle d’Aosta).

Inoltre, la previsione impugnata inciderebbe in senso pregiudizievole sulla autonomia finanziaria della Regione, violando la competenza regionale in materia di ordinamento degli uffici e ordinamento degli enti locali (art. 2, comma 1, lettere a e b dello statuto) e di finanze regionali e comunali (art. 3, comma 1, lettera f , dello statuto) anche in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., applicabili in forza dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).

Il meccanismo introdotto dal legislatore statale, per i medesimi motivi, contrasterebbe con il principio di leale collaborazione.

2.– Con ricorso notificato il 21 febbraio 2014 e depositato in cancelleria il 28 febbraio 2014 (reg. ric. n. 9 del 2014), la Regione autonoma Sardegna ha promosso, tra le altre, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 499, della legge n. 147 del 2013, in riferimento agli artt. 3, 81, 117 e 119 Cost. e agli artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).

La ricorrente ritiene che la norma impugnata, imponendo nuovi e maggiori oneri di finanza pubblica a carico delle autonomie speciali (per la Sardegna, pari a ulteriori 51 milioni di euro per il 2014, che diventano 69 milioni per il triennio successivo) sia costituzionalmente illegittima per due profili.

In primo luogo, l’imposizione di un nuovo contributo di finanza pubblica, non accompagnato da un adeguamento del patto di stabilità alla riforma delle entrate regionali intervenuta con la modifica dell’art. 8 dello statuto, violerebbe l’autonomia finanziaria della Regione presidiata dall’art. 119 Cost. e, in particolare, dagli artt. 7 e 8 dello statuto, attraverso il riconoscimento della disponibilità delle quote di compartecipazione alle entrate erariali. Continuando lo Stato a negare l’incremento delle compartecipazioni ai tributi erariali assicurato dall’art. 8 dello statuto, l’imposizione di nuovi oneri renderebbe impossibile o eccessivamente oneroso per la Regione ricorrente lo svolgimento delle funzioni pubbliche e dei servizi, anche essenziali, ad essa assegnate dalla Costituzione (artt. 117 e 119), dallo statuto (artt. 3, 4, 5 e 6) e dalla legislazione statale.

Sarebbe violato anche l’art. 81 Cost., in quanto l’impossibilità di utilizzare le anzidette risorse determina l’incontrollato accumularsi di avanzi di bilancio (per il blocco degli impegni di spesa) e di ingenti interessi passivi (dovuto al blocco dei pagamenti), con progressivo allontanamento delle risultanze del bilancio regionale, anno per anno, dal principio di veridicità.

In secondo luogo, l’imposizione di nuovi oneri, a fronte dei già previsti contributi di finanza pubblica e della particolare situazione finanziaria della Regione autonoma Sardegna, che attende ancora la completa attuazione dell’art. 8 dello statuto, costituirebbe un’arbitraria e irragionevole compressione dell’autonomia finanziaria regionale, contrastando di nuovo con gli artt. 7 e 8 dello statuto e con l’art. 119 Cost., anche in relazione al principio di ragionevolezza espresso dall’art. 3 Cost.

Inoltre, sarebbe violato sotto altro profilo l’art. 81, primo e terzo comma, Cost., poiché lo Stato conseguirebbe l’equilibrio di bilancio e disporrebbe la copertura delle leggi di spesa «solo attraverso un sostanzioso finanziamento ottenuto forzosamente dalle Regioni».

3.– Con ricorso notificato il 25 febbraio 2014 e depositato in cancelleria il 3 marzo 2014 (reg. ric. n. 10 del 2014), la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha promosso, tra le altre, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 499, lettere b) e c), della legge n. 147 del 2013, in riferimento agli art. 3, 117, terzo comma, Cost., agli artt. 4, numero 1-bis), 51, 54, 63, comma 5, e 65 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), all’art. 9 del decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 9 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni), all’art. 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2011), e al principio di leale collaborazione.

La ricorrente richiama le censure svolte con il ricorso reg. ric. n. 32 del 2013, a proposito dell’art. 1, comma 454, della legge n. 228 del 2012, e rileva che le norme impugnate pongono ulteriori limiti di spesa alla Regione, in violazione del principio dell’accordo garantito dagli artt. 63, comma 5, e 65 dello statuto, nonché dall’art. 1, comma 155, della legge n. 220 del 2010, conforme al principio di leale collaborazione.

Le modalità di partecipazione della Regione alle manovre di finanza pubblica, in altri termini, sarebbero già state previste dalla legge n. 220 del 2010 e non potrebbero venire ulteriormente modificate dalla legge statale.

Inoltre, la norma impugnata, nel prolungare ulteriormente, sino al 2017, gli oneri finanziari connessi al concorso delle autonomie speciali agli obiettivi di finanza pubblica, rivelerebbe la sistematicità delle proroghe disposte ogni anno dal legislatore statale e contrasterebbe perciò con quanto affermato da questa Corte nella sentenza n. 193 del 2012, a proposito della necessaria temporaneità degli obblighi aventi ad oggetto riduzioni di spesa, con conseguente violazione dell’autonomia finanziaria regionale, ex artt. 49 e seguenti dello statuto, e 117, terzo comma, Cost.

Infine, con riguardo alla tabella prevista nell’impugnato art. 1, comma 499, lettera b), la ricorrente lamenta che, in violazione dell’art. 3 Cost., il riparto del contributo tra le autonomie speciali è stato operato con un criterio differente da quello osservato nei confronti delle Regioni a statuto ordinario, che si riferisce al prodotto interno lordo del relativo territorio nell’anno 2011.

4.– Con ricorso notificato il 25 febbraio 2014 e depositato in cancelleria il 5 marzo 2014 (reg. ric. n. 15 del 2014), la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 499 e 500, della legge n. 147 del 2013, in riferimento agli artt. 79, 104 e 107 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), e 3 Cost., per violazione del principio di ragionevolezza.

La ricorrente evidenzia, in particolare, che il concorso alla finanza pubblica avviene nei modi indicati dall’art. 79 dello statuto o in forza dell’accordo con lo Stato ivi previsto.

Pertanto, misure come quelle derivanti dall’impugnato art. 1, commi 499 (in particolare sub lettere b e c) e 500, che aggravano la lesione già prodotta dal comma 455 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012 (impugnato dalla Regione con precedente ricorso reg. ric. n. 33 del 2013) sia dal punto di vista temporale (mediante la proroga dei contributi al 2017) che dal punto di vista quantitativo (mediante la tabella di cui alla nuova lettera d del comma 454 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012), violerebbero il principio dell’accordo in materia finanziaria, risultante dalla giurisprudenza costituzionale, in relazione agli artt. 79, 104 e 107 dello statuto, nonché il principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost. (che la ricorrente sostiene di poter invocare, rientrando le norme impugnate nella materia regionale del coordinamento della finanza pubblica e incidendo sull’autonomia finanziaria della Regione), in quanto, da un lato, prevedono un accordo e, dall’altro, lo vanificano tramite una definizione aprioristica del suo contenuto.

5.– Con ricorso spedito per la notificazione il 24 febbraio 2014, ricevuto il 4 marzo 2014 e depositato nel medesimo giorno in cancelleria (reg. ric. n. 11 del 2014), la Provincia autonoma di Bolzano ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 499, 500, 502 e 504, della legge n. 147 del 2013, in riferimento agli artt. 79, 80, 81, 103, 104 e 107 del d.P.R. n. 670 del 1972, al decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), all’art. 2, commi 106 e 108, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), nonché ai principi di ragionevolezza e di leale collaborazione.

La ricorrente evidenzia che l’impugnato art. 1, comma 499, apportando modifiche al comma 454 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012, e nonostante che nella premessa del primo periodo del comma 454 vengano espressamente escluse la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province autonome di Trento e Bolzano, prevede irragionevolmente a carico della Provincia autonoma di Bolzano, per effetto della sostituzione della lettera d) del richiamato comma 454, ulteriori contributi al fine del concorso agli obiettivi di finanza pubblica mediante la riduzione del complesso delle spese finali in termini di competenza eurocompatibile risultante dal consuntivo 2011, nella misura di 26 milioni di euro per l’anno 2014 e di 35 milioni di euro per gli anni 2015-2017.

Evidenzia altresì che i commi 500, 502 e 504 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 modificano, rispettivamente, i commi 455, 461 e 463 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012, in materia di concorso agli obiettivi di finanza pubblica, verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno e relative sanzioni.

In particolare, il comma 500 conferma gli ulteriori contributi a carico delle autonomie speciali già previsti dal comma 455 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012 e, con specifico riferimento alla Provincia autonoma di Bolzano, quelli già determinati per il 2014 in 26 milioni di euro e per gli anni 2015-2017 in 35 milioni di euro annui, nonché conferma ulteriori contributi, non quantificati, sempre a carico delle autonomie speciali.

Il comma 502, inoltre, apporta modifiche all’art. 1, comma 461, della legge n. 228 del 2012, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 219 del 2013, con la quale è stato dichiarato incostituzionale l’art. 7 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 (Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42), come modificato dalla legge n. 228 del 2012, nella parte in cui si applica alle Province autonome e alle altre autonomie speciali, sostituendo il rinvio operato dal comma 461 all’art. 7, comma 1, lettera d), del richiamato decreto legislativo con quello al comma 462, lettera d), dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012.

Il comma 504, infine, abroga a decorrere dal 2014 il comma 463 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012, che a sua volta richiamava l’art. 7 del d.lgs. n. 149 del 2011.

La ricorrente premette di concorrere alla finanza pubblica, a seguito del cosiddetto “Accordo di Milano” del 2009, recepito dall’art. 2, commi da 106 a 126, della legge n. 191 del 2009, attraverso misure concordate con lo Stato.

In particolare, l’art. 79 dello statuto enuncia il principio dell’accordo ed esclude l’applicabilità delle misure adottate per le altre Regioni.

La Provincia autonoma osserva che, invece, con le disposizioni impugnate il legislatore statale ha imposto alla ricorrente in via unilaterale ulteriori concorsi nella finanza pubblica (commi 499 e 500 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013) e sanzioni relative all’inosservanza del patto di stabilità interno (commi 502 e 504 del medesimo art. 1), interferendo con l’autonomia finanziaria provinciale e in violazione del principio dell’accordo tra Stato ed autonomie speciali, desunto dagli artt. 79, 104 e 107 dello statuto e dal principio di leale collaborazione.

Il comma 502, inoltre, sarebbe lesivo perché richiama la lettera d) del comma 462 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012, che, nell’ambito delle sanzioni per il mancato rispetto del patto, riferite anche alle Province autonome, prevede il divieto di assumere personale a qualsiasi titolo e di stipulare contratti di servizio elusivi del divieto, interferendo anche con la sua organizzazione.

Anche il comma 504 sarebbe lesivo, per l’ipotesi in cui il comma 463 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012 (riguardante gli adempimenti prescritti per sanare l’eventuale inosservanza del patto di stabilità, riferito anche alle Province autonome) avesse trovato applicazione nel 2013, giacché la sua abrogazione è disposta solo dal 2014.

Infine, la ricorrente ribadisce le censure già avanzate, con precedente ricorso reg. ric. n. 30 del 2013, nei confronti degli originari commi 461 e 463 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012, osservando che le modifiche introdotte dai commi 502 e 504 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 incorrono nelle stesse violazioni del nuovo Titolo VI dello statuto, ed in particolare degli artt. 104 e 107, non potendo la legge ordinaria dello Stato definire unilateralmente il contenuto delle sanzioni derivanti dal mancato rispetto del patto di stabilità interno per la Provincia e per gli enti locali del rispettivo territorio, come già statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 133 del 2010.

6.– Con ricorso notificato il 25 febbraio 2014 e depositato in cancelleria il 5 marzo 2014 (reg. ric. n. 14 del 2014), la Provincia autonoma di Trento ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 499, lettere b) e c), 500, 502 e 504 della legge n. 147 del 2013, in riferimento agli artt. 3 Cost., 8, numero 1), 16, 53, 54, 79, 80, 81, 103, 104 e 107 del d.P.R. n. 670 del 1972 e agli artt. 2, 3 e 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento) e, se più favorevoli, agli artt. 117, quarto e sesto comma, e 118 Cost., nonché al principio di leale collaborazione.

Il ricorso avverso l’art. 1, commi 499, lettere b) e c), e 500, della citata legge, che richiama le ragioni addotte dalla stessa Provincia nel precedente ricorso reg. ric. n. 35 del 2013, presentato avverso il comma 455 (versione originaria) dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012, è del tutto analogo a quello proposto dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol.

Anche il ricorso avverso l’impugnato art. 1, commi 502 e 504, richiama le ragioni addotte nel precedente ricorso reg. ric. n. 35 del 2013, con riguardo ai commi 461 (versione originaria) e 462 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012, sostenendo la Provincia autonoma che il comma 502, modificando il comma 461 e richiamando le sanzioni del comma 462, riproduce le lesioni derivanti da tali norme, e in particolare la violazione dell’art. 79 dello statuto, che pone le regole per la definizione del patto di stabilità, ai sensi delle quali lo Stato non può definire unilateralmente le condizioni perché la Provincia sia adempiente al patto di stabilità, in violazione del principio consensuale che domina i rapporti finanziari fra Stato e Regioni speciali e degli artt. 103, 104 e 107 dello statuto.

Inoltre, le norme impugnate violerebbero nuovamente l’art. 79, terzo e quarto comma, nonché i successivi artt. 80 e 81 dello statuto e l’art. 17, comma 3, del d.lgs. n. 268 del 1992, nel caso in cui fossero intese come applicabili anche in relazione agli obblighi concernenti il patto di stabilità degli enti locali.

Quanto al comma 504 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013, infine, la ricorrente propone ragioni analoghe a quelle dedotte nel ricorso della Provincia autonoma di Bolzano.

7.– Con ricorso notificato il 25 febbraio 2014 e depositato in cancelleria il 5 marzo 2014 (reg. ric. n. 17 del 2014), la Regione siciliana ha promosso, tra le altre, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 499, della legge n. 147 del 2013, in riferimento agli artt. 81, sesto comma, 97, primo comma, e 119, primo e sesto comma, Cost., agli artt. 36 e 43 del regio decreto legislativo 5 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana) e all’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia finanziaria).

La ricorrente evidenzia che l’art. 1, comma 499, della citata legge ridefinisce per le autonomie speciali l’obiettivo del patto di stabilità e modifica il comma 454 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012, prorogando fino al 2017 i contributi già previsti da tale ultima disposizione (impugnata dalla Regione siciliana con precedenti ricorsi) e introducendo in modo puntuale, con la tabella inserita nella lettera b), un ulteriore contributo a carico delle autonomie speciali, determinato per la Sicilia in 133 milioni di euro per il 2014 e in 178 milioni di euro per gli anni dal 2015 al 2017, al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica.

Evidenzia, altresì, che l’impugnato art. 1, comma 499, prevede, alla lettera c), l’inserimento di una lettera d-bis) nel testo del comma 454 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012, che prevede la possibilità di disporre ulteriori contributi, non specificamente indicati, come già era stabilito dalla previgente lettera d) del richiamato comma 454: tali contributi, ad avviso della ricorrente, potrebbero essere successivamente quantificati, analogamente a quanto verificatosi per quelli previsti in via eventuale dal previgente comma 454, minando ulteriormente la già gravata economia della Regione siciliana, onerata da una serie di riserve a favore dell’erario e di contributi alla finanza pubblica.

Secondo la ricorrente, inoltre, il meccanismo di risparmi e contributi, ulteriori e non, composto dall’impugnato art. 1, comma 499, a carico della Regione cela in realtà svariate riserve a favore dello Stato di quote regionali di compartecipazione ai tributi erariali, in difetto dei presupposti a tal fine imposti allo Stato dall’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, e in violazione dell’art. 36 dello statuto.

Con tale meccanismo la norma impugnata violerebbe il principio dell’accordo nella disciplina dei rapporti finanziari tra Stato e Regione siciliana, desumibile dall’art. 43 dello statuto.

Infine, sarebbero lesi gli artt. 81, 97 e 119 Cost., giacché le norme impugnate «dispongono invece tutta una serie di obblighi che rendono estremamente difficile per la Regione conformarsi ai principi di recente introdotti in Costituzione in materia di bilancio».

8.– È intervenuto in tutti i giudizi, con memorie di analogo tenore, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che i ricorsi siano dichiarati inammissibili, e comunque non fondati.

L’intervenuto ritiene, sul piano dell’ammissibilità, che le ricorrenti non abbiano dimostrato quale pregiudizio arrecherebbero loro le norme impugnate e aggiunge che analoghe questioni di legittimità costituzionale sono già state rigettate da questa Corte.

Nel merito, evidenzia che le autonomie speciali sono tenute al rispetto degli equilibri generali imposti dalla finanza pubblica e che tale asserzione trova ormai un fondamento costituzionale nel nuovo testo dell’art. 119, primo comma, Cost.

In questo quadro, sono ammesse riduzioni nella disponibilità finanziaria delle Regioni, che non ne compromettano l’esercizio delle funzioni, in particolare in un contesto di eccezionale emergenza finanziaria.

I commi 499 e 500 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 avrebbero peraltro natura senza dubbio transitoria, in quanto impongono contributi circoscritti nel tempo.

9.– Le Regioni autonome Sardegna, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige/Südtirol, nonché le Province autonome di Trento e di Bolzano, a seguito di accordi raggiunti con il Ministro dell’economia e delle finanze in materia di finanza pubblica, e in esecuzione degli stessi, hanno rinunciato ai ricorsi aventi ad oggetto le disposizioni indicate, depositando nella cancelleria della Corte gli atti di rinuncia, notificati al Presidente del Consiglio dei ministri, e le conformi deliberazioni delle rispettive Giunte (unitamente, quanto alla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e alla Provincia autonoma di Trento, alle deliberazioni consiliari di ratifica).

Tali rinunce sono state formalmente accettate con deliberazioni del Consiglio dei ministri, depositate dall’Avvocatura generale dello Stato nella cancelleria della Corte.

Anche la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallé d’Aoste ha rinunciato al ricorso, in esecuzione dell’accordo raggiunto il 21 luglio 2015 con il Ministro dell’economia e delle finanze, depositando nella cancelleria della Corte, in data 13 ottobre 2015, l’atto di rinuncia, notificato al Presidente del Consiglio dei ministri il 12-15 ottobre 2015, e la conforme deliberazione della Giunta regionale.

La Regione siciliana, a sua volta, ha sottoscritto in data 9 giugno 2014 un accordo con lo Stato, che è stato parzialmente trasfuso nell’art. 42 del decreto- legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive»), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164. In detto accordo, la Regione siciliana si impegna «a ritirare, entro il 30 giugno 2014, tutti i ricorsi contro lo Stato pendenti dinanzi alle diverse giurisdizioni relativi alle impugnative di leggi o di atti conseguenziali in materia di finanza pubblica, promossi prima del presente accordo, o, comunque, a rinunciare per gli anni 2014-17 agli effetti positivi sia in termini di saldo netto da finanziare che in termini di indebitamento netto che dovessero derivare da eventuali pronunce di accoglimento». Tuttavia, nonostante il ricorso in esame rientrasse nella previsione della clausola, in quanto presentato prima della stipulazione dell’accordo, la Regione siciliana non vi ha rinunciato.

Considerato in diritto 1.– Con sette ricorsi (rispettivamente iscritti ai nn. 7, 9, 10, 11, 14, 15 e 17 del registro ricorsi 2014), le Regioni autonome Valle d’Aosta/Vallé d’Aoste, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige/Südtirol, le Province autonome di Bolzano e di Trento, nonché la Regione siciliana hanno promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2014).

Tutte le ricorrenti impugnano, tra gli altri, il comma 499 – limitatamente alle lettere b) e c), quanto alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e alla Provincia autonoma di Trento – dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013; i ricorsi della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, della Provincia autonoma di Bolzano e della Provincia autonoma di Trento hanno anche ad oggetto, tra gli altri, il comma 500 del medesimo articolo e quelli delle sole Province autonome si estendono ai successivi commi 502 e 504.

Riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori questioni promosse nei confronti di altre disposizioni dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013, i ricorsi devono essere riuniti e qui esaminati congiuntamente limitatamente ai commi 499, 500, 502 e 504 del citato art. 1, che sono stati censurati in riferimento a parametri e per motivi almeno in parte coincidenti (ex plurimis, sentenze n. 82 del 2015, n. 144, n. 44, n. 28 e n. 22 del 2014).

Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito in tutti i giudizi chiedendo che i ricorsi siano dichiarati inammissibili, e comunque non fondati

2.– Le Regioni autonome Sardegna, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige/Südtirol, nonché le Province autonome di Trento e di Bolzano, a seguito di accordi raggiunti con il Ministro dell’economia e delle finanze in materia di finanza pubblica, e in esecuzione degli stessi, hanno rinunciato ai ricorsi aventi ad oggetto le disposizioni sopra indicate, depositando nella cancelleria della Corte gli atti di rinuncia, notificati al Presidente del Consiglio dei ministri, e le conformi deliberazioni delle rispettive Giunte (unitamente, quanto alla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e alla Provincia autonoma di Trento, alle deliberazioni consiliari di ratifica).

Le rinunce sono state formalmente accettate con deliberazioni del Consiglio dei ministri depositate dall’Avvocatura generale dello Stato nella cancelleria della Corte.

Anche la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallé d’Aoste ha rinunciato al ricorso, in esecuzione dell’accordo raggiunto il 21 luglio 2015 con il Ministro dell’economia e delle finanze, depositando nella cancelleria della Corte, il 13 ottobre 2015, l’atto di rinuncia, notificato al Presidente del Consiglio dei ministri il 12-15 ottobre 2015, e la conforme deliberazione della Giunta regionale.

L’accettazione delle rinunce determina, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l’estinzione dei processi relativamente alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 499, della legge n. 147 del 2013, promosse dalle Regioni autonome Sardegna, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige/Südtirol nonché dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, e relativamente alle questioni di legittimità costituzionale dei commi 500, 502 e 504 del medesimo articolo, promosse dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol (limitatamente al comma 500) e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano (ex plurimis, sentenza n. 77 del 2015, in materia analoga).

In difetto di formale accettazione della rinuncia da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, ma anche in difetto di un suo interesse a coltivare il giudizio, deve essere dichiarata, altresì, la cessazione della materia del contendere relativamente alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 499, della legge n. 147 del 2013, promosse dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallé d’Aoste (ex plurimis, sentenze n. 82, n. 77 e n. 75 del 2015; ordinanza n. 62 del 2015).

3.– La Regione siciliana ha sottoscritto, il 9 giugno 2014, un accordo con lo Stato, che la impegnava «a ritirare, entro il 30 giugno 2014, tutti i ricorsi contro lo Stato pendenti dinanzi alle diverse giurisdizioni relativi alle impugnative di leggi o di atti conseguenziali in materia di finanza pubblica promossi prima del presente accordo o, comunque, a rinunciare per gli anni 2014-17 agli effetti positivi sia in termini di saldo netto da finanziare che in termini di indebitamento netto che dovessero derivare da eventuali pronunce di accoglimento». Tuttavia, nonostante il ricorso in esame rientrasse nella previsione della clausola in quanto presentato prima della stipulazione dell’accordo, la Regione siciliana non vi ha rinunciato.

Restano, pertanto, da esaminare le questioni promosse dalla Regione siciliana, che riguardano, come si è detto, esclusivamente l’art. 1, comma 499, della legge n. 147 del 2013.

4.– La Regione siciliana ha impugnato l’art. 1, comma 499, della legge n. 147 del 2013 in riferimento agli artt. 81, sesto comma, 97, primo comma, e 119, primo e sesto comma, Cost., agli artt. 36 e 43 del regio decreto legislativo 5 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana) e all’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria).

La norma impugnata va collocata nel più ampio contesto delle disposizioni in tema di patto di stabilità, recate dalla legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2013).

In particolare, l’art. 1, comma 454, della legge n. 228 del 2012, che è inciso dall’impugnato art. 1, comma 499, in esame, stabilisce che il concorso delle autonomie speciali agli obiettivi di finanza pubblica resta governato dal principio dell’accordo: ciò significa che tali obiettivi, per gli anni dal 2013 al 2016 (termine finale originariamente fissato dal richiamato comma 454), sono concordati con il Ministro dell’economia e delle finanze entro il 31 marzo di ogni anno. Allo stesso tempo, le autonomie speciali sono gravate, in attesa di perfezionare l’accordo, da «contributi» direttamente quantificati dalla normativa statale, e indicati dallo stesso comma 454 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012 in via riepilogativa.

L’art. 1, comma 499, della legge n. 147 de 2013 prolunga sino al 2017 gli oneri finanziari connessi al concorso delle autonomie speciali agli obiettivi di finanza pubblica, già previsti nell’elencazione riepilogativa di cui all’art. 1, comma 454, della legge n. 228 del 2012; inoltre, modificando la lettera d) del citato comma 454, che prevedeva in modo generico e indistinto la disposizione di «ulteriori contributi» (previsione ora contenuta nella nuova lettera d-bis), individua in maniera puntuale, mediante l’inserimento della tabella di cui alla nuova lettera d), ulteriori importi da computare in riduzione al complesso delle spese finali di ciascuna autonomia speciale, ai fini della determinazione del patto di stabilità «in termini di competenza eurocompatibile», comportando così un ulteriore risparmio di spesa a carico di tali autonomie, nonostante il richiamato comma 454 stabilisca che il concorso alla finanza pubblica di tali soggetti debba avvenire mediante accordo con lo Stato. Si è perciò in presenza di ulteriori contributi, nella forma del contenimento della spesa, imposti unilateralmente alle autonomie speciali, in assenza dell’accordo sulla finanza pubblica tra queste ultime e lo Stato.

4.1.– La ricorrente lamenta, con riferimento alle proprie competenze statutarie, che il carattere unilaterale delle determinazioni assunte dallo Stato ai fini del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, in termini di ulteriori contenimenti di spesa. violerebbe il principio dell’accordo nella disciplina dei rapporti finanziari tra Stato e Regione siciliana, desumibile dall’art. 43 dello statuto.

Inoltre, il meccanismo di risparmi e contributi delineato dall’impugnato art. 1, comma 499, costituirebbe una dissimulata riserva a favore dello Stato di quote di compartecipazione ai tributi erariali di spettanza della Regione, in violazione dell’art. 36 dello statuto e in difetto dei presupposti stabiliti dall’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965.

Infine, sarebbero lesi gli artt. 81, 97 e 119 Cost., giacché la norma impugnata «dispon[e] invece tutta una serie di obblighi che rendono estremamente difficile per la Regione conformarsi ai principi di recente introdotti in Costituzione in materia di bilancio».

4.2.– Nella parte in cui è prospettata la violazione degli artt. 36 dello statuto e 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, la questione è inammissibile per incertezza e oscurità della censura (ex plurimis, sentenze n. 247 e n. 246 del 2009).

La Regione siciliana lamenta che l’art. 1, comma 499, della legge n. 147 del 2013 comporterebbe una «dissimulata riserva senza osservare la sussistenza dei requisiti di legittimità in particolare del requisito della novità dell’entrata» tributaria, ma non enuncia in maniera adeguata, chiara e intelligibile le ragioni che dovrebbero sostenere tale conclusione. Nessun argomento, tra quelli svolti nel ricorso, consente di comprendere come la norma impugnata, che è univocamente diretta a ridurre il livello della spesa regionale, possa avere una qualche attinenza con il diverso istituto (sentenza n. 77 del 2015) della riserva allo Stato del gettito di tributi spettanti in linea di principio alla Regione, in quanto riscossi sul suo territorio.

Per le stesse ragioni è inammissibile anche la censura relativa alla violazione del principio costituzionale dell’equilibro di bilancio, desunto dagli artt. 81, sesto comma, 97, primo comma, e 119, primo e sesto comma, Cost.

Questo motivo di ricorso è ancora più oscuro del precedente, in quanto sembra presupporre, senza alcun sostegno argomentativo, che i contributi stabiliti dall’impugnato art. 1, comma 499, comportino un trasferimento di risorse dalla Regione allo Stato, anziché – come emerge dal loro inquadramento nell’ambito dell’art. 1, comma 454, della legge n. 228 del 2012 – una riduzione della spesa regionale, che non compromette, ma agevola l’equilibrio di bilancio, il cui raggiungimento costituisce il dichiarato scopo della norma impugnata.

4.3.– La ricorrente reputa che la disposizione censurata violi l’art. 43 dello statuto di autonomia, poiché prevede misure di finanza pubblica senza l’intesa con la Regione.

La questione non è fondata.

Questa Corte ha ribadito di recente, proprio con riguardo alla Regione siciliana (sentenze n. 82, n. 77 e n. 46 del 2015), che, di regola, i principi di coordinamento della finanza pubblica recati dalla legislazione statale si applicano anche ai soggetti ad autonomia speciale (sentenza n. 36 del 2004; in seguito, sentenze n. 54 del 2014, n. 229 del 2011, n. 169 e n. 82 del 2007, n. 417 del 2005 e n. 353 del 2004).

È vero che rispetto a questi ultimi merita di essere privilegiata la via dell’accordo (sentenza n. 353 del 2004), con la quale si esprime un principio generale, desumibile anche dall’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, recante «Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione» (sentenze n. 193 e n. 118 del 2012), ma è anche vero che quel principio, in casi particolari, può essere derogato dal legislatore statale (sentenze n. 46 del 2015, n. 23 del 2014 e n. 193 del 2012).

È da aggiungere che, contrariamente a quanto ha sostenuto la ricorrente, si tratta di un principio che non è stato recepito dallo statuto di autonomia o dalle norme di attuazione di esso. È per questa ragione che l’art. 27, comma 1, della legge n. 42 del 2009 prevede che le autonomie speciali concorrono al patto di stabilità interno «secondo criteri e modalità stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi statuti», nel presupposto che tali fonti non abbiano ancora provveduto a disciplinare la materia e non abbiano, allo stato, recepito né declinato il principio pattizio nelle forme necessarie a renderlo opponibile al legislatore ordinario. Perciò, benché non valga ad alterare il riparto costituzionale delle competenze (sentenze n. 89 del 2014 e n. 39 del 2013), l’emergenza finanziaria, ove la legge ordinaria non incontri un limite in una fonte superiore, ben può alimentare interventi settoriali, che, per quanto non oggetto di accordo (sentenza n. 23 del 2014), pongano, caso per caso, obblighi finanziari a carico delle autonomie speciali.

Tuttavia, questa Corte deve altresì ribadire che il citato art. 27 pone una riserva di competenza a favore delle norme di attuazione degli statuti speciali per la modifica della disciplina finanziaria degli enti ad autonomia differenziata (sentenza n. 71 del 2012), così da configurarsi quale presidio procedurale della specialità finanziaria di tali enti (sentenza n. 241 del 2012). Sicché la deroga a quanto previsto dall’art. 27 della legge n. 42 del 2009 non potrebbe validamente trasformarsi, da transitoria eccezione, in stabile allontanamento delle procedure previste da quest’ultimo articolo.

Alla luce dei principi richiamati, che sono applicabili anche alla fattispecie oggetto del presente giudizio, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 499, della legge n. 147 del 2013, promossa dalla Regione siciliana in riferimento all’art. 43 del r. d.lgs. n. 455 del 1946, deve essere dichiarata non fondata.

 

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, dalla Regione autonoma Sardegna, dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, dalla Provincia autonoma di Bolzano, dalla Provincia autonoma di Trento, dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e dalla Regione siciliana con i ricorsi indicati in epigrafe;

riuniti i giudizi,

1) dichiara estinti, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale e nei limiti di cui sopra, i processi relativamente alle questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione autonoma Sardegna, dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, dalla Provincia autonoma di Bolzano, dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, con i ricorsi indicati in epigrafe;

2) dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 499, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2014), promosse dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, con il ricorso indicato in epigrafe;

3) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 499, della legge n. 147 del 2013, promosse dalla Regione siciliana in riferimento all’art. 36 del regio decreto legislativo 5 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), in relazione alla normativa di attuazione di cui all’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), nonché in riferimento agli artt. 81, sesto comma, 97, primo comma, e 119, primo e sesto comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;

4) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 499, della legge n. 147 del 2013, promossa dalla Regione siciliana in riferimento all’art. 43 del r. d.lgs. n. 455 del 1946, con il ricorso indicato in epigrafe.

 

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