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In vigore al: 08/03/2016

Corte costituzionale - Sentenza N. 345 del 20.07.1990
Realizzazione di strutture sanitarie nazionali per anziani non autosufficienti

Sentenza - (11 luglio) 20 luglio 1990 n. 345; Pres. Saja, Red. Baldassarre
 
Ritenuto in fatto: 1. La Provincia autonoma di Trento ha proposto un ricorso, regolarmente notificato e depositato, con il quale ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al d.P.C.M. 22 dicembre 1989, dal titolo « Atto di indirizzo e coordinamento dell'attività amministrativa delle Regioni e Province autonome concernente la realizzazione di strutture sanitarie residenziali per anziani non auto-sufficienti non assistibili a domicilio o nei servizi semiresidenziali ». Tale atto, secondo la ricorrente, lederebbe le competenze costituzionalmente garantite alla Provincia dagli artt. 4, 8 n. 17 e n. 25; 9 n. 10 e 16 d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 (testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), nonché le relative norme di attuazione, anche in riferimento ai princìpi che presiedono all'esercizio del potere governativo di indirizzo e coordinamento.
Premesso che possiede competenza esclusiva in materia di lavori pubblici e di assistenza, nonché competenza concorrente in materia di igiene e sanità, ivi compresa l'assistenza sanitaria, la Provincia di Trento, nel ricordare che la disciplina considerata deve tener conto delle abitudini di vita peculiari delle singole zone, ritiene che i pur necessari standards relativi alle strutture residenziali per anziani non possano andare al di là di quanto strettamente necessario per la salvaguardia di esigenze unitarie veramente essenziali. Tanto più ciò varrebbe ove si tenesse presente che la materia disciplinata verte in gran parte nell'ambito di competenze esclusive e che lo statuto del Trentino-Alto Adige dispone che l'interesse nazionale deve ricomprendere anche la tutela delle minoranze linguistiche locali.
Più in particolare, la ricorrente osserva che risulterebbe violato il principio di legalità, richiesto da un corretto esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento, laddove l'atto impugnato disciplina oggetti che non sarebbero ricompresi nella legge. Questa, infatti, prevederebbe standards di carattere puramente dimensionale, relativi soltanto alle nuove strutture destinate esclusivamente ad « anziani che non possono essere assistiti a domicilio ». Il decreto sarebbe pertanto illegittimo nelle seguenti parti: a) nell'art. 1 e nell'Allegato A (annesso come « parte integrante del presente decreto ») in tutte le sue prescrizioni, fuorché in quelle comprese nel n. 10, in quanto fisserebbero anche le « tipologie » delle residenze, i criteri progettuali e quelli relativi all'organizzazione e al funzionamento delle residenze; b) nell'art. 2, in quanto estenderebbe l'obbligo di osservare i requisiti richiesti anche alle istituzioni che si convenzionano o già convenzionate con il Servizio sanitario nazionale (le quali sarebbero estranee al programma finanziato dall'art. 20 l. 11 marzo 1988 n. 67 (1. fin. 1988); c) nell'art. 3, in quanto assoggetterebbe al medesimo obbligo tutti « i soggetti non autosufficienti » anche diversi dagli anziani (cui, invece, farebbe esclusivo riferimento il cit. art. 20).
In secondo luogo, il decreto impugnato sarebbe illegittimo per il fatto che mancherebbe nella disposizione legislativa che prevede l'atto di indirizzo e coordinamento l'indicazione dei criteri per l'esercizio della relativa funzione.
Infine, sempre a giudizio della ricorrente, l'atto di indirizzo e coordinamento sarebbe illegittimo in quanto, anziché porre programmi o indirizzi, assumerebbe forme così analitiche e dettagliate da non lasciare alcuno spazio all'autonomia provinciale.
2. Contro lo stesso d.P.C.M. 22 dicembre 1989 ha presentato ricorso per conflitto di attribuzione anche la Provincia autonoma di Bolzano, la quale - dopo aver ricordato di aver già adottato più leggi. (l. prov» 30 ottobre 1973 n. 77 e l. prov. 18 agosto 1988 n. 33 che prevede un regolamento della Giunta provinciale sulle caratteristiche tecniche degli edifìci sulle dimensioni minime e massime, nonché sugli standards di personale) - sostiene, in primo luogo, che della funzione di indirizzo e coordinamento sarebbero destinatario soltanto le Regioni a statuto ordinario. Ciò varrebbe, in particolare, nella materia considerata, dato che l'art. 80 l. n. 833 del 1978 farebbe salva, anche in relazione alla funzione d'indirizzo e coordinamento, l'autonomia delle Province autonome. Sicché, non essendo riferibile alla ricorrente l'art. 5 l. n. 833 del 1978, non sarebbe neppure applicabile ad essa l'art. 20 comma 2, lett. f), l. n. 67 del 1988, sul quale si fonda l'atto impugnato.
Per i restanti profili il ricorso della Provincia di Bolzano è identico a quello della Provincia di Trento, salva l'aggiunta di un invito a questa Corte di ripensare l'intera problematica dell'applicazione alle suddette Province della funzione d'indirizzo e coordinamento, anche al fine di portare a conclusione l'attuazione del c.d. pacchetto delle misure per le popolazioni alto-atesine, concordato nel novembre del 1969.
3. In relazione ad ambedue i ricorsi si è costituito il Presidente del Consigli dei Ministri al fine di sostenere il loro rigetto.
Il resistente, dopo aver ricordato le sentenze di questa Corte che escludono la non applicabilità della funzione di indirizzo e coordinamento alle Province autonome, sottolinea l'irrilevanza della tutela delle minoranze linguistiche rispetto a una materia come quella delle strutture edilizie di ricovero e di cura per gli anziani non autosufficienti.
In particolare, poi, l'Avvocatura dello Stato nega che nel caso dedotto in giudizio risulti violato il principio di legalità da parte dell'impugnato atto d'indirizzo e coordinamento. Quest'ultimo, infatti, si rapporterebbe direttamente all'art. 5 l. n. 833 del 1978, il quale soddisfa il predetto principio. In secondo luogo, la l. n. 67 del 1988 farebbe riferimento, non solo alle dimensioni, ma anche alla tipologia: gli standards, infatti, sarebbero modelli o tipi cui uniformarsi per meglio spendere le somme stanziate dall'art. 20 l. n. 67 del 1988, somme sulle quali inciderebbero tanto le dimensioni quanto la tipologia dell'edificio da destinare a residenze per gli anziani non autosuffìcienti. In terzo luogo, anche la previsione dell'art. 2, relativo all'obbligo per le strutture convenzionate di osservare i requisiti delineati nell'atto impugnato, troverebbe la propria giustificazione nell'art. 5 l. n. 833 del 1978. Oltre a ciò, continua l'Avvocatura dello Stato, l'estensione disposta nell'art. 3 del decreto impugnato a tutti i soggetti non autosufficienti sarebbe giustificata dall'art. 20 comma 1 l. n. 67 del 1988. Quanto, poi, alla dedotta mancanza dei criteri direttivi necessari per l'esercizio della funzione d'indirizzo e di coordinamento, l'Avvocatura dello Stato precisa che anche tale censura non terrebbe conto sia del fatto che fonte del potere in questione sarebbe l'art. 5 l. n. 833 del 1978, sia del rilievo che il semplice riferimento a standards dimensionali e tipologici rappresenterebbe già un criterio sufficientemente dettagliato. Infine, conclude il resistente, l'atto impugnato lascerebbe sufficienti spazi all'autonomia delle Province autonome, in quanto ciascuno dei criteri delineati nell'allegato « A » consentirebbe una variegata molteplicità di soluzioni che potrebbe essere diversificata in funzione delle differenti esigenze locali
4. In prossimità dell'udienza hanno presentato memorie sia le Province che il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Le ricorrenti, oltre a ribadire le proprie posizioni, replicano all'argomento dello Stato per il quale l'atto impugnato risponderebbe alle esigenze proprie del principio di legalità sostenendo che l'art. 5 l. n. 833 del 1978 non sarebbe idoneo a fornire la predetta copertura legislativa, dal momento che conterrebbe soltanto una disciplina procedurale per l'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento, e non già gli indirizzi e i criteri richiesti dalla giurisprudenza di questa Corte al fine dell'osservanza del principio di legalità (sostanziale) nell'esercizio della suddetta funzione.
La memoria della difesa dello Stato è stata depositata soltanto il 18 maggio 1990 e, pertanto, deve considerarsi fuori termine.
 
Considerato in diritto: 1. Le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno presentato due distinti ricorsi per conflitto di attribuzioni nei confronti dello Stato in relazione al d.P.C.M. 22 dicembre 1989, intitolato « Atto di indirizzo e coordinamento dell'attività amministrativa delle Regioni e Province autonome concernente la realizzazione di strutture sanitarie residenziali per anziani non autosufficienti non assistibili a domicilio o nei servizi semiresidenziali ». Tutte e due le ricorrenti lamentano la lesione delle competenze costituzionalmente garantite alle Province autonome dagli artt. 4 (tutela delle minoranze linguistiche locali nell'ambito dell'interesse nazionale), 8 nn. 17 e 25 (competenza esclusiva in materia di lavori pubblici e di assistenza e beneficenza pubblica), 9 n. 10 (competenza concorrente in materia di igiene e sanità, ivi compresa l'assistenza sanitaria e ospedaliera), e 16 (competenze amministrative nelle materie in cui le Province possono emanare norme legislative) del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 (t.u. delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), nonché dalle relative norme di attuazione, anche in riferimento ai princìpi che presiedono all'esercizio della funzione governativa di indirizzo e coordinamento e, in particolare, al principio di legalità.
Poiché i due ricorsi lamentano per le rispettive Province autonome la lesione di un'identica sfera di competenza e richiedono l'annullamento del medesimo atto, i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.
2. Al fine di decidere i conflitti si rende necessario verificare la natura giuridica dell'atto impugnato e, più in particolare, se esso sia riconducibile alla funzione di indirizzo e coordinamento che il Governo possiede nei confronti delle competenze attribuite alle Regioni. Sebbene il d.P.C.M. 22 dicembre 1989 si autoqualifichi - nel titolo e nella premessa - come atto di indirizzo e coordinamento e sebbene alla relativa funzione sembri far riferimento anche lai disposizione di legge attributiva del potere di cui è;
esercizio (v. art. 20 comma 2, lett. f, l. 11 marzo 1988 n. 67), mancano i nell'atto impugnato alcuni elementi essenziali che possano fondatamenteindurre a collocarlo fra gli atti rientranti nella predetta funzione.
2.1. Il decreto contestato si pone in attuazione di una previsione legislativa (art. 20 l. n. 67 del 1988) diretta ad autorizzare un programma decennale di interventi finanziari in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, nonché - ed è ciò che qui interessa - in materia di realizzazione di residenze per anziani e per soggetti non autosufficienti. Si tratta di una programmazione di settore mirante ad incentivare le Regioni e le Province autonome a predisporre progetti speciali, che, una volta approvati e inseriti in un programma nazionale deliberato dal CIPE (su proposta del Ministro della sanità), sono finanziati al 95 % della spesa totale da mutui il cui onere di ammortamento è assunto a carico del bilancio dello Stato.
Il punto da sottolineare è che le Regioni e le Province autonome non sono obbligate a presentare i propri progetti di intervento, ma, soltanto ove intendano giovarsi dei vantaggiosi mutui offerti dallo Stato, debbono predisporre, entro quattro mesi dalla pubblicazione del decreto ministeriale che fissa i criteri generali per la programmazione della realizzazione delle strutture edilizie in oggetto, un programma triennale concernente gli interventi di cui chiedono il finanziamento con la specificazione dei progetti da realizzare (art. 20 comma 4 l. n. 67 del 1988). Tanto che, nel caso che vi siano Regioni o Province autonome che non abbiano presentato proposte di intervento nel termine indicato, non solo non è previsto alcun meccanismo sostitutivo, ma si provvede, da parte del CIPE, alla ripartizione dell'intera quota dei mutui disponibile per le prime due annualità fra le Regioni (e le Province autonome) che abbiano presentato i programmi nel termine, salva la distribuzione di una quota maggiorata operata nella terza annualità a fini di compensazione a favore delle Regioni (o delle Province autonome) che abbiano eventualmente presentato in ritardo i predetti programmi (v. art. 6 comma 4 d.m. 29 agosto 1989 n. 321).
All'interno di questa cornice programmatoria è previsto che le Regioni o le Province autonome che intendano beneficiare delle agevolazioni predisposte dallo Stato debbano conformare i propri programmi d'intervento in ordine alla realizzazione delle residenze per anziani e per i soggetti non autosufficienti, oltreché ai criteri e agli obiettivi fissati, in parte, dall'art. 20 l. n. 67 del 1988 e, in parte, dall'art. 1 d.m. 29 agosto 1989 n. 321, gli « standards » dimensionali stabiliti « a norma dell'art. 5 l. 23 dicembre 1978 n. 833 », vale a dire agli standards fissati con le forme e le procedure proprie della funzione governativa di indirizzo e coordinamento. A quest'ultimo scopo è preordinato l'atto impugnato, il quale, per l'appunto, determina, nella forma di una deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata su proposta del Ministro della sanità, i requisiti dimensionali e funzionali che le residenze per anziani e per soggetti non autosufficienti devono possedere al fine di render possibile l'approvazione» da parte del CIPE dei relativi progetti regionali (o provinciali) e il conseguente ottenimento, da parte delle Regioni (o delle Province autonome) proponenti, del beneficio dei mutui statali agevolati.
2.2. Dal quadro normativo ora tracciato risulta evidente che l'atto impugnato si inserisce in una catena programmatoria diretta a stabilire un concorso finanziario da parte dello Stato a favore della risoluzione di un problema, quello della realizzazione di residenze per anziani e per soggetti non autosufficienti, che rientra fra gli oggetti delle competenze riservate alle Regioni (e alle Province autonome) in materia di sanità e di assistenza sociale. Si tratta, in altre parole, di un insieme di misure finanziarie e normative diretto a realizzare scopi particolari, ordinariamente spettanti alle Regioni (e alle Province autonome), attraverso l'erogazione, da parte dello Stato, di un contributo finanziario speciale e aggiuntivo a favore delle Regioni (o delle Province autonome) che intendano realizzare i propri programmi di costruzione delle residenze per gli anziani e per i soggetti non autosufficienti in armonia con gli standards dimensionali e funzionali fissati dal decreto impugnato. Ebbene, l'atto statale con il quale vengono determinati gli anzidetti standards è un atto governativo che, pur se pone indirizzi e fissa obiettivi, non possiede le caratteristiche essenziali per esser ricondotto alla funzione governativa di indirizzo e coordinamento, quale risulta delineata dalla legge e dalla giurisprudenza di questa Corte.
Nel d.P.C.M. 22 dicembre 1989 manca, innanzitutto, la base legittimante propria di un atto di indirizzo e di coordinamento, che è quella di porre direttive alle Regioni (e alle Province autonome) nelle materie di loro competenza affinchè le relative funzioni siano esercitate nel rispetto di esigenze unitarie e di interessi infrazionabili, valevoli per tutto il territorio nazionale (v., spec., sentt. nn. 39 del 1971; 142 del 1972; 340 del 1983; 304 del 1987; 214 del 1988; 242 e 389 del 1989). Scopo dell'atto impugnato, infatti, non è quello di indirizzare le autonomie regionali (o provinciali) verso fini radicati in interessi della collettività generale e perciò inderogabili da parte delle singole Regioni (o Province autonome), ma è, invece, quello di porre opportune esigenze funzionali e dimensionali relative alle residenze per anziani e per soggetti non autosufficienti, il cui inglobamento nei progetti di realizzazione delle predette residenze da parte delle Regioni (o delle Province autonome) viene considerato una condizione essenziale per l'approvazione da parte del CIPE dei progetti stessi e per l'inserimento di questi ultimi nel piano nazionale di riparto delle quote di mutuo. In altre parole, gli standards posti nell'atto impugnato non sono espressione di esigenze unitarie in grado di vincolare tutte le Regioni (o le Province autonome) nell'esercizio delle loro funzioni in materia di sanità e di assistenza sociale, ma costituiscono un vincolo per le sole Regioni che, intendendo avvalersi dei fondi speciali messi a disposizione dallo Stato per la realizzazione delle anzidetto residenze, decidono di presentare al Ministro della sanità i relativi programmi di costruzione o di ristrutturazione, programmi che si aggiungono a quelli eventualmente adottati dalle Regioni (e dalle Province autonome) nell'esercizio delle loro proprie competenze e sulla base dei finanziamenti ad esse spettanti in via ordinaria.
Inoltre, proprio in ragione del carattere aggiuntivo dell'intervento previsto e della natura di contributo finanziario speciale finalizzato al migliore espletamento di talune funzioni regionali, non può collegarsi l'atto impugnativo ad alcuno dei limiti costituzionali posti alle competenze legislative e amministrative delle Regioni (e delle Province autonome). Sicché viene meno quell'ancoraggio essenziale alle norme costituzionali sui limiti alle competenze regionali (o provinciali) che, a partire dalla sent. n. 39 del 1971 di questa Corte, è stato configurato come il fondamento costituzionale della funzione governativa di indirizzo e coordinamento.
2.3. La mancanza di qualsiasi base normativa che possa indurre a considerare l'atto impugnato come esercizio della funzione governativa di indirizzo e di coordinamento non può essere surrogata o scavalcata dalla dizione letterale dell'art. 20 comma 2, lett. f, l. n. 67 del 1988, il quale stabilisce che le strutture residenziali dovranno conformarsi a standards « che saranno emanati a norma dell'art. 5 l. 23 dicembre 1978 n. 833 ». Quest'ultimo articolo, infatti, determina le procedure e le forme attraverso cui vanno emanati gli atti governativi di indirizzo e coordinamento in materia sanitaria. Sicché il rinvio a tale disposizione ai fini della fissazione degli standards dimensionali delle strutture residenziali ha, di per sé, il puro scopo di individuare le procedure e le forme del correlativo atto, e non già quello di qualificarlo come esercizio della funzione governativa di indirizzo e coordinamento.
Per quanto siffatta previsione legislativa possa apparire eccessiva e persino incongrua, soprattutto se messa a confronto con la disposizione contenuta nello stesso articolo che affida a un semplice decreto del Ministro della sanità la determinazione dei « criteri generali per la programmazione degli interventi » e la specificazione degli obiettivi di massima, non si può ravvisare in essa un illegittimo esercizio di competenze statali. Non si può negare, infatti, che il legislatore possa prevedere una forma particolarmente impegnativa, quale la deliberazione del Consiglio dei Ministri, pur in relazione ad atti diretti a stabilire le dimensioni e le caratteristiche funzionali di residenze per anziani e per soggetti non autosufficienti che le Regioni (e le Province autonome) dovranno realizzare all'interno di un programma di interventi finanziato in larghissima misura dallo Stato. In ogni caso, al di là delle determinazioni o delle qualificazioni del legislatore statale, resta il fatto che l'atto impugnato, non essendo rivolto a vincolare le attività legislative o amministrative delle Regioni o delle Province autonome, non può esser configurato come esercizio della funzione governativa
d'indirizzo e di coordinamento.
3. Alla luce delle considerazioni ora esposte, vengono meno le contestazioni delle Province ricorrenti, le quali si basano sulla pretesa violazione, da parte del decreto impugnato, dei princìpi costituzionali relativi all'esercizio della funzione governativa d'indirizzo e coordinamento e, in particolare, del principio di legalità « sostanziale ». Ciò non esclude, tuttavia, che questa Corte sia egualmente tenuta a verificare se l'atto impugnato sia rispettoso dei limiti di legittimità ad esso relativi e, in particolare, se abbia un'adeguata base legale.
L'art. 20 comma 2, lett. f), l. n. 67 del 1988 autorizza il Governo, nell'ambito del programma diretto a realizzare 140.000 posti in strutture residenziali, a determinare gli standards dimensionali delle predette residenze, precisando che tali dimensioni debbono essere adeguate all'ambiente e integrate con i servizi sanitari e sociali di distretto e con istituzioni di ricovero e cura in grado di provvedere al riequilibrio di condizioni deteriorate. L'atto impugnato si colloca all'interno di questa attribuzione di potere in ciascuna delle sue disposizioni.
L'art. 1, infatti, nel determinare gli standards cui debbono conformarsi le Regioni o le Province autonome che intendono partecipare al programma di costruzione o di ristrutturazione delle residenze per anziani non assistibili a domicilio e che richiedono trattamenti continui, si riferisce a un concetto ampio di standard dimensionale, comprensivo della definizione degli spazi a disposizione dei singoli e dei gruppi, dell'organizzazione (per nuclei) e dei servizi, della distribuzione degli ambienti di vita personale e collettiva, dell'uso di materiali e tecnologie che facilitino l'assistenza e la sicurezza degli assistiti, delle misure degli alloggi e della localizzazione delle residenze (v. allegato « A »). Si tratta, in ogni caso, di indicazioni che rientrano nella definizione legislativa della dimensione delle residenze, atteso che questa è posta dalla legge stessa in collegamento con l'ambiente e i relativi servizi e che non può essere concepita altro che come determinazione degli spazi di vita degli anziani in relazione alle finalità di assistenza e di socializzazione degli stessi. Di qui deriva la copertura legale di un potere, come quello contestato, il quale è diretto a definire i criteri concernenti la disposizione degli spazi, criteri rilevanti per chi deve progettare la costruzione o la ristrutturazione delle residenze per anziani non autosufficienti.
Anche l'art. 2 del decreto impugnato, il quale estende l'osservanza dei criteri anzidetti alle istituzioni che si convenzionano con il servizio sanitario regionale e a quelle già convenzionate, non esorbita dai limiti del potere attribuito al Governo dall'art. 20 comma 2, lett. f), l. n. 67 del 1988. Il significato di questa disposizione è, infatti, quello di indurre le Regioni (e le Province autonome) che intendono beneficiare del programma di intervento statale previsto dal citato art. 20 a realizzare residenze per anziani dotate delle caratteristiche indicate non solo nel settore delle istituzioni pubbliche, ma anche in quello delle istituzioni convenzionate. Questa estensione, oltre a non essere preclusa dal ricordato art. 20 - il quale, al comma 1, mentre limita il proprio oggetto al patrimonio sanitario pubblico per quanto riguarda la ristrutturazione edilizia e l'ammodernamento tecnologico, non contiene analoga limitazione per ciò che concerne le residenze per anziani e per soggetti non autosufficienti - risponde alla esigenza logica di incentivare le Regioni (e le Province autonome) a conformarsi agli standards indicati in relazione a tutti i tipi di strutture residenziali sottoposte alle proprie competenze.
Infine, non può negarsi che anche l'art. 3 del decreto impugnato goda di una sicura copertura legale, dal momento che l'estensione dell'osservanza degli standards delineati dall'allegato « A » anche alle strutture residenziali per soggetti non autosufficienti, pur se non anziani, è prefigurata dall'art. 20 l. n. 67 del 1988, che, al comma 1, nel delineare l'oggetto dei programmi previsti si riferisce espressamente alla « realizzazione di residenze per anziani e soggetti non autosufficienti ».

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spetta allo Stato adottare con le modalità di cui al d.P.C.M. 22 dicembre 1989, gli standards dimensionali per la realizzazione di strutture sanitarie residenziali per anziani e soggetti non autosufficienti, previsti dall'art. 20 comma 2, lett. f), l. 11 marzo 1988 n. 67.