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In vigore al: 08/03/2016

Corte costituzionale - Sentenza N. 517 del 30.12.1991
Sanità - Inquinamento acustico - D.P.C.M. in tema di limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno

Sentenza (19 dicembre) 30 dicembre 1991 n. 517; Pres. Corasaniti - Red. Baldassarre
 
Ritenuto in fatto: 1. Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al d. P. C. M. 1 marzo 1991 (Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno). Tale decreto, secondo la ricorrente, disciplinerebbe, senza base legislativa, aspetti della materia attinente all'inquinamento, acustico i quali sembrano ulteriori rispetto alla fissazione dei limiti massimi alle emissioni sonore relative all'ambiente esterno e abitativo. Pertanto, la Regione chiede che sia dichiarato che non spetta allo Stato, e per esso al Presidente del Consiglio dei Ministri, disciplinare, in mancanza di autorizzazione legislativa, i profili relativi agli artt. 1, comma 4, 2, 3, 4 e 5 del decreto impugnato, dei quali domanda altresì l'annullamento.
Premesso che la tutela dall'inquinamento acustico inerisce a materie quali la tutela del paesaggio, i lavori pubblici d'interesse provinciale, l'urbanistica, l'igiene e sanità, che sono riservate alle competenze provinciali ai sensi dell'art. 8, nn. 5, 6 e 17 e dell'art. 9, n. 10, dello Statuto per il Trentino-Alto Adige, come attuati dal d. P. R. 19 novembre 1987 n. 526, e dall'art. 4, comma 2, 1. 23 dicembre 1978 n. 833, la Provincia di Trento precisa che, ai sensi dell'articolo da ultimo citato, l'ambito delle competenze statali è limitato alla fissazione — con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanitࠗ dei « limiti massimi (...) delle emissioni sonore negli ambienti di lavoro, abitativi e nell'ambiente esterno ». L'atto impugnato, invece, in attesa della legge-quadro della materia, stabilisce in via provvisoria misure immediate e urgenti di salvaguardia della qualità ambientale e della esposizione umana al rumore che eccedono il suddetto ambito. Infatti, l'art. 1 stabilisce un potere di deroga del sindaco per le attività temporanee e per le manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, qualora comportino l'uso di macchinari e di impianti rumorosi; l'art. 2 demanda ai Comuni di dividere per zone il proprio territorio e di fissare in relazione ad esse i limiti massimi, salva la possibilità di norme speciali per le zone industriali e per gli impianti acido produttivo continuo; l'art. 3 prevede che le imprese debbano presentare alle regioni un piano di risanamento, contenente le modalità dell'adeguamento e il tempo necessario, che deve essere approvato dalle regioni stesse secondo un certo procedimento, il quale introduce anche un'ipotesi di silenzio-assenso; l'art. 4 prescrive alle regioni l'emanazione di direttive per l'adozione dei piani di risanamento comunali, i quali devono avere un certo contenuto, nonché la predisposizione da parte delle regioni stesse di un piano regionale annuale d'intervento per la bonifica dall'inquinamento acustico, nel cui quadro devono inserirsi i piani comunali; l'art. 5, infine, stabilisce che le domande di concessione edilizia per nuovi impianti industriali e la licenza o l'autorizzazione all'esercizio di tali attività devono contenere idonea documentazione di previsione d'impatto acustico. Su tali argomenti, conclude la ricorrente esiste, oltre tutto, una legge provinciale ( l. 18 marzo 1991 n. 6), rispetto alla quale la normativa denunciata si sovrappone con disposizioni estremamente dettagliate, fra le quali risaltano quelle contenute negli artt. 1, comma 4, 2, comma 3, 3, commi 1 e 2, e 5.
2. Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, non fondato.
L'Avvocatura dello Stato, dopo aver sottolineato che l'atto impugnato ha il suo fondamento legislativo nell'art. 4, comma 2,1. n. 833 del 1978 e si giustifica sulla base dell'esigenza unitaria di assicurare condizioni di salute uniformi su tutto il territorio nazionale, rileva che il ricorso, più che lamentarsi di una lesione di competenza, sembra piuttosto rivolto a ottenere un'interpretazione.
3. In prossimità della udienza ambedue le parti hanno depositato ulteriori memorie difensive.
La Provincia autonoma di Trento, ribadito che essa contesta le competenze illegittimamente esercitate dallo Stato, osserva che o si ritiene che l'atto impugnato contenga una disciplina suppletiva e cedevole, di modo che non sarebbe efficace (salvo la parte riferita ai limiti massimi) nel territorio della Provincia a seguito dell'adozione della ricordata legge provinciale, ovvero si ritiene che l'atto impugnato non sia cedevole e allora si dovrebbe concludere per l'illegittimità dello stesso.
L'Avvocatura dello Stato, dopo aver rilevato che nei suoi scritti difensivi la Provincia non contesta l'ancoramento dell'atto impugnato all'art. 4, comma 2, 1. n. 833 del 1978, osserva che la legislazione provinciale, essendo frutto di una fonte successiva e primaria, dovrebbe automaticamente prevalere nel territorio della Provincia stessa rispetto all'atto impugnato. Su tale base il ricorso dovrebbe esser dichiarato inammissibile per carenza d'interesse. In particolare, poi, non si applicherebbe alla Provincia l'art. 4 del decreto impugnato, in quanto la ricorrente, in base al proprio ordinamento finanziario, non potrebbe partecipare anche alle assegnazioni a carico dello Stato per il finanziamento dei piani di risanamento previsti nell'articolo indicato. In via subordinata, la difesa dello Stato ritiene che le disposizioni impugnate non siano illegittime, in quanto sembrerebbero strettamente connesse e funzionali alla determinazione dei limiti massimi.
Considerato in diritto. — 1. La Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al d. P. C. M. 1 marzo 1991 (Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitatativi e nell'ambiente esterno), con riguardo agli artt. 1, comma 4, 2, 3, 4 e e 5, sul presupposto che le disposizioni ivi contenute eccederebbero dalla competenza statale avente ad oggetto la fissazione dei « limiti massimi (...) delle emissioni sonore negli ambienti di lavoro, abitativi e nell'ambiente esterno » (art. 4, comma 2, l. 23 dicembre 1978 n. 833). Queste, pertanto, lederebbero le competenze provinciali relative alla submateria dell'inquinamento acustico, attribuite alla ricorrente dalle norme statutarie sulle le potestà legislative in tema di tutela del paesaggio, di lavori pubblici d'interesse provinciale, di urbanistica, di igiene e sanità (art. 8, nn. 5, 6 e 17, e art. 9, n. 10, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, come attuati dal d. P. R. 19 novembre 1987 n. 526, che ha esteso alle Province a autonome l'applicabilità del d. P. R. 24 luglio 1977 n. 616, nonché dal ricordato art. 4, comma 2, 1. n. 833 del 1978). Sulla base di tale prospettazione, la Provincia autonoma di Trento chiede che sia dichiarato che non spettata allo Stato, in mancanza di una specifica base legislativa, disciplinare con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri i profili regolati dalle disposizioni impugnate, delle quali domanda altresì l'annullamento.
2. Il ricorso va rigettato relativamente alle disposizioni contenute negli artt. 1, comma 4, 2, 3, comma 1, prima proposizione, e comma 2.
La ripartizione delle competenze fra lo Stato e la Provincia autonoma di Trento in materia di inquinamento acustico ha trovato attuazione tramite l'estensione  anche alla Regione Trentino-Alto Adige e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, ad opera del . P. R. 19 novembre 1987 n. 526, delle didisposizioni di cui agli artt. 101, 102 e 104 del d. P. R. 24 luglio 1977 n. 616, oltreché tramite l'art. 4, comma 2, l. n. 833 del 1978. L'art. 101 d. P. R. n. 616 ha provveduto a trasferire alle regioni (e alle province autonome) le funzioni amministrative concernenti « il controllo e la prevenzione dell'inquinamento acustico prodotto da sorgenti fisse, nonché quello prodotto da sorgenti mobili se correlate a servizi, opere ed attività trasferite alle regioni ». L'art. 102, n. 1, dello stesso decreto ha riservato, invece, allo Stato le funzioni amministrative relative alla fissazione dei « limiti minimi inderogabili d'accettabilità (...) delle emissioni sonore ». In riferimento alle potestà riservate allo Stato, l'art. 4, comma 2, l. n. 833 del 1978 ha ulteriormente stabilito, sotto la rubrica « uniformità delle condizioni di salute nel territorio nazionale », che « con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario o nazionale, sono fissati e periodicamente sottoposti a revisione i limiti massimi (...) delle emissioni sonore negli ambienti di lavoro, abitativi e nell'ambiente esterno ». Quest'ultima disposizione è stata poi modificata dall'art. 2, comma 14, l. 8 luglio 1986 n. 349, il quale prevede che « il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità, propone al Presidente del Consiglio dei Ministri la fissazione dei limiti massimi delle 6 emissioni sonore relativamente all'ambiente esterno e abitativo di cui all'art. 4 1. 23 dicembre 1978 n. 833 ».
Dall'insieme delle disposizioni di legge ora ricordate risulta, dunque, che, come si desume anche dalle premesse e dall'art. 1, comma 1, dell'atto impugnato, il fondamento del potere oggetto del presente conflitto è costituito dall'art. 4, comma 2, l. n. 833 del 1978, il quale riserva allo Stato, nel quadro del proprio generale potere di stabilire uniformi condizioni di salute sul territorio nazionale, la fissazione, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, dei limiti massimi delle emissioni sonore negli ambienti di lavoro, nonché in quelli abitativi e in quelli esterni. Pertanto, allo scopo di risolvere il conflitto oggetto del giudizio in esame, occorre verificare se le disposizioni impugnate sono riconducibili, o meno, al potere statale di fissazione dei limiti massimi delle emissioni sonore, appena menzionato.
3. Sicuramente rientranti nell'ambito del potere ora indicato sono l'art. 2 e l'art. 3, comma 1, limitatamente alla proposizione iniziale, e comma 2.
L'art. 2 si basa sulla premessa che i limiti massimi dei livelli sonori devono essere fissati in modo articolato, in relazione al tipo di area sul quale insistono le emissioni considerate. In altre parole, alla stregua dell'art. 2, ciascun tipo di zona, definito secondo la classificazione contenuta nella tabella n. 1 allegata al decreto (aree particolarmente protette, aree prevalentemente residenziali, aree di tipo misto, aree di intensa attività umana, aree prevalentemente industriali, aree esclusivamente industriali), deve avere specifici limiti massimi di livelli sonori, come determinati nella tabella n. 2, posta in allegato al decreto. In dipendenza di ciò, lo stesso art. 2 vincola, innanzitutto, i comuni ad adottare la classificazione in zone definita dallo stesso decreto (comma 1) e dispone, poi, che per le zone non esclusivamente industriali si debbano stabilire, « oltre ai limiti massimi in assoluto per il rumore », anche i criteri differenziali ivi indicati (secondo comma), prevedendo, in particolare, per gli impianti a ciclo produttivo continuo, situati nelle zone da ultimo menzionate, un termine di adeguamento di cinque anni (comma 3).
L'articolo ora riassunto rappresenta chiaramente un esercizio del potere statale di fissazione dei limiti massimi di emissione sonora, potere che non può non comportare, affinchè sia svolto in modo ragionevole e in conformità ai vari interessi pubblici coinvolti, tanto la suddivisione del territorio in aree diverse in relazione alle differenti caratteristiche delle stesse, quanto l'articolazione dei limiti medesimi e la predeterminazione delle modalità e dei tempi di adeguamento per specifici tipi di area e di fonti di emissione. Nei suoi vari commi, pertanto, l'art. 2 non lede in alcun modo le competenze provinciali in materia di inquinamento acustico.
Per le stesse ragioni va escluso che l'art. 3, comma 1, prima proposizione, e comma 2, comporti la violazione delle attribuzioni statutariamente affidate alla Provincia autonoma di Trento. Al primo comma, prima proposizione, tale articolo prevede, infatti, una facoltà di cui possono avvalersi le imprese, disponendo, più in particolare, che, ai fini del graduale adeguamente delle situazioni esistenti rispetto ai limiti massimi fissati dal decreto stesso, le imprese interessate possono, entro sei mesi, presentare alla regione competente un piano di risanamento con l'indicazione delle modalità di adeguamento e del tempo necessario a tal fine, tempo che non può comunque superare i trenta mesi. Al comma 2, lo stesso articolo prevede che le imprese, le quali non presentino il suddetto piano di risanamento, debbono adeguarsi ai limiti massimi, fissati dal decreto, nello stesso termine di sei mesi previsti per la presentazione del piano.
Parimenti non lesivo delle competenze statutariamente assegnate alla Provincia autonoma di Trento è l'art. 1, comma 4, del decreto impugnato. Tale articolo inserisce fra gli oggetti esclusi dal campo di applicazione del decreto impugnato anche « le attività temporanee, quali cantieri edili, le manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, qualora comportino l'impiego di macchinari ed impianti rumorosi », precisando che tali attività « debbono essere autorizzate, anche in deroga ai limiti del presente decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, dal sindaco, il quale stabilisce le opportune prescrizioni per limitare l'inquinamento acustico sentita la competente USL ». In realtà, siffatte disposizioni non introducono nuovi poteri, ma, più semplicemente, riflettono, sul piano della classificazione delle sorgenti sonore assoggettabili ai limiti massimi previsti dal decreto stesso, la ripartizione legislativa delle competenze stabilita in materia d'inquinamento acustico a favore del sindaco quale autorità sanitaria locale. A questo, infatti, spettano numerosi poteri in materia, tra i quali assumono particolare rilievo al riguardo, tanto quelli relativi alla disciplina integrativa (e alla prevenzione) delle emissioni sonore, cui fa riferimento l'art. 104 d. P. R. n. 616 del 1977, quanto quelli contingibili e urgenti, previsti dall'art. 32 l. n. 833 del 1978.
4. Sono, invece, lesivi delle competenze che lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige assegna alle Province autonome l'art. 3, comma 1, seconda e terza proposizione, nonché gli artt. 4 e 5 del decreto impugnato, in quanto prevedono principi organizzativi e indirizzi nei confronti delle funzioni legislative e amministrative delle regioni e delle province autonome, nonché oneri alle imprese, i quali sono posti nell'esercizio di poteri statali incidenti su potestà regionali o provinciali in totale mancanza del richiesto fondamento legislativo.
In particolare, l'art. 4 del decreto impugnato impone alle regioni e alle province autonome l'adozione di piani annuali d'intervento per la bonifica dall'inquinamento acustico, nonché l'emanazione di direttive per la predisposizione, da parte dei comuni, di piani di risanamento esecutivi dei piani regionali, stabilendo altresì il contenuto strutturale di tali piani. Poiché si tratta di una disciplina che interferisce sull'autonomia regionale e comunale, le relative prescrizioni possono essere validamente disposte soltanto con un atto legislativo statale o, comunque, con un atto amministrativo adottato sulla base di una legge (v., da ultimo, sentt. nn. 512 del 1990, 53, 98 e 204 del 1991). L'assenza di qualsiasi copertura legislativa delle prescrizioni ora esaminate rende l'esercizio del relativo potere illegittimo e, come tale, lesivo delle competenze statutariamente spettanti alla Provincia di Trento.
Per le stesse ragioni devono considerarsi lesivi di tali competenze sia l'art. 3, comma 1, limitatamente alla seconda e alla terza proposizione, laddove impone alle regioni e alle province autonome l'esame dei piani di risanamento delle imprese entro il termine di sei mesi, decorso il quale l'approvazione si intende avvenuta, sia l'art. 5, che vincola coloro che presentano « domanda per il rilascio di concessione edilizia relativa a nuovi impianti industriali di licenza od autorizzazione all'esercizio di tali attività » ad allegare un'idonea documentazione di previsione d'impatto acustico.
 

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara che spetta allo Stato adottare, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, le disposizioni contenute negli artt. 1, comma 4, 2, 3, comma 1, prima proposizione, e comma 2, d. P. C. M.. 1 marzo 1991 (Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno);
dichiara che non spetta allo Stato adottare, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, in mancanza di idonea copertura legislativa, le disposizioni contenute nell'art. 3, comma 1, seconda e terza proposizione, nonché negli artt. 4 e 5 d. P. C. M. 1 marzo 1991 sopra menzionato e, conseguentemente, annulla le disposizioni ora indicate.
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